Madre de alquiler: recensione della serie TV Netflix
Dal 14 giugno è disponibile su Netflix la serie TV messicana Madre de Alquier, telenovela dai contorni thriller che affronta il tema della maternità surrogata.
Sembrava un genere ampiamente superato e invece le telenovelas sudamericane sono vive più che mai. Lo abbiamo intuito con Palpito, constatato con Il Sarto e di recente appurato con Profilo Falso, tutti titoli che, mescolando melodramma, thriller e tonalità da soap, riescono ad arrivare ai vertici dei più visti di Netflix, assicurandosi la fedeltà di una fetta di pubblico che ad ogni nuova uscita mensile non perde l’occasione di appassionarsi a storie dagli intrecci a volte assurdi e da modalità narrative un po’ troppo agée. Stessa formula la riprende parimenti Madre de alquier, serie tv messicana creata da Araceli Guajardo e disponibile in piattaforma dal 14 giugno con tutti i suoi 24 episodi.
La trama di Madre de alquier
Al centro della vicenda c’è Yeni (Shani Lozano), giovane ragazza indigena dalle scarse possibilità economiche, che un giorno si trova vittima di un losco patto che le cambierà la vita. Quando il padre viene ingiustamente accusato di omicidio durante un incidente finito in tragedia, a Yeni viene proposto l’accordo di diventare la madre surrogata di una ricca coppia infertile, Carlos (Luis Ernesto Franco) e Julia (Marcela Guirado), in cambio della scarcerazione anticipata del padre. Quell’arresto, tuttavia, è stato orchestrato e messo in atto proprio dalla famiglia per la quale ha offerto la sua “incubazione”, nello specifico la perfida madre di Julio, Nora (Leticia Calderón), direttrice di una casa farmaceutica che, pare, sia solita sperimentare su donne incinte pericolose sostanze dannose sia alle future madri che ai nascituri. In quei nove mesi, nonostante il divieto assoluto, Yeni instaurerà un legame proibito con l’uomo, suscitando così la gelosia cieca della moglie Julia, pronta a tutto pur di tenersi ciò che crede le appartenga.
La solita solfa
Solito melodramma che dilata eccessivamente il suo racconto con svolte impreviste, colpi di scena (e di pistola), nuovi personaggi che entrano in scena ad ogni episodio e il condimento sentimentale di un pathos fastidiosamente sproporzionato, Madre de alquier affronta la tematica divisoria della gestazione per altri ricamandoci su una rappresentazione classica dei buoni contro i cattivi, dei poveri contro i ricchi, delle vittime contro i carnefici, offrendo 24 puntate di stereotipi e prevedibilità e picchi di noia imperdonabili.
Nonostante l’ampliamento progressivo di sottotrame e di personaggi come è solita fare la soap televisiva dai suoi esordi, Madre de alquier già dai primissimi episodi si rivela un prodotto anonimo e dimenticabile, privo di ogni peculiarità e di appeal, ma anzi estremamente debole e dispersivo nella sua de-costruzione temporale fra passato e presente. Un tentativo maldestro e stucchevole di portare in scena la tematica della maternità surrogata che non prova nemmeno ad approfondisce alcun aspetto sensibile dell’argomento, giocando quelle poche carte che ha con un canovaccio di idee e di situazioni che chi ama il genere conosce alla perfezione.
Le ragioni del successo di serie come Madre de alquier
Stupisce ancora (ma non troppo) il successo di pubblico che si trascina a sé una serie da piattaforma streaming ma che sembra d’altri tempi come questa messicana Madre de alquier, l’ennesimo progetto creato a tavolino dai vertici di Netflix per cancellare ogni traccia di realismo, abilità creativa e verosimiglianza per assecondare il gusto di spettatori ancorati alle modalità pigra della tv generalista, ai quali piace essere ‘tranquillizzati’ con storie che ormai già sanno come e dove andranno a finire.