Luna Nera: recensione dei primi episodi della serie TV Netflix
Luna Nera è la serie originale Netflix che unisce il mondo femminile al genere fantasy, regalandoci un prodotto originale, ma con qualche limite.
Ogni prodotto audiovisivo ha i propri criteri di valutazione. Ci sono lavori destinati ad essere criticati nella loro semplicità, portando i dibattiti a ruotare puramente attorno alla qualità artistica dell’operazione svolta, al risultato complessivo, senza doverlo suddividere e analizzare secondo più versanti discorsivi e potendosi attenere puramente sulla funzionalità globale dell’opera. Ci sono poi, invece, prodotti che allargano la propria veduta e, così, quella di pubblico e studiosi del mestiere, che aprono doppi binari su cui soffermarsi e, molte volte, allargano le argomentazioni su frangenti che, in altre occasioni, non sarebbe d’obbligo trattare.
Con Luna Nera, nuova serie originale Netflix nata dalla collaborazione con Fandango, è il secondo versante quello che sarebbe bene il caso di esplorare, il tutto reso però difficile se messo in relazione alla valutazione meramente artigianale che si potrebbe andare a fare sulla storia e la sua fattura.
Partiamo dal contesto. Ciò che di pionieristico ha l’ultimo lavoro della piattaforma streaming, con le sue sei puntate rilasciate interamente sul mercato globale, è senza ombra di dubbio l’assetto produttivo che la serie ha avuto la fortuna e la lungimiranza di adottare. A trattare dell’ambito delle streghe e della loro magia, di ciò che si nasconde dietro all’oscurantismo più becero e al rapporto tra surreale e sentimento, è una schiera di registe e sceneggiatrici composto solamente da donne, che si pone in prima linea per un racconto sensibile allo sguardo femminile, ma che non manca di aprirsi ugualmente al più ampio spettro di pubblico.
Luna Nera – Dall’innovazione produttiva al caotico inizio della serie Netflix
Un assemblaggio che è certamente insolito, una speranza che è, insieme, una promessa per le maestranze femminili del domani, pronte a poter competere ad alti livelli nell’industria dell’intrattenimento cinematografico e seriale e che un garante come Netflix sembra sostenere con sicurezza e coraggio. Ad unirsi a questo primo aspetto di grande apertura nell’ambito dell’audiovisivo, è il connubio tra il genere fantasy e la sua ricollocazione italiana, che sorprende per il tentativo di un’intesa tra i due stadi, nonché per il fronteggiare con creatività e senza limitazioni generaliste un territorio che, nei prodotti di fiction nostrana, non si era mai aperto allo stesso modo alla stregoneria, agli incantesimi e alla possibilità che il fantastico potesse integrarsi ai racconti seriali – o cinematografici – italici.
Assodato, dunque, il valore che questa operazione intraprendente quanto significativa rivela, inserendosi nella scia del cambiamento e dell’atmosfera sociale che sta investendo l’intrattenimento e la questione di genere, è sui contenuti e la loro manutenzione che deve poi spostarsi il discorso su Luna Nera, slegato dalla bellezza di una nuova sfera collaborativa così variegata, e più importato su cosa la serie ha da offrire. Purtroppo, la narrazione improntata sulla protagonista Ade, sembra nei suoi primi due episodi un accozzaglia di rimandi alla tradizione della mitologia fantastica e a ciò che alimenta le credenze attorno al tema e ai personaggi sempre eterni delle streghe.
Pur non presentando alcuno spunto innovativo, che sarebbe potuto però essere mitigato da una controparte visiva almeno adeguata e ben più ricercata, è nell’insieme delle componenti più importanti per una serie che Luna Nera sembra essere stata maledetta, come un sortilegio non andato a buon fine e che presenta le proprie pecche dal primo istante della sua venuta.
Luna Nera – Gli sviluppi incerti e confusi della serie
È in trambusto caotico e confusionario quello in cui comincia la storia sceneggiata da Francesca Manieri, Laura Paolucci e Vanessa Picciarelli, a cui è andata contribuendo la scrittrice Tiziana Triana, autrice del primo libro da cui Luna Nera si ispira, dal titolo Le città Perdute. Diretta, nei suoi due primi episodi, da Francesca Comencini, seguita da Susanna Nicchiarelli e Paola Randi, la serie mostra la sua incredibile forza di volontà non riuscendo, però, a incanalarne bene tutte le intenzioni, tramutando le opportunità che le vengono offerte in approssimazione registica e narrativa e sprecando quel potenziale che scenografie e costumi avrebbero potuto benissimo sostenere.
Così come il cast di Luna Nera. Nonostante l’eccessiva intensità della protagonista Antonia Fotaras – e del suo interesse sentimentale Giorgio Belli – che, come ad impegnarsi eccessivamente, rende artefatta la sua Ade, il resto delle attrici della serie sanno ben incarnare lo spirito di queste donne perseguitate e di quella congregazione che va formandole e proteggendole, i cui istinti personali vengono resi però approssimativi e inadeguati, tanto da non giustificarne i passaggi del racconto e i sentimenti che vanno sviluppandosi tra i vari individui. Un gruppo di interpreti che avrebbe potuto avvalorare l’aria di credibilità nel contesto fantasy della serie, ma che risentono della difficoltà di Luna Nera di districarsi nei propri ingranaggi rimanendo, a loro volta, incastrati.
È, quindi, solamente nell’augurarci in un continuo incremento di operazioni audaci come quella di Luna Nera che possiamo porre l’ottica sulla serie Netflix, dovendone riconoscere, ancora, i grandissimi limiti che presenta, ma cercando di poterne trarre esempio per una produzione futura altrettanto aperta alla diversità, al rinnovamento e all’arditezza di narrazioni e visioni fuori dal nostro circondario.
Luna Nera, prodotto da Netflix Italia e Fandango, sarà distribuita sulla piattaforma streaming dal 31 gennaio.