Madre perfetta: recensione della mini serie Netflix
Héléne è una madre che crede di comportarsi in maniera esemplare, eppure quando sua figlia, che vive a Parigi, è coinvolta nell'omicidio di un ricco rampollo francese, le sue certezza cadono. Madre perfetta è la mini serie Netflix ben scritta e riuscita che rischia di passare in sordina.
Prima di Madre perfetta Netflix ha già provato a percorrere la strada del thriller psicologico con Anatomia di uno scandalo, una mini serie thriller elegante e all’inglese con un cast abbastanza noto, che schizzò nel periodo delle festività pasquali al primo posto per diverse settimana, non con poca titubanza, dal momento che la manifattura non è stata delle migliori pur se il soggetto trattato fosse interessante. Adesso il gigante dello streaming ci riprova con la mini serie Une mère parfaite, una co-produzione Germania, Francia e Belgio, disponibile in Italia col titolo Madre perfetta, che sicuramente non fa immediatamente gola e che rischia ingiustamente di non ricevere l’attenzione che meriterebbe. Il thriller infatti, nonostante sia composto solamente da quattro episodi di circa cinquanta minuti ciascuno, svolge in maniera credibile, ordinata e convincente un’indagine di omicidio che coinvolge lo spettatore fino alla fine, ponendo dubbi e riflessioni.
Madre perfetta: come crollano le certezze
Héléne (Julie Gayet) ha appena festeggiato il suo compleanno: accanto a lei il marito Matthias (Andreas Pietschmann) e suo figlio Lukas (Maxi Driesen), ma il pensiero va ad Anya (Eden Ducourant), la figlia più grande che si trova a Parigi per motivi di studio. La sente il giorno dopo: spaventata e incerta, le annuncia che sta per andare in commissariato perché è tra i sospettati dell’omicidio di Damien Carnau, un ragazzo conosciuto la sera prima.
Héléne vola immediatamente da Berlino a Parigi, convinta che la figlia si sia solo trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, perché le dichiarazioni di Anya non bastano a convincere la polizia, così chiede aiuto ad un vecchio amore e amico, Vincent (Tomer Sisley), che fa l’avvocato e potrebbe aiutare la figlia ad uscire da una situazione che appare sempre più intricata. Ma ciò che sconvolge sempre di più la donna è il fatto di non essere mai riuscita a comprendere profondamente la figlia, che da diverso tempo nasconde alla sua famiglia svariate esperienze della sua vita in grado di segnarla profondamente.
Una madre schiacciata dal mito del genitore perfetto
Liberamente ispirato al caso di Amanda Knox ma raccontato dal punto di vista della madre, Madre perfetta è tratto dal romanzo The Perfect Mother di Nina Darnton, da cui nasce una serie di soli quattro episodi dalla confezione molto elegante, ma che conserva quella sana dose di inafferrabilità che generalmente caratterizza la scrittura dei personaggi nelle produzioni francesi.
Madre perfetta è un thriller che non vuole strafare: non c’è infatti la ricerca di una regia particolare e ruffiana, è sopratutto il non detto e il sussurrare degli sguardi a conquistare lo spettatore, che non cerca un canale empatico con i personaggi ma si sforza di indagare su di loro, di comprendere quello che sfugge così come accade ad Héléne, una madre che vive il dramma di dover accettare di non conoscere la figlia e soprattutto di non voler accettare e vedere chi c’è dietro quell’impalcatura che la ragazza si è costruita.
E per lei, che ha lottato in tutti i modi per non essere come sua madre, è una grande sconfitta oltre che amara consapevolezza rendersi conto che non c’è una strada possibile e sicura per essere dei buoni genitori: il mito dell’essere madre perfetta la schiaccia, la risucchia e alle fine deve compiere anche forse la scelta più (in)giusta, mostrando il vacillante confine che c’è tra la ragione e il sentimento nella percezione di un genitore. Ed è qui tutta l’umanità di questa madre, che in fondo si è sempre lasciata guidare da un desiderio che ciascuno nella propria vita insegue: provare ad essere migliore, a non fare gli errori che gli altri, compresi i genitori, hanno commesso con noi facendoci soffrire.
Una sceneggiatura essenziale, efficace e non banale, sviluppata in quattro episodi
Diverse volte ci è capitato di notare quanto molte mini serie sembrano partire con un inizio dirompente e accattivante per poi perdersi nell’arco degli episodi successivi, lasciando che con il trascorrere del tempo ci si chieda se arrivare fino alla fine. In Madre perfetta questa sensazione non si ha mai, così come nell’ultimo episodio non si ha la sensazione che si abbia avuto l’esigenza di chiudere frettolosamente e grossolanamente il tutto: semplicemente tutto quel che doveva essere detto e fatto è accaduto, sta solo allo spettatore riflettere e forse chiedersi davvero quale sia l’assoluta verità tra le molteplici che vengono narrate.
Lo stesso fatto di presentare più verità, come se ciascuno avesse bisogno di voler raccontare e scegliere la sua, dona allo spettatore un finale consueto, da thriller, con un colpo di scena che potrebbe essere però sempre messo in dubbio, ma che non lascia una visione fine a se stessa. Non è in ogni caso da tutte le mini serie riuscire nell’intento di articolare una sceneggiatura senza lacune, essenziale, con tempi morti al servizio realmente della narrazione: è la dimostrazione che si possono realizzare prodotti interessanti anche in pochi episodi. Il segreto sta nello scegliere i nuclei narrativi giusti e orchestrarli secondo le corde più affini alla materia trattata.
Madre perfetta è disponibile su Netflix dal 3 giugno 2022.