Love, Death & Robots: recensione della serie tv animata Netflix
La nostra recensione di Love, Death & Robots, serie animata antologica originale Netflix creata da Tim Miller e supervisionata da David Fincher.
Love, Death & Robots è una serie animata antologica di 18 episodi, di lunghezza variabile fra i 6 e i 17 minuti, realizzati da diversi studio delle più disparate nazionalità e tutti indipendenti fra loro per trama e stile di animazione. La serie è una creazione di Tim Miller (noto per la regia di Deadpool e dell’imminente Terminator: Dark Fate) sotto la supervisione di David Fincher. Love, Death & Robots è disponibile su Netflix dal 15 marzo.
Love, Death & Robots: la nuova serie antologica animata Netflix
Dopo aver preso troppo spesso strade sicure e ben rodate, adagiandosi senza prendersi troppi rischi in generi e filoni dal sicuro impatto su una specifica fetta di pubblico (la nostalgia anni ’80, il teen drama, la fantascienza post apocalittica), Netflix osa finalmente qualcosa di diverso e difficilmente classificabile, inserendo in catalogo un prodotto sperimentale e dall’indubbia fascinazione, destinato a catalizzare l’attenzione del proprio pubblico nelle proprie settimane. Dal punto di vista squisitamente tecnico, Love, Death & Robots alza l’asticella della qualità, imponendosi fin dai primi minuti dei primissimi episodi come un punto di riferimento per ogni altro prodotto di questo genere. In questo senso, è difficile non rimanere colpiti dalla resa visiva di episodi come Il testimone (che condivide con Spider-Man: Un nuovo universo sia la mano di Alberto Mielgo sia lo stile di animazione fumettistico) o Zima Blue, che riesce a essere visionario e minimale allo stesso tempo.
Love, Death & Robots: più morte e robot che amore
Il filo conduttore dei 18 episodi di Love, Death & Robots è esplicito fin dal titolo: amore, morte e robot. In realtà, a parte qualche brevissimo scampolo in un esiguo numero di puntate, la seconda e la terza componente prendono decisamente il sopravvento sulla prima, dando vita a uno spaccato cupo e cinico del presente e del prossimo futuro dell’umanità. I temi sono di conseguenza particolarmente forti e adulti, come del resto lo è la messa in scena, condita da numerose scene di violenza e di nudo esplicito. Questo rende Love, Death & Robots un prodotto assolutamente sconsigliato ai bambini, e in generale alle persone particolarmente impressionabili, anche per via del realismo dell’animazione, che accentua ogni emozione, dando spesso e volentieri la sensazione di vivere effettivamente un’esperienza mista fra realtà virtuale, videogame e incubo distopico.
Abbagliati da un’animazione che rende estremamente gradevoli anche i passaggi meno efficaci e dalla lodevole libertà con cui si accarezzano temi di sicuro impatto come l’autodistruzione del genere umano, la contaminazione fra uomo e macchina e il sanguinolento annullamento dei rapporti interpersonali, potremmo perdere di vista la sostanza dei vari episodi, che, purtroppo, non è altrettanto convincente. Love, Death & Robots vive infatti di momenti, di fascinazioni e di strizzate d’occhio, e somiglia troppo spesso più a un insieme di schizzi e storyboard di ipotetiche storie da raccontare che a una vera e propria riflessione organica sul percorso dell’umanità e della tecnologia a essa collegata.
Love, Death & Robots: una splendida forma, ma i contenuti?
Al di là del legittimo entusiasmo per un prodotto che ha l’indubbio merito di tentare di sovvertire i sempre più appiattiti canoni narrativi contemporanei, allo spettatore appassionato di cinema e letteratura di genere (dal cyberpunk al fantasy, passando per l’horror e la fantascienza) resterà probabilmente la sensazione di aver assistito a una rimasticatura di idee e suggestioni già abbondantemente sfruttate in diversi media, condita da un insistito ricorso alla violenza (anche quando ingiustificata dalla narrazione) e da una punta di misoginia (le donne sono quasi sempre o marginali o semplice oggetto delle perversioni e del disprezzo dell’uomo) che non fanno che corroborare la perplessità nei confronti di una serie decisamente all’avanguardia nella realizzazione ma vecchia per temi e contenuti.
Nonostante il continuo ricorso a plot twist più disorientanti che sconvolgenti negli ultimissimi secondi di ogni episodio, dal punto di vista dell’intreccio e della suggestione, Love, Death & Robots non regge minimamente il confronto con capisaldi come Ai confini della realtà, Storie incredibili, Masters of Horror e I racconti della cripta, ma esce decisamente ridimensionato anche dal confronto con il più recente Black Mirror e soprattutto con Animatrix, raccolta di cortometraggi ispirati all’universo di Matrix che rappresenta probabilmente il paragone più calzante con la serie di Tom Miller, ma che risale addirittura a 16 anni fa.
Love, Death & Robots: una prima stagione comunque positiva, in attesa di un più centrato secondo ciclo di episodi
Non è un caso che a rimanere più impressi nella mente dello spettatore non siano tanto i cortometraggi più ambiziosi, come Buona caccia, Dare una mano o i già citati Il testimone e Zima Blue, quanto piuttosto i tre surreali e ironici lavori degli spagnoli Víctor Maldonado e Alfredo Torres del Blow Studio. Nella loro divertita esagerazione, abbinata a a una sana voglia di osare, anche rischiando di scadere nel ridicolo, Tre Robot (un mondo senza uomo visto dagli occhi di tre spassosi robot), Il dominio dello yogurt (l’umanità soggiogata da un latticino senziente) e Alternative storiche (ovvero una spassosa esplorazione delle possibilità scaturite da una prematura morte di Hitler) rappresentano probabilmente il meglio di una raccolta di prodotti più sovversiva e rivoluzionaria nelle idee che negli effettivi contenuti.
In conclusione, visto e considerato l’eccelso livello visivo e il non banale sforzo nell’unire prodotti di diverse realtà sotto una comune linea fatta di sfiducia e denuncia nei confronti del genere umano, il nostro giudizio su Love, Death & Robots non può che essere comunque positivo. Ci auguriamo però che Tim Miller e David Fincher, con le più che probabili successive stagioni, riescano a fare tesoro dei risvolti meno efficaci di questo primo ciclo di episodi e a compiere un salto di qualità, non limitandosi a scalfire la superficie ma addentrandosi con inventiva e spirito critico in una satira più pungente ed efficace sui lati più oscuri della nostra società.