Màkari: recensione dei primi due episodi della nuova fiction Rai
Màkari, la nuova serie di Rai1 convince con una storia fresca e un protagonista dall'animo moderno.
Una volontà di cambiamento risiede in Màkari che, con i suoi primi due episodi, si dimostra una vera sorpresa. La serie vive di cambiamenti, dentro e fuori la storia. È la televisione che cambia, e con essa le sue storie. La nuova fiction Rai sembra spostare la propria attenzione, il proprio occhio ad un nuovo pubblico più attento alla serialità attuale. Màkari va oltre lo standard, al già visto. Dalla penna di Gaetano Savatteri alle immagini di Michele Soavi, Lamanna prende veramente vita, coinvolge e si fa seguire in un percorso variegato e interessante.
Màkari: una serie che tarda ad ingranare, ma che alla fine parte in quarta
Il primo episodio, I colpevoli sono matti, prende il via con un Saverio Lamanna che ha già perso il lavoro e lascia Roma per la Sicilia. Si avverte una certa frettolosità nel portare in scena personaggi, comprimari e dare una svolta alla storia del protagonista. Tutti vengono presentati molto velocemente, da Peppe Piccionello a Suleima, da Marilù al padre di Saverio (Tuccio Musumeci). Allo stesso modo si può riscontare una certa ingenuità, o meglio leggerezza di scrittura: una casa resa abitabile in un giorno, una storia d’amore che nasce dal nulla e il protagonista che in un episodio trova subito il suo scopo. In poco meno di mezz’ora vengono gettate sul tavolo tutte le carte, la serie va all-in ancor prima di aver iniziato la partita. È un aspetto che inizialmente può spiazzare. Tuttavia, man mano che la storia orizzontale prende piede, questa ingenuità passa quasi in secondo piano. Il secondo episodio si prende tutto il suo tempo. La regola dello svantaggio si concentra sugli elementi portanti della seria, prende aria e respira a pieni polmoni.
Lamanna è una Signora Fletcher all’italiana, un degno rivale di Don Matteo; dove passa lui la gente muore. È anche un impiccione, uno che non si esime dal fare domande scomode, dall’indagare la vita altrui quando sente puzza di mistero. Non è certo Lo Sciacallo di Jake Gyllenhall, questo è certo, ma sa il fatto suo. Un rinnovato “sbirro di penna” di cui la gente ha una forte stima. Forse per questo, autorità e turisti, non hanno problemi a raccontargli di indagini in corso e passati scomodi. Detto questo, la nuova fiction Rai trova la sua identità non nell’indagine, nel thriller, ma nella commedia, nel racconto dell’Italia e dei suoi problemi. Infatti, in Màkari convivono varie sfumature, tematiche importanti e drammi ben esposti. A tal proposito, il paesaggio non è solo cornice, ma personaggio anch’esso. È la Sicilia che si racconta e si fa raccontare
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Saverio Lamanna, un uomo moderno e del popolo
Partiamo dal presupposto che Claudio Gioè è perfetto nei panni di Saverio Lamanna. Inizialmente la scelta di casting sembrava più dettata da una questione di notorietà, e che il personaggio sarebbe stato meglio interpretato da un attore comico. Anche qui le certezze vengono smontate, perché Gioè sembra essersi emancipato dalle personalità dei suoi ruoli precedenti, da Il capo dei capi fino a Vite in fuga. L’attore veste i panni di un neo disoccupato, un uomo che perde tutto e torna alle origini. Senza soldi e futuro deve reinventare sé stesso. Lamanna è un uomo comune, con un passato d’eccellenza: giornalista, scrittore e portavoce al Ministero degli Interni. Tutto questo non conta più una volta tornato nella sua vecchia casa vacanza in Sicilia. Ritorna ad essere uno dei tanti che, come lui, hanno perso tutto e devono ripartire da zero. Un modo simbolico, a parer nostro, con cui gli ideatori svestono i vecchi marescialli, poliziotti, medici e sognatori per tornare alla nuda realtà del nostro tempo, dove vivono anche i Saverio Lamanna. È un personaggio con cui è facile immedesimarsi. Scontroso, ironico e un po’ farfallone, Gioè veste i panni dell’uomo moderno.
Tutte le promesse fatte in precedenza sono state mantenute, e Màkari porta a casa il risultato. Come abbiamo detto, la serie non manca di errori, di piccole ingenuità che nella sua totalità non danneggiano la serie. La relazione d’amore tra Saverio e Suleima (Ester Pantano) nasce fulminea, troppo, ma in seguito rallenta. La sceneggiatura culla i due amanti, li fa danzare in una danza lenta, fatta di sguardi e piccoli gesti. Suleima non è la solita femme fatale, sa giocare bene le sue carte, e non risulta mai banale. La chimica tra Gioè e Pantano tarda ad arrivare, ma nel secondo episodio riescono a comprendersi attraverso gli occhi dei loro personaggi. A Piccionello (Domenico Centamore) va l’anima comica della storia, a tratti troppo forzata, in altri ben cesellato con un racconto più complesso di quanto non voglia sembrare.
Màkari: una sorpresa che spazza via ogni incertezza
Per quanto racconto, collocazione storica e personaggi siano del tutto distanti, la serie diretta da Michele Soavi trova un gemello ne La mossa del cavallo – C’era una volta Vigata. In quest’ultima, sempre produzione Rai, viveva una pura volontà di sperimentazione, di passare al nuovo e andare avanti. Una prodotto davvero interessante e ben realizzato, che faceva auspicare ad un nuovo mondo televisivo. Ma così non fu, e si tornò ben presto allo standard. Ed è qui che arriva la sorpresa, perché Màkari sembrava essere l’ennesimo prodotto stampato in serie sulla scia di Montalbano & Co. Invece così non è stato. Il poliziesco, grande feticcio della fiction italiana, torna qui con una nuova veste, più interessante e frizzante. In modo simile è quello che è stato fatto con Petra, la serie Sky con Paola Cortellesi: sondare nuovi e ignoti territori. Una Sicilia mozzafiato incontra personaggi ben scritti e storie complesse. Si spera che la serie mantenga questo formato fino alla fine, senza scadere in banalità, perché quello visto finora promette un ampio spazio di crescita.