Mulligan: recensione della serie animata Netflix
Tra una fine del mondo e un attacco alieno, Mulligan diventa un vero e proprio eroe per caso. Diventato il Presidente degli Stati Uniti, il giovane sedicente campione di baseball guida il popolo terrestre (e un prigioniero alieno) verso un nuovo rinascimento. La serie d’animazione targata Netflix e disponibile sulla piattaforma streaming dal 12 maggio 2023 racconta in 10 episodi di circa 30 minuti ciascuno un mondo post apocalittico, in cui vizi e virtù della società contemporanea come la conosciamo vengono amplificati da personaggi in cui ogni tratto caratteriale viene estremizzato e il più umano è, manco a dirlo, proprio l’extraterrestre rimasto intrappolato sul nostro pianeta ormai distrutto. Mulligan è un giovane sportivo, poco scaltro e facilmente influenzabile da parte di chi ha decisamente più risorse di lui: così, la reginetta di bellezza animata da sogni di ecologismo e celebrità da un lato e un vecchio senatore mosso dall’ambizione di preservare i suoi privilegi da uomo bianco conservatore dall’altro lato restano al fianco del nuovo Presidente a stelle e strisce, che non sempre riesce a rendersi conto quello che realmente accade intorno a lui.
Mulligan: il mondo cinico e disilluso della serie animata Netflix
Mulligan è l’ennesima versione di quel mondo cinico e disilluso che rappresenta l’attualità contemporanea a suon di battute sardoniche che espongono le contraddizioni che quotidianamente continuiamo a giustificare. In questo senso, purtroppo, non sconvolge più del dovuto, non fa alzare il sopracciglio e non scandalizza, senza peraltro arrivare al livello di altre produzioni che affrontano le stesse tematiche, da Rick & Morty a The Midnight Gospel, che invece danno prova di saper elaborare in maniera più approfondita la contemporaneità, giostrando meglio narrazione e personaggi, loro stessi meglio costruiti. Non si può negare che ci siano momenti di sincera ilarità e che la presenza di certi personaggi avvicini Mulligan al pubblico tanto da renderlo amabile: gli studiosi animati da belle (e vane) speranze di dare vita a un’umanità più illuminata, la scienziata D.ssa Braun e lo storico Simon, sono l’emblema di ciò che vorremmo essere, ma al tempo stesso non riescono a sottrarsi a manifestare le loro “bassezze” umane, in cui invidia, risentimento e polemica si mescolano e contaminano le loro azioni, finanche le più nobili.
Mulligan: conclusione e valutazione
Purtroppo Mulligan non convince fino in fondo. Fa ridere, ma non troppo. Fa riflettere, ma non troppo, Coinvolge, ma non troppo. Resta insomma molto in superficie rispetto alle tematiche affrontate e non sa approfittare di una comicità più spinta e cattiva, incontrando ben presto il destino dell’oblìo nell’immensità di titoli su cui può contare la piattaforma streaming. Robert Carlock e Sam Means, i creatori della serie, non sanno spingersi oltre il velo di un pudore troppo impostato, che non si lascia andare nonostante si trovi all’interno di un prodotto ideato appositamente per muovere sentimenti e opinioni. Persino i personaggi di Mulligan, nonostante le apparenti rimostranze, restano fortemente vincolati al loro ruolo sociale. E se da un lato ognuno di loro si lamenta dei limiti a lui imposti, dall’altro lato non hanno realmente intenzione di liberarsene per affermare le proprie ragioni. In altre parole, Mulligan non raggiunge nemmeno quel livello a cui si riconosce lo sforzo creativo a prescindere dal risultato finale, proprio per quanto resta imbrigliato in una struttura rigida e per niente irriverente, in cui ogni critica viene talmente velata da diventare praticamente irrintracciabile.