M. Il figlio del secolo: recensione della serie Sky da Venezia 81
La recensione dell’adattamento seriale targato Sky dell’omonimo bestseller di Antonio Scurati con Luca Marinelli nei panni del Duce e Joe Wright in cabina di regia. In anteprima a Venezia 81.
Negli ultimi anni, all’abituale frequentatore dei festival viene data la possibilità di assistere in anteprima a una visione parziale e in certi casi totale di una serialità prima della sua messa in onda o del rilascio su una delle numerose piattaforme disponibili sul mercato. Il più delle volte vengono mostrati un paio di episodi, altre invece la proposta si estende a tutti come nel caso di M. Il figlio del Secolo, l’attesissima serie Sky Original tratta dal bestseller omonimo di Antonio Scurati vincitore del Premio Strega nel 2019, i cui otto capitoli che la vanno a comporre, divisi in due volumi da quattro rispettivamente da 212’ (ep. 1-4) e 200’ (ep. 5-8), sono stati proiettati in anteprima mondiale, fuori concorso, all’81esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Dopo questa prestigiosa vetrina, salvo una possibile e non da escludere uscita nelle sale come avvenuto per altri show targati Sky quali L’arte della gioia e Dostoevskij, il pubblico dovrà attendere il 2025 quando in data non ancora resa nota sarà disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
La visione in anteprima sul grande schermo a Venezia 81 ha permesso al fruitore di apprezzare il reale impatto e potenziale visivo sprigionato dalle immagini di M. Il figlio del Secolo
La visione sul grande schermo in quel del Lido ci ha permesso di apprezzare quello che è il reale impatto e potenziale visivo sprigionato dalle immagini di M. Il figlio del Secolo, che sul grande schermo ha potuto mettere in mostra tutti i pregi, la cura e la forza intrinseca di una confezione, di una messinscena e di una messa in quadro dagli standard elevatissimi, che hanno richiesto un importante sforzo produttivo e che la fruizione su un dispositivo a capacità ridotte non disperde ma sicuramente non valorizza a pieno. Certo si sarebbe tranquillamente potuto pescare anche nel panorama nostrano, ma è indiscutibile che il contributo in cabina di regia di Joe Wright, ben supportato dalla fotografia di Seamus McGarvey, dal comparto scenografico, dai costumi di Massimo Cantini Parrini e dalla colonna sonora di Tom Rowlands, è stato in tal senso determinante ai fini del raggiungimento di tale risultato. La scelta di affidare l’adattamento televisivo del celebre romanzo dello scrittore e giornalista partenopeo al cineasta londinese da questo punto di vista è stata vincente. L’avere all’attivo dei period-drama e le trasposizioni di romanzi storici dal peso specifico rilevante come Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, Anna Karenina e L’ora più buia ne hanno fatto un profilo perfetto per un’operazione complicatissima e rischiosa non solo sul piano formale e contenutistico come è facile intuire.
La versione seriale di M. Il figlio del secolo ha conservato per larghe porzioni della timeline un impianto teatrale, mescolandolo a un approccio cinematografico che trova sfogo in elaborati movimenti di macchina
Sul piano specificatamente estetico Wright ha messo a disposizione della trasposizione un campionario di soluzioni tecniche efficaci e funzionali alla tipologia di progetto e alle caratteristiche della matrice letteraria, che precedentemente si era potuta confrontare con le tavole dei palcoscenici grazie al pregevole e prezioso lavoro di Massimo Popolizio. Da quest’ultima, la versione seriale ha conservato per larghe porzioni della timeline il medesimo impianto teatrale, mescolandolo a un approccio cinematografico che trova sfogo in elaborati movimenti di macchina concepiti ed eseguiti per e nello spazio scenico a disposizione e in inquadrature visivamente impattanti. Di contro, laddove invece, è proprio quando il dispositivo, la punteggiatura, la grammatica e il linguaggio adottati di volta in volta vengono palesati ed estremizzato. Non ci riferiamo alle soluzioni più dichiaratamente pop e pulp che di comune accordo con il montaggio ben si sposano con la materia prima, piuttosto a quei momenti in cui il repertorio pre-esistente entra in cortocircuito con il filmico inedito (vedi la scena del discorso del Duce alla folla milanese o il ricorso alla tecnica vintage della retro-proiezione utilizzata nelle sequenze a bordo di veicoli) o quando il filmico stesso prodotto sul set attraverso scellerate e maldestre manipolazioni effettistiche fake viene invecchiato per essere incorporato con il resto. In quei momenti la confezione perde di efficacia, si depotenzializza e subisce un downgrade. La conseguenza è una discontinuità fatta di sali e scendi, picchi e scivoloni che non consentono al fruitore di apprezzare lo show nel suo complesso.
Nell’adattamento seriale di M. Il figlio del Secolo il protagonista infrange la quarta parete per parlare direttamente allo spettatore
Dal punto di vista narrativo e drammaturgico la missione era altrettanto complessa, poiché gli autori dello script Stefano Bises e Davide Serino, con la supervisione dello stesso Scurati, sono stati chiamati al contempo ad adattare per il formato seriale le 800 pagine del monumentale volume e a maneggiarne i contenuti tanto scivolosi, quanto storicamente rilevanti, delle quali si sono fatte portatrici. Noi a tal riguardo ci limiteremo a puntare la lente analitica su come questi hanno trovato spazio nell’architettura della serie, lasciando il resto ad altri contesti. Lo show è abbastanza aderente al libro: inizia il 23 marzo 1919 con la fondazione dei Fasci di combattimento e termina dove finisce la storia scritta dall’autore, ossia il 3 gennaio 1925, giorno del famigerato discorso di Mussolini in Parlamento dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Gli eventi fondamentali, i principali snodi narrativi, i lettori e di conseguenza gli spettatori dunque li conoscono già. Questi però vengono proposti, diversamente dal romanzo che lo fa in terza persona, anche attraverso un dispositivo più moderno e accattivante, ossia con degli a parte che vedono il protagonista infrangere la quarta parete e parlare direttamente allo spettatore.
In M. Il figlio del Secolo, Benito Mussolini è interpretato con efficaci doti di mimesi corporee e un po’ meno vocali da Luca Marinelli
Per chi invece non avesse avuto precedenti contatti con la matrice letteraria, questa e il suo adattamento seriale raccontano percorrendo i binari della biografia e del dramma storico l’ascesa al potere del protagonista, Benito Mussolini, qui incarnato con efficaci doti di mimesi corporee un po’ meno vocali da Luca Marinelli. L’attore capitolino con coraggio, polso e sangue freddo si cala nei panni di un personaggio scomodo e ingombrante, provando con il supporto del testo in dotazione e della materia pre-esistente messa a disposizione dalle fonti e dagli eventi realmente accaduti a portare sullo schermo due lati della stessa medaglia, alternando alla dimensione pubblica e al suo operato anche uno spaccato del privato di Mussolini e delle sue relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele Guidi (intensa e toccante l’interpretazione di Benedetta Cimatti), con l’amante Margherita Sarfatti (degna di nota la performance di Barbara Chichiarelli) e con altre figure iconiche dell’epoca come Cesare Rossi e Gabriele D’Annunzio, affidati rispettivamente a dei perfetti Francesco Russo e Paolo Pierobon. All’appello purtroppo manca un approfondimento maggiore su quella di Ida Dalser, appena accennata e liquidata forse troppo velocemente. Motivo per cui rimandiamo alla visione di Vincere di Marco Bellocchio. Questo continuo dentro e fuori nella e dalla sfera privata consente al ritratto di completarsi e acquisire un maggiore spessore drammaturgico, utile a restituire al pubblico un disegno caratteriale più esaustivo del personaggio principale, sul quale si è detto, scritto e mostrato tanto.
M. Il figlio del Secolo: valutazione e conclusione
Se gli abbonati di Sky e Now dovranno attendere il 2025 e la messa in onda, gli spettatori presenti all’81esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica hanno potuto finalmente vedere gli otto episodi che vanno a comporre l’attesa trasposizione seriale del celebre romanzo di Antonio Scurati, che attraverso i binari della biografia e del dramma storico racconta l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Come il libro, la serie riassume le tappe che vanno dal nascita dei Fasci Combattenti al delitto Matteotti, alternando alla sfera pubblica quella privata, disegnando così un ritratto a 360° del protagonista. Luca Marinelli si cala nei suoi panni con efficaci doti di mimesi corporea un po’ meno vocali. La regia di Joe Wright offre allo show una vasta gamma di soluzioni tecniche che nobilitano e arricchiscono, insieme al pregevole lavoro sulla fotografia, sulle scenografie e sui costumi, la confezione. Ma la messa in quadro non è estranea purtroppo a delle crepe, provocate principalmente da poco riuscite manipolazioni grafiche simil fake che visivamente generano un downgrade rispetto ad altre scene esteticamente più efficaci e impattanti. In tal senso si assiste a una certa discontinuità sul piano tecnico che va di pari passo con una decelerazione ritmica nel secondo volume.