Monterossi – Stagione 2: recensione della serie TV Prime Video
Su Prime Video dal 10 novembre 2023 ci sono i cinque episodi della seconda stagione di Monterossi, l'autore televisivo-detective improvvisato interpretato da Fabrizio Bentivoglio.
Per la seconda stagione, disponibile su Prime Video dal 10 novembre 2023, si va leggermente più concisi della prima. Solo cinque episodi, ma state tranquilli che di cose succose ne succedono ancora in Monterossi; la dicitura corretta per amore di precisione sarebbe Monterossi – La serie, la brevità però ha il sopravvento perciò da qui in avanti si punterà sulla forma sintetica. Adattamento streaming-seriale dell’omonimo personaggio nato dalla penna di Alessandro Robecchi – autore televisivo, giornalista e scrittore – edito da Sellerio. La seconda stagione rielabora per il piccolo schermo le vicende raccontate in un romanzo che si chiama “Torto marcio”.
Nel cast l’ovvio, immancabile, meravigliosamente stropicciato Fabrizio Bentivoglio, che si diverte un mondo, si vede, a dare vita al suo dolce e burbero eroe, eternamente sospeso tra trash e purezza delle intenzioni, circondato da un cast di vecchi ritorni e nuove facce. Sono tanti/e, citiamo per il momento Tommaso Ragno, Martina Sammarco e Carla Signoris. E poi c’è Bob Dylan, che magari, rispetto alla prima stagione, è un pochino ai margini della storia, in termini di presenza fisica, ma spiritualmente è ancora lì, centrale in ogni discorso, filosofia e scelta (giusta o sbagliata) del protagonista. La regia è di Roan Johnson; più ancora che nella prima stagione, Milano è la chiave, il problema e la soluzione. Molto interessante come la serie racconta la città.
Monterossi – Stagione 2: tre omicidi, uno strano rituale
Muore gente a Milano e non è una novità. Muore gente a Milano, muore ammazzata e non è una novità neanche questa, succede dappertutto e per di più la grande metropoli, moltiplicando le occasioni, moltiplica anche la possibilità di cadere in tentazione. La novità, l’elemento che cattura l’attenzione delle forze dell’ordine, dei privati cittadini, dei media ficcanaso e anche, ovviamente, dello spettatore di Monterossi 2, è il modus operandi. I morti sono tre, esponenti di una Milano agiata, benestante. Senza nulla che li leghi, a parte uno strano ritrovamento sui cadaveri, l’amo che stuzzica la curiosità collettiva. Tre pietre, posate sui corpi, a suggerire un macabro e apparentemente indecifrabile rituale.
Nessuno capisce nulla di quello che sta succedendo. Vale per la polizia, che subisce l’oltraggio di un pool di professionisti mandati da Roma a risolvere il caso al posto loro (prendendosi tutti i meriti, la politica ha fiutato un’occasione). Ghezzi (Diego Ribon), Sannucci (Martina Occhionero), Carella (Tommaso Ragno), fanno il possibile per consegnare il colpevole o i colpevoli alla giustizia, ma non è facile quando non ci sono piste e il fiato sul collo del capo (Beatrice Schiros) insiste parecchio. Confusa è la gente della periferia dimenticata dagli urbanisti e dai designer dei quartieri fighetti. Francesco (Alessandro Fella), Chiara (Giordana Faggiano) e Nadir (Keta) sono attraversati tangenzialmente dal caso e vogliono saperne di più. Nel frattempo Il Socio (Maurizio Lombardi) e Il Biondo (Gabriele Falsetta) emigrano in Calabria perché a Milano per killer prezzolati c’è poco da fare.
Resta da vedere come se la cava l’eroico Carlo Monterossi (Fabrizio Bentivoglio). Eroico perché, non cambiando mai, che in genere non è una bella cosa, riesce a tenere a bada le insidie e le corruzioni del puro trash. Carlo, a metà strada tra bellezza e commercio, proprio come Dylan, continua a lavorare come autore per un obbrobrio televisivo chiamato Crazy Love, condotto da Flora De Pisis (Carla Signoris) volgare e indiscreta come non mai. Crazy Love si butta a pesce sui sentimenti e li torce nel modo più pornografico e sciatto; comprensibile che gli omicidi destino l’attenzione del team creativo. Carlo comincia a indagare così, per esigenze di mestiere, sempre insieme a Nadia (Martina Sammarco) e Oscar (Luca Nucera). Finirà per scoprire una cosa interessante scambiando due parole con la figlia di una delle vittime (Jenny De Nucci). E si lascerà conquistare dal fascino elegante della vedova di uno dei tre (Francesca Inaudi), perché con Lucia (Donatella Finocchiaro) c’è un po’ di confusione.
Milano, una e molte città
Questa recensione è cominciata con un’inesattezza che è anche una piccola (involontaria) bugia, da precisare. Vero che Monterossi 2 dura leggermente meno della prima stagione, in quel caso però, i sei episodi, uno in più di adesso, erano distribuiti sull’adattamento di due romanzi che si prendevano tre episodi ciascuno. Qui, invece, un solo romanzo per cinque episodi. Monterossi 2 è più breve, anche se di poco; al tempo stesso, è più lunga e strutturata, si concede cioè il lusso di scendere a una profondità maggiore nel definire l’azione e i moventi, nel precisare i contesti, al plurale: sociale e psicologico. La gestione dei tempi (dilatati) della serie permette a Roan Johnson, che sceneggia insieme a Alessandro Robecchi (c’è il marchio dell’autore) e Davide Lantieri, di modellare con una certa precisione contorni e contenuto delle cose veramente importanti. La più importante di tutte. Milano.
Milano è un contenitore di cadaveri, il teatro di indagini multiple e una fotografia accurata dello stato delle cose, oggi. Milano è fatta di carne e ossa e cemento e asfalto. Monterossi 2 le infonde un respiro, un senso, universale. Multietnica, con tutti i vantaggi e problemi, tante città diverse in una. C’è il conglomerato e le case occupate, la città dei poliziotti e degli autori televisivi relativamente benestanti. La città dei poveri e quella dei ricchi, la città degli autoctoni (rimasti in pochi) e dei nuovi milanesi, magrebini e non solo. È la città reinventata all’occorrenza, al passo con i tempi. E quella dimenticata. I personaggi di Monterossi 2 arrivano da ognuna di queste piccole città raccolte nel perimetro della grande e cercano di venire a capo del mistero. Morale della favola: in un mondo segmentato, che non comunica, troppi redditi e identità in conflitto, c’è una cosa che ci accomuna, che separa i buoni dai cattivi. Un insopprimibile bisogno di giustizia. È il movente di Carlo Monterossi.
Fabrizio Bentivoglio mette in campo uno charme vagamente consumato dal tempo e un’attitudine di poeta che ne ha viste tante e sa dare un peso alle cose. Sempre in bilico tra trash e purezza. La verità è che il suo protagonista la scelta l’ha fatta, sta dalla parte della decenza, anche se va detto che l’altra, quella della volgarità e della mancanza di pudore, è affidata a una Carla Signoris dolcemente diabolica; non si riesce proprio a volerle male, la sua fame di successo è in un certo senso molto innocente. Affascinante ed enigmatica Francesca Inaudi, adorabilmente insopportabile Tommaso Ragno, più centrale nell’architettura della storia Martina Sammarco, sempre più poliziotto con un’anima Diego Ribon. Senza stravolgere le coordinate della storia, Monterossi 2 si prende il suo tempo e lo sfrutta nel modo giusto; chiarendo, allargando, complicando positivamente le cose.
Monterossi – Stagione 2: valutazione e conclusione
Misteri e indagini poliziesche, certo non una novità. Detective improvvisati, nemmeno. Monterossi 2 però ha il cuore al posto giusto perché sacrifica al procedurale puro (non era nei piani) in favore di uno studio dell’atmosfera, del sapore dell’ambiente e delle psicologie. Il tono è stropicciato, burbero, ma il cuore è d’oro. A cominciare dal protagonista, piccolo Dylan della Tv in bilico tra arte e commercio, per finire con tutti gli altri. La seconda stagione porta avanti i temi grandi e piccoli della prima stagione, non li ribalta ma li precisa.