Luna Nera: recensione della serie TV Netflix
La recensione completa di Luna Nera, la serie TV Netflix di genere fantasy.
Luna Nera, terza serie originale Netflix e prima serie italiana di genere fantasy che coinvolge anche Fandango, è tratta dal libro Le città perdute di Tiziana Triana e ci porta in uno dei periodi più bui della storia per le donne: il medioevo, con i suoi misteri, il fascino per la scienza, ma anche con le sue paure, tramutate in realtà con la caccia alle streghe. Una persecuzione, un terrore verso le donne e la loro immagine di fattucchiere, che le porta a nascondersi, difendersi e cercare il loro modo di ridefinirsi nel mondo.
In Luna Nera c’è questo e molto di più, eppure alla visione completa dei sei episodi che compongono la prima stagione, al grande fascino verso un prodotto italiano decisamente nuovo e coraggioso segue tuttavia una certa amarezza, dinanzi a una materia interessante che poteva essere modellata con più cura e attenzione, evitando quella sensazione di grezzo e amatoriale che più volte traspare.
Luna Nera: un gruppo di donne e streghe unite dalla stessa ferita
Un gruppo di streghe cerca di leggere di notte in un bosco i primi segni del futuro: un’eletta ben presto arriverà a salvarle, e quando in un giorno inaspettato la luna oscurerà il sole la profezia si avvererà. Intanto nel villaggio di Serra, Ade (Antonia Fotaras) e sua nonna lavorano presso una famiglia benestante e attendono che la padrona di casa partorisca, ma quando Ade si accorge che la creatura non vedrà luce, lei e sua nonna vengono apostrofate come streghe, e responsabili della morte avvenuta.
Luna Nera dove è stata girata? Le location della serie TV Netflix
Messa a rogo sua nonna, Ade si trova sola e spaesata con il fratellino Valente da accudire, aiutata inizialmente da Pietro (Giorgio Belli), che cerca di tenere vivo nonostante gli ostacoli il loro amore e poi dalle streghe rimaste, guidate da Tebe (Manuela Mandracchia), che vivono nella città perduta e l’accolgono dandole una nuova dimora. Sarà grazie a loro che scoprirà e comprenderà verità nascoste su sua madre Antalia (Barbara Ronchi) e sull’uomo che più di tutte vuole sterminare la sua stirpe, Marzio Oreggi (Roberto De Francesco), che ha dalla sua parte i Benandanti, cacciatori di streghe.
Luna Nera: un incantesimo italiano dagli effetti deboli e sfuggenti
Se si dovesse trovare qualcosa di inefficace alle premesse del progetto Luna Nera, faremmo davvero grossa difficoltà: il desiderio di realizzare una storia fantasy con protagoniste principalmente le donne, le loro potenzialità e la loro capacità di far fronte alla sopravvivenza, all’amore, alle delusioni, alle insidie del sesso opposto, poteva essere un’interessante sorella – almeno nel genere e con le dovute differenze – a The Witcher, che ci ha regalato lodevoli personaggi femminili. Ma se la serie con Henry Cavill riesce ad essere dal respiro internazionale – pur con i suoi difetti – , ciò che traspare troppe volte in Luna Nera è una certa ingenuità nella recitazione e nella sceneggiatura, come se ci fosse stato bisogno di più tempo per far germogliare i frutti che vi sono all’interno.
Alla recitazione pulita e contenuta delle streghe, non fa da giusta controparte quella dei ragazzi, spesso sporca ed eccessiva e che rischia di non creare la giusta empatia che ci dovrebbe essere con i protagonisti. Al carisma maturo di Tebe, si sarebbe dovuto contrapporre un carattere più definito per Ade, pur nella sua confusione e ricerca d’identità. Ad aiutare poco in questo senso probabilmente è anche una sceneggiatura che sembra dare troppo poco respiro alla storia d’amore tra Ade e Pietro, così come all’elemento italico. Una serie che parte dall’Italia, che le ha donato diverse location per una scenografia perfetta e dall’ottima fotografia, avrebbe dovuto approfondire di più questo aspetto geografico e storico, per non rischiare di rendere le vicende e i luoghi anonimi. Come di più si poteva fare nella realizzazione degli effetti speciali, che soprattutto nell’ultimo episodio appaiono piuttosto amatoriali.
Altro tasto dolente è senz’altro rappresentato dal nemico principale: se il male e la paura del popolo è ben caratterizzata dai Beneandanti, non si più dire lo stesso di Marzio Oreggi, che essendo un nemico fisso e non occasionale, avrebbe meritato un maggiore approfondimento. Pur non essendo la prima stagione assolutamente auto conclusiva – anzi lascia molte questioni aperte e fa apertamente intendere che ci sia un seguito – ci si sarebbe aspettati qualche focus in più su un nemico che rischia di diventare l’ombra di un classico antagonista di genere.
Un comparto creativo e uno sguardo tutto al femminile per Luna Nera
La regia e la sceneggiatura di Luna Nera, vedono la firma di sole donne. Francesca Manieri, Laura Paolucci, Vanessa Picciarelli sono le sceneggiatrici, nomi noti che hanno partecipato a produzioni italiane recenti e con un certo tocco di freschezza, mentre alla regia troviamo Francesca Comencini, Susanna Nicchiarelli e Paola Randi, e anche in questo caso parliamo di donne sempre sul pezzo nel mondo della cinematografia italiana, e il cui tocco e coraggio ha fatto senz’altro la differenza nel portare avanti questo progetto.
C’è quindi un comparto artisticamente giovane, che guarda e lavora per una cinematografia italiana che guardi oltre i generi e le produzioni consolidate dal tempo, e a cui quindi nonostante i difetti va appunto riconosciuta la forza di contrapporsi al già visto, attingendo anche ad un filone di letteratura italiana nuovo come il fantasy, ma che nel nostro paese vede attivi diversi autori da molto tempo.
Lo sguardo femminile di Luna Nera si esprime nella delicatezza con cui la regia racconta i sentimenti, l’amore – molto bella è nel penultimo episodio l’atmosfera della festa e del ballo, curatissima anche nei costumi – e il fascino nel presentarci uomini come Pietro e Spirto, che credono nell’amore e nella forza delle donne, riuscendo rispetto agli altri uomini del villaggio ad affrancarsi dalla cecità e dall’ignoranza. Elementi che chissà, insieme alla scelta anche di un tema musicale più presente e da affiancare a Son of Dust delle Black Casino and the Ghost, che apre ogni episodio e crea un tratto riconoscibile della serie, non possano con i dovuti accorgimenti rendere la seconda stagione un banco di riscatto, qualora vi sia.