Made for love: recensione della serie HBO in onda su Sky
Gli 8 episodi della prima stagione di Made for love sono disponibili dal 13 dicembre su Sky. Fra black humor e cinismo, un cast in stato di grazia affronta il tema degli abusi emotivi.
Utilizzare il black humor per trattare di tematiche complesse ed attuali – abuso emotivo, influenza della tecnologia nelle nostre vite, emancipazione femminile – non è impresa semplice. Ma l’emittente HBO non è nuova alle sfide in ambito televisivo. E dopo aver dato vita ad alcune fra le serie cult degli ultimi decenni, decide di aggiungere un piccolo tassello al panorama della serialità. Made for love – serie tv in 8 episodi già rinnovata per una seconda stagione – è infatti il nuovo piccolo gioiello di un canale che non ha mai avuto paura di osare. Disponibile in Italia su Sky dal 13 dicembre, lo show è una montagna russa di emozioni e contraddizioni, guidata da un cast in stato di grazia e da una regia ed una sceneggiatura stratificate ma calibrate in ogni più piccolo dettaglio.
Made for love – Di cosa parliamo quando parliamo di controllo emotivo?
Byron Gogol è un magnate della tecnologia. Arrogante, narcisista e con manie di controllo, vive recluso in hub costruito con cubi di realtà virtuale nel quale sfuggire al mondo esterno. Terrorizzato dalla vita di comunità e profondamente solo, convince Hazel Green, giovane donna in lotta con un padre assente e desiderosa di fuggire dalla sua vita di provincia, a sposarlo e ad andare a vivere con lui dopo un solo appuntamento. Relegata in una gabbia dorata, in una vita fatta di agi e lussi ma anche di costante controllo delle proprie emozioni ed azioni, Hazel decide di fuggire dopo dieci anni di matrimonio, terrorizzata dalla nuova invenzione del marito: un dispositivo volto ad evitare i classici fraintendimenti nella vita di una coppia. Attraverso un chip impiantato nel cervello dei due amanti, infatti, pensieri, emozioni e sensazioni vengono vissuti da entrambi, eliminando qualsiasi tipo di privacy ed intimità. Ormai trentenne, Hazel dovrà quindi provare a ri-costruirsi una vita, portandosi dietro il chip impiantatole da Byron senza il suo consenso, nel quale è presente anche un sistema di tracciamento e una telecamera che Gogol usa per osservarla costantemente.
Controllo e tecnologia, dunque. Un binomio spesso indissolubile nel cinema o nella letteratura, ma che nella serie diviene un espediente per parlare di altro. La trama, infatti, si concentra sugli aspetti umani del problema, scandagliando le emozioni e le ripercussioni di anni di abusi. Made for love è il nome del dispositivo, ma anche un monito ben preciso: siamo fatti per amare. Ma per amare chi? – Sembra chiederci lo show. E la risposta, banale ma spesso inafferrabile, è noi stessi. Di cosa parliamo dunque quando parliamo di abuso emotivo? L’avvocato a cui si rivolge Hazel per chiedere il divorzio paragona la vita agiata ma controllata della donna al programma di un centro benessere, mentre una vecchia amica del padre sostiene che Byron l’ha privata della cosa più importante: la solitudine.
Made for love non fornisce quindi risposte univoche e non condanna nessuno, ad eccezione – in maniera prevedibile – di Gogol. Accoglie tutti nelle proprie imperfezioni e li accompagna nel percorso che hanno deciso di intraprendere.
Made for love – Protagonisti imperfetti e cast in stato di grazia
Uno dei punti di forza della serie, infatti, è la scrittura dei personaggi, affidati ad attori perfetti nei loro ruoli. A prestare il volto ad Hazel è Cristin Milioti (How I Met your mother, Modern Love, Palm Springs – Vivi come se non ci fosse un domani). Hazel scruta il mondo con gli occhioni innocenti e sgranati della sua interprete, tentando di percepire ogni più piccola sfumatura di chi gli sta di fronte. Prova ad afferrare il mondo che le è stato negato per dieci anni, quando ha volontariamente seguito Byron nell’illusione di poter raggiungere ogni luogo con uno schiocco di dita. Dopo un inizio da favola la sua storia – e insieme quella dell’intero show – si trasforma in una narrazione dai toni sempre più cupi. Gogol (Billy Magnussen), al contrario, è incapace di comprendere gli altri e in fondo sé stesso. Cerca, inventa e si affida alla tecnologia nella speranza di colmare la distanza fra sé e gli altri, ma allo stesso tempo vive recluso sentendosi incapace di affrontare il mondo. Attraverso schermi, specchi e finestre – l’hub assomiglia ad un gigantesco open space – il magnate scruta la moglie e la realtà circostante, arrivando a progettare un chip per connettersi agli altri.
Cristin Milioti e Billy Magnussen formano quindi una coppia perfetta. Con il loro carisma tengono incollati allo schermo e diventano il filo conduttore di una storia complessa, fatta di personaggi imperfetti e di tematiche forti. Al loro fianco a spiccare è poi sicuramente Ray Romero, nel ruolo del padre di Hazel. Fra rapporti sessuali monitorati, pisolini programmati e cibo sintetico, Hazel sarà costretta a ritrovare la propria autenticità al di fuori della casa dove ha vissuto per dieci anni, attraverso l’aiuto di un genitore assente ma ritrovato, a cui sono affidati i momenti più emozionanti di tutta la serie. Le vicende della protagonista, infatti, non vengono mai raccontate in maniera didascalica o drammatica ma vengono stemperate attraverso l’umorismo.
Made for love – Fra black humor e cinismo
Oltre al cast, Made for love può contare su uno script calibrato e misurato. Tratta dall’omonimo romanzo di Alissa Nutting ed adattata da Patrick Sommerville (Maniac, The Leftovers, The Bridge), la serie sceglie la strada del black humor per trattare di alcune delle tematiche più complesse ed attuali. Umorismo accompagnato spesso da un cinismo spietato ma tragicamente commovente e da un alternarsi di generi e stili concitato ma efficace. Come in molte produzioni HBO, l’equilibrio della narrazione risiede nel giusto dosaggio di dramma e commedia, che porta lo spettatore a ritrovarsi impotente di fronte alla complessità e alla spietatezza di ciò che viene mostrato. In maniera del tutto inconscia, il pubblico si trova a riflettere sui problemi sollevati dalla serie e rimane stordito dall’impressionante capacità di autori ed attori di passare in pochissimi secondi da un registro allegro ad uno drammatico. La serie, infatti, non si dimentica mai – nemmeno nei momenti più comici – di mantenere, quasi come una sottotraccia, un senso di inquietudine ed angoscia causati dal controllo e dall’uso improprio della tecnologia.
Esempio perfetto di questo equilibrio è il rapporto fra Hazel e il padre. Rapporto che si basa su un iniziale diffidenza ed astio reciproco – dai quali scaturiscono alcuni dei momenti atti a stemperare la tensione – ma che diviene l’unico appiglio della protagonista per ricostruirsi una vita. La novità di Made for love, quindi, risiede soprattutto nel modo in cui decide di approcciare certe tematiche. Cinismo ed umorismo divengono le armi che permettono alla serie, e alla sua protagonista, di emanciparsi dalla narrazione spesso troppo retorica che ruota intorno al tema degli abusi emotivi.
Dal nomen omen scelto per il protagonista – Gogol ricorda fin troppo un noto motore di ricerca -, all’espediente fantascientifico del chip, la serie racconta in maniera sagace i tempi in cui viviamo, trasformando una trama distopica e – non troppo – utopistica nel background perfetto in cui calare la storia di una donna che, in fondo, cerca solo di ritrovare sé stessa, lontana dalla tecnologia e dalla tossicità di un rapporto basato sulla violenza emotiva. Lasciandola però in balia di un finale aperto ma forse incoerente, nell’attesa che il suo percorso si compia definitivamente nella già annunciata seconda stagione.