Lo scontro: recensione della serie Netflix con Steven Yeun e Ali Wong
Quella de Lo scontro (Beef) è una terapia d'urto dai rivolti assurdi e drammatici, una serie da assaporare in un sol boccone
Il suono vibrante di un clacson e un dito fuori dal finestrino. La rabbia divampa dietro il volante, irrazionale e incontrollabile. Chi, alla guida, non è mai stato preso da tale furore? È un’esperienza condivisa, reale. Le ripercussioni di questo sfogo, se protratto, diventano spesso catastrofiche. Ed è proprio da tale premessa che prenda il via Lo scontro, la serie Netflix con protagonisti Steven Yeun e Ali Wong. Ideato da Lee Sung Jin e prodotto dalla A24, il racconto ci catapulta all’interno di vicende portate all’eccesso, nella quale la rabbia rappresenta solo la superficie di un bacino d’emozioni molto più profondo.
La scrittura non si ferma al narrare semplicemente la faida tra due persone. Amplia i confini, li restringe e poi li unisce. Scava a fondo nell’animo umano, al suo tormento e alle sue sofferenze. Lo scontro porta in scena le manifestazioni della depressione, senza mai prendere parti e senza giudicare. I sorrisi nascondono rancore e sfoghi alimentari le frustrazioni di un passato complesso. I due protagonisti incarnano due mondi differenti, due contesti sociali distinti. Eppure, la sofferenza colpisce in modo imparziale il povero quanto il ricco.
Quella di Danny e Amy è una battaglia sfrenata, senza esclusioni di colpi. Una semplice lite in un parcheggio trasformata in una guerra spietata e nella quale entrambi saranno chiamati a indagare su loro stessi. La rabbia, se lasciata accesa come un fuoco, contamina ogni cosa e ogni persona che ci sta attorno. Lo scopriranno a loro spese i personaggi stessi, la cui vita verrà stravolta in modi del tutto imprevedibili. Lo scontro è una serie potente, un pugno devastante nascosto dietro un velo di comicità. Yeun e Wong stracciano lo schermo, fuoriuscendo per afferraci al collo con violenza e un ghigno sul viso.
Una guerra d’ira per le strade di Los Angeles
È con pazienza che il pubblico deve approcciarsi a Beef – Lo scontro, superare una certa stasi dei presi episodi. Ed è così che si verrà ricompensati con uno spaccato sulla depressione e su come oggigiorno il caos della società moderna plasmi le nostre vite. Dieci episodi di pura passione nel raccontare per immagini, e nel quale interpreti e macchina da presa suggellano un legame senza eguali; soprattutto quando la serie sembra saltare lo squalo. Da quell’alterco nel parcheggio e alla conseguente corsa sfrenata per le strade di Los Angeles, Amy e Danny si confronteranno in un malsano duello dai risvolti drammatici.
Amy Lau è un’imprenditrice che si è fatta da sé, in procinto di vendere la propria attività ad una ricca imprenditrice (Maria Bello). La donna agogna il tempo libero da passare con la propria famiglia, il marito George (Joseph Lee) e la figlia June. La pressione cresce, prende forma, mentre la suocera la giudica con sarcasmo e il marito la guarda con occhi sfuggenti. La vita di Danny non è dissimile da quella di Amy, per quanto l’uomo faccia parte della classe operaia. Reinventatosi un appaltatore senza avere qualifiche di ogni sorta, Danny deve lottare con le recensioni dei clienti, un fratello pigro e una famiglia in Corea del sud dopo aver perso la gestione di un motel.
La famiglia gioca un ruolo fondamentale nella vita dei due protagonisti, nel presente quanto nel passato. “La medicina occidentale non funziona con gli asiatici”, è questo che affermano quando gli viene offerto un supporto psicologico. Inizialmente, rifiutano qualsiasi confronto e introspezione. Non riescono a guardarsi dentro, perché vorrebbe dire scendere a patti con il loro malessere. Amy e Danny sono due anime affini, separate dal rancore uno verso l’altro. Un rancore inutile e senza senso, almeno nelle battute iniziali. Noi lo sappiamo come anche loro, ed è la rappresentazione del dubbio che ci assale ogni qualvolta ci facciamo prendere della rabbia. Ci chiediamo il perché del nostro sfogo e il come le cose ci siano sfuggite di mano. È un’esperienza universale che ne Lo scontro assume le sembianze di una commedia dark e che in più di una scena ci restituisce tutta la drammaticità di ciò che avviene davanti ai nostri occhi e, in alcuni casi, dentro di noi.
Lo scontro e una recitazione magistrale
Steven Yeun calza perfettamente i panni dell’uomo rancoroso, oppresso dalla società e guidato da un frivolo machismo. Molte delle sue azioni, passate e presenti, si dimostrano riprovevoli, ma lo sguardo della telecamera non lo giudica mai. In più di una scena i crolli emotivi di Danny ci sorprendono e ci distruggono. L’interpretazione dell’attore è semplicemente pazzesca, tieni insieme il racconto anche quando questi inizia a percorrere strade pericolose. Lo stesso vale per Ali Wong, formidabile nei panni di un personaggio così vicino al proprio vissuto. Eppure, la sorpresa maggiore l’abbiamo quando i due interpreti sono insieme. La loro chimica è tale da essere nucleare, e non possiamo non pensare a quanto vorremmo rivederli in altri prodotti.
E che dire del comparto tecnico, la regia si muove all’unisono con gli sguardi, il montaggio fa un uso sapiente di dissolvenze e stacchi misti. Lo scontro rappresenta quanto di buono vorremmo vedere in ogni palinsesto, l’espressione artistica del nostro presente senza fronzoli e merletti. Lee Sung Jin riprende quel discorso di Un giorno di ordinaria follia e lo porta ai giorni nostri tra smartphone, sexting e review bombing. Come dicevamo, la serie sembra quasi perdersi in un finale nonsense e grottesco. Lo fa in modo frettoloso e assurdo, per poi ritrovare la propria dimensione in quegli ultimi istanti in cui tutto trova il giusto spazio. L’assurdo come rappresentazione di una realtà tangibile, vera e feroce.
La rabbia come manifestazione ultima di un disagio più profondo e radicato. Le azioni di Amy e Danny sono l’ultimo pezzo di un puzzle scomposto. Sotto la pelle scorgiamo dei bambini traumatizzati, soli e persi, avvolti da un’aura di tristezza e alla continua ricerca di un’accettazione esterna quanto interna. Ogni aspetto si mescola senza soluzione di continuità e finisce per contaminare chi gli sta intorno. Ma non sono solo i due protagonisti a fare de Lo scontro un’ottima serie. A loro si aggiunge una Maria Bello perfetta nei panni di una ricca imprenditrice zen con il vizio dell’appropriazione culturale. Per non parlare di Isaac (David Choe), il cugino criminale di Danny e dal cuore “tenero”.
Lo scontro: conclusione e valutazione
Insomma, Lo scontro sorprende sotto diversi aspetti, se non quasi tutti. Una scrittura intelligente trova appoggio nella performance dell’intero cast, mentre regia e fotografia lavorano a braccetto nel ricreare emozioni e spazi d’azione. La Los Angeles della serie si tramuta nell’inconsapevole palcoscenico di una faida senza senso, portata alle estreme conseguenze anche in modo inconsapevole. Quella di Danny ed Amy è una terapia d’urto decisamente più efficace e suggestiva di quella di Adam Sandler. Detto ciò, non tutti gli episodi lavorano in modo efficace e omogeneo e molte delle situazioni presentate travalicano i confini del reale. Un aspetto che passa in secondo piano, in quanto si tratta di una commedia dark e surreale. Ed è per questo che usciamo da una visione stanchi ma soddisfatti. Un’esperienza che troverà sicuramente il favore di un pubblico coraggioso.
Composta da dieci episodi, Lo scontro (Beef) è disponibile interamente su Netflix dal 6 aprile 2023.
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