Missing You: recensione della miniserie Netflix
Nuova trasposizione seriale da un romanzo di Harlan Coben. Su Netflix dal 1° gennaio 2025 l’adattamento del libro del 2014 diretto da Nimer Rashed e Isher Sahota.
Pare stia diventando un’abitudine quella di Netflix di chiudere o aprire l’anno nel segno di Harlan Coben. Dopo Stay Close e Un inganno di troppo, scelti rispettivamente per salutare il 2021 e inaugurare il 2024, il broadcaster a stelle e strisce ha deciso di dare il benvenuto al 2025 rilasciando il 1° gennaio la trasposizione seriale in cinque episodi (da 45 minuti circa cadauno) di Missing You. Purtroppo l’adattamento dell’omonimo romanzo del 2014, l’ottavo dei quattordici complessivi facenti parte del contratto milionario siglato nell’agosto del 2018 tra i vertici della grande N e il celebre scrittore statunitense, si è rivelata una falsa partenza, o almeno lo speriamo. Fino a questo momento si è assistito a un sali e scendi di risultati altalenanti che hanno portato sulla piattaforma degli show non sempre all’altezza del blasone e del potenziale delle sorgenti letterarie dai quali provengono. Missing You è in tal senso tra i prodotti meno riusciti della filiera insieme a Suburbia Killer, Fidati di me e il già citato Stay Close. Confidiamo dunque nei futuri progetti audiovisivi, speriamo capaci di rendere giustizia e di valorizzare la penna dalla punta affilata di Coben, che si sa essere tra le più apprezzate e autorevoli in circolazione quando si tratta di gialli e thriller.
Missing You è l’ottava trasposizione seriale targata Netflix di un romanzo di Harlan Coben
Tra le clausole presenti nel suddetto contratto c’è anche quella di trasferire le storie degli scritti originali dal Nuovo al Vecchio Continente. Motivo per cui da oltreoceano si ritorna come per The Stranger, Stay Close e Un inganno di troppo su territorio britannico per assistere all’evolversi dell’intricata vicenda che ha suo malgrado come protagonista Kat Donovan (Rosalind Eleazar), un’ispettrice investigativa che lavora ai casi delle persone scomparse ed è alla ricerca di un uomo, Rishi Magari (Rudi Dharmalingam). Nel corso delle indagini, alcune scoperte s’intrecciano con la vita privata della donna, che molti anni prima aveva perso il padre e poco dopo il fidanzato, Josh (Ashley Walters), che avrebbe dovuto sposare a breve. Fra presente e passato, Kat inizia a scavare nel torbido, creando inaspettati collegamenti fra la sua famiglia e diversi casi di persone scomparse quando undici anni dopo scorrendo tra i profili di un’app di incontri vede il volto dell’uomo che amava e il suo mondo esplode di nuovo.
La riscrittura è il tallone d’Achille di un adattamento che disinnesca e depotenzializza il collaudato meccanismo mistery costruito da Harlan Coben nella matrice letteraria
Chi ha avuto modo di leggere le pagine della matrice ha ben chiari quali efficaci meccanismi di suspence, colpi di scena e depistaggi, da sempre marchi di fabbrica dello scrittore di Newark, vi siano alla base. Con e attraverso di essi Corben è riuscito a tenere alta la tensione e a coinvolgere il lettore in un caso piuttosto complesso che coinvolge una protagonista femminile determinata nel volere scoprire la verità sul suo passato, sul quale a quanto pare tutti le hanno mentito, a cominciare dagli affetti e dalle persone delle quali più si fidava. Di mezzo c’è un’app che si trasforma nella goccia che farà traboccare una sorta di Vaso di Pandora e la musica che per la prima nella bibliografia dell’autore diventa il leit-motiv della storia e di conseguenza della trasposizione. Il titolo di ognuno dei cinque episodi che vanno a comporre la miniserie si rivela infatti essere quello di un brano musicale, dagli U2 ai Simple Minds, mentre il testo del brano dei Police, Every Breathe You Take, altro non è che la canzone dell’ex coppia e la responsabile del match sull’app. Un ingranaggio, questo, davvero intrigante ma che nel passaggio dalle pagine allo schermo viene depotenzializzato per poi essere disinnescato da prima con l’eliminazione frettolosa e superficiale delle false piste e infine con un epilogo che sgonfia le aspettative. Quelli che nell’adattamento, per demerito della sceneggiatrice Victoria Asare-Archer, appaiono come dei limiti piuttosto evidenti, nel romanzo invece erano delle solide fondamenta sulle quali Corben aveva costruito uno schema narrativo collaudato e a suo modo coinvolgente. Non a caso di Missing You si era interessato Brett Ratner che con la sua casa di produzione ne aveva acquisito i diritti. Progetto poi naufragato.
I registi e il cast poco hanno potuto fare per cambiare le sorti di un thriller divenuto macchinoso e prevedibile
Evidentemente il destino audiovisivo del libro non è mai stato roseo e la miniserie targata Netflix, diretta a quattro mani senza particolari guizzi e soluzioni degne di nota da Nimer Rashed e Isher Sahota, ne è la dimostrazione. I due registi e il nutrito cast poco hanno potuto fare per cambiare le sorti di un thriller divenuto macchinoso e prevedibile, nonostante le buone premesse di un primo episodio che illude con un coup de théâtre che funge da perfetto cliffhanger ma che poi non trova nei capitoli successivi degli sviluppi e una conclusione altrettanto efficaci.
Missing You: valutazione e conclusione
Continua la collaborazione tra Harlan Coben e Netflix con l’ottava trasposizione in versione seriale di un romanzo dello scrittore americano. Stavolta è toccato a Missing You approdare sulla piattaforma a stelle e strisce in una miniserie che purtroppo non soddisfa le aspettative. L’adattamento disinnesca e depotenzializza l’efficacia del meccanismo mistery e la suspense che caratterizzava le pagine del libro del 2014. La miniserie diretta a quattro mani da Nimer Rashed e Isher Sahota paga lo scotto di una riscrittura che ha visto nell’operato di Victoria Asare-Archer il vertice basso. La sceneggiatura è infatti il tallone d’Achille ed è evidente quanto questo abbia pesato sull’esito finale, con una ricaduta anche sulle performance attoriali, a cominciare da quella di Rosalind Eleazar nei panni della protagonista.