Màkari 2: recensione del primo episodio della fiction Rai con Claudio Gioè
Qualcosa è cambiato in Màkari, ma nel bene e nel male siamo contenti di rivedere Lamanna e Piccionello di nuovo in azione.
Ritornano su Rai 1 le indagini di Saverio Lamanna e Piccionello, i due improvvisati investigatori di Màkari. La fiction tratta dai romanzi di Gaetano Savatteri e diretta da Michele Soavi riparte dal 7 febbraio con la seconda stagione, andando ancora una volta ad esplorare il panorama siciliano, con i suoi paesaggi incontaminati e abitanti, tra miti e contraddizioni. È la Sicilia di cui Andrea Camilleri diede una nuova prospettiva. I romanzi di Montalbano, quanto l’adattamento televisivo, liberarono l’isola dalle catene dello stereotipo. Ora, quel retaggio viene portato avanti da Màkari, la cui storia poggia le proprie radici su una volontà di cambiamento, sociale quanto narrativo. Tutto ciò è alla base della regia di Soavi e di una fresca sceneggiatura.
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Quest’anno la serie ci porterà anche fuori da Macari. Nel primo episodio i protagonisti interpretati di Claudio Gioè, Domenico Centamore e Ester Pantano, muoveranno i loro passi all’interno di intrighi, storie ed omicidi nella bellissima Valle dei Templi, nell’agrigentino. Ed è in questo luogo che Lamanna dovrà confrontarsi con il proprio stile di vita, il lavoro e sì, anche con la gelosia. Perché la seconda stagione di Màkari porta in scena un nuovo personaggio, il Teodoro interpretato da Andrea Bosca. Il suo arrivo sarà la causa di qualche attrito all’interno della relazione con Suleima. Ma la prima puntata non è solo questo, e si nota fin da subito un cambio di rotta narrativo quanto linguistico, riscontrabile nelle varie citazioni pop da parte di Lamanna. Il delitto di Kolymbetra porta la narrazione verso un discorso attuale, come quello del confronto con i social media e il dilemma dell’immagine nel 21esimo secolo. Màkari riparte in tutto il suo splendore, anche se con qualche piccolo inciampo.
Màkari 2, tra new entry e social media
La seconda stagione di Màkari riprende il racconto laddove si era conclusa la prima stagione, con Suleima, che lascia la Sicilia per intraprendere la propria carriera. La donna lavora ora a Milano a stretto contatto con il suo capo, il carismatico e affascinante Teodoro. Questo scatena la gelosia di Saverio che, nel frattempo, si deve confrontare con la scarsa riuscita del suo ultimo romanzo. Il suo editore fa presente al giornalista che la riuscita del libro sia dipesa da una sua assenza dal web, luogo in cui la maggior parte di scrittori e artisti si sponsorizza in proprio. Saverio ha un problema di branding, ma a lui sembra piacere la vita solitaria a Macari. Il problema? Ha le tasche vuote, e pur di vedere Suleima accetta un piccolo lavoro nella Valle dei Templi. Qui dovrà reinventarsi video reporter, aiutato ovviamente dal fidato Piccionello; quest’ultimo invece, è in missione per ritrovare la nipote “quasi” scomparsa. È in questa cornice che riprendono le indagini dei due che, come ogni volta, vengono coinvolti in omicidi, truffe e chi più ne ha più ne metta.
Saverio Lamanna lancia un serio guanto di sfida a Don Matteo, confermandosi ancora una volta un degno erede della signora Fletcher: dove arriva lui ci scappa il morto. Tra templi, rovine e lussuosi hotel, lo scrittore se la vedrà con archeologi reminiscenti di Indiana Jones, mafiosi e tante infradito. La comicità torna sovrana sotto le caratteristiche spoglie di Piccionello, personaggio ormai iconico. Ma non è il solo a ritagliarsi questo spazio, ed è qui che entra in gioco il vicequestore Randone, interpretato da Filippo Luna. L’attore acquista posizione all’interno del racconto, ricordandoci un po’ il celebre ispettore Lestrade di Sherlock Holmes. Piccionello è invece a tutti gli effetti il Watson di Lamanna, come confermano varie battute di Gioè.
È in questo metacinema che si inserisce il cambio di rotta dialettico all’interno di Màkari 2, forse derivato dal nuovo team di sceneggiatori. Parlavamo di cultura pop, e Saverio è un jukebox vivente di riferimenti ad altre opere, a partire da Apocalypse Now fino ad arrivare a Blues Brothers e Milano Calibro 9. Il personaggio cita anche Montalbano, paragonandosi all’ispettore di Camilleri in fatto di relazioni a distanza. Non è un confronto da poco, in quanto Màkari è stata definita figlia della famosa serie. Detto ciò, la seconda stagione tenta comunque di emanciparsi, di trovare una propria strada e identità, dobbiamo dire, riuscendoci. I dialoghi sembrano essere più frizzanti e attuali, segno di una certa sicurezza nel lasciarsi alle spalle un certo retaggio della più tradizionale fiction italiana. Lo stesso vale per la chimica all’interno del cast, soprattutto tra Gioè e Centamore.
Màkari 2 e Claudio Gioè, il perfetto Saverio Lamanna
Parlavamo anche di qualche inciampo, e il primo episodio di Màkari ne fa qualcuno. Ci riferiamo al Teodoro di Luna, imbrigliato dalla sceneggiatura a frasi fatte e un fastidioso buonismo. Il personaggio non brilla mai, anzi, sembra far parte di quel vecchio retaggio da cui la serie vorrebbe distaccarsi. Teodoro è quasi una figura bidimensionale, anacronistica all’interno del prodotto, che forse cozza un po’ con gli altri protagonisti. Speriamo in un’evoluzione tendente a quella profondità e ambiguità della narrazione attuale. Ma dobbiamo dirlo, al di là di questo, l’episodio ci prende all’amo esattamente come un anno fa. Troviamo un Claudio Gioè in piena forma, confermandosi ancora una volta il volto giusto per Saverio Lamanna, e come lui l’intero cast, in primis il simpaticissimo Tuccio Musumeci. Suleima viene lasciata nelle retrovie, ma pensiamo possa essere una scelta narrativa, e forse il personaggio troverà maggior spazio nei prossimi episodi.
L’ambientazione siciliana in Màkari 2, invece, si fa meno personaggio e più cartolina. Il paesaggio, nella prima stagione, era lo specchio dei sentimenti e delle emozioni dei personaggi. Alberi, spiagge e rocce parlavano della Sicilia più delle persone stesse. In Il delitto di Kolymbetra sembra mancare tutto ciò. Tuttavia, come dicevamo prima, siamo solo all’inizio e bisogna attendere il finale per un parere effettivo. Nel frattempo lodiamo una scrittura di Màkari che dà spazio a problematiche come quella del lavoro, nel particolare a quello dello scrittore (ma è un discorso ombrello che vale per molti ambiti). Saverio viene messo davanti alla realtà dei giorni nostri: il branding è tutto. Il protagonista si deve confrontare con il fatto che la presenza sul web è rilevante per le vendite dei suoi libri, senza rimarrà sempre al 148esimo posto in classifica. Come la politica si è fatta sempre più personale, più vicina al singolo, lo stesso vale per artisti e scrittori.
Insomma, Màkari cambia linguaggio, lascia qualcosa indietro a favore di altro. Nel farlo si sbilancia, ma anche questo fa parte del gioco. Perché parliamo di un prodotto in cui risiede una ferrea volontà di cambiamento, dell’andare oltre la fiction creata in serie. Composta da tre episodi, la serie torna in prima serata su Rai1 il 7 febbraio.