Munich Games: recensione della serie TV Sky Original
La recensione di Munich Games, la serie TV Sky Original in onda dal 5 ottobre 2022 sull'attentato dei giochi olimpici di Monaco del ’72.
Munich Games è la nuovissima miniserie thriller firmata Sky Original, disponibile dal 5 ottobre 2022 su Sky e in streaming su NOW.
Scritta da Michal Aviram (Fauda) e diretta da Philipp Kadelbach (Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino), la storia si sviluppa a Monaco di Baviera, dove in onore del cinquantesimo anniversario dall’attentato dei giochi olimpici di Monaco del ’72 (in cui persero la vita 11 atleti israeliani per mano dell’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero), viene organizzata una simbolica partita di calcio tra la squadra locale e il Tel Aviv.
L’incubo che possa ripresentarsi una tragedia analoga sembra diventare realtà quando Oren Simon (Yousef Sweid), agente del Mossad, cinque giorni prima dell’incontro scova sul dark web alcuni video a sfondo violento e antisemita in merito all’evento imminente.
Per tentare di sventare la catastrofe, viene affiancato da Maria Köhler (Seyneb Saleh), un’agente della polizia criminale tedesca con radici libanesi. I servizi segreti e la polizia di entrambe le nazioni collaborano, tentando di garantire la massima sicurezza senza rinunciare allo svolgimento del match.
I due agenti però, sentendosi profondamente incompatibili, non riescono a proseguire l’indagine in maniera fruttuosa e i primi tentativi si rivelano ben presto dei buchi nell’acqua.
Oren è poco abituato all’azione sul campo, il suo compito è sempre stato rilegato alla scrivania per l’analisi informatica; Maria al contrario, è dinamica e impulsiva e la presenza del collega sembra esserle d’intralcio.
Munich Games: un cast azzeccato in cui colpisce soprattutto l’interpretazione di Seyneb Saleh
Colpisce in particolare la scrittura e la complessità di Maria, coprotagonista femminile capace di cogliere tutte le sfaccettature e la profondità di una donna indipendente e professionalmente affermata in un settore prevalentemente maschile, senza cadere mai nel cliché da fiction della poliziotta – mamma “invincibile”.
Agente estremamente capace e intrepida, nasconde una vita privata non priva di dispiaceri: un matrimonio fallito, un lavoro ingombrante che le impedisce di passare del tempo con sua figlia e una relazione d’amore clandestina e pericolosa. Tuttavia la prospettiva dello spettatore viene inconsciamente guidata in una direzione sempre ben lontana dal giudizio: accettiamo e comprendiamo le sue scelte, non ci interessa biasimare o assolvere i suoi comportamenti. Riesce ad instaurarsi, sin dall’inizio, una sorta di empatia istintiva che ci accompagnerà e culminerà al termine dell’ultimo episodio.
Oren, altrettanto complesso, ci lascia entrare meno velocemente nel suo mondo. Solitario, silenzioso e poco avvezzo alle pratiche burocratiche “ufficiali”, segue il suo istinto rischiando più volte di sconfinare nell’illegalità. Ermeticamente introverso non permette di decifrare facilmente i suoi sentimenti, che rimangono dubbi, soprattutto nei confronti di Maria e della sua fidata collaboratrice del Mossad, Noni.
I rancori tra Palestrina e Israele al centro di Munich Games
I temi sono attualissimi: al centro i rancori irrisolti tra Israele e Palestina, l’estremismo, il razzismo, la politica e la corruzione. L’incontro e lo scontro tra culture e identità diverse viene poi sottolineato dalla scelta di Philipp Kadelbach di far comunicare i personaggi in lingue diverse: ebraico, arabo, tedesco e inglese.
A volte però, in questa mistura di elementi e input differenti, si rischia di perdere il filo della narrazione.
Le vicende interpersonali dei personaggi e quelle finalizzate allo svolgimento della trama sembrano non intrecciarsi fluidamente, gli spunti di riflessione non mancano ma alcuni dettagli sembrano sfuggenti e poco definiti: forse in attesa di una seconda stagione chiarificatrice?
Anche la regia, questa volta sapientemente, spesso opta per una camera a mano dal sapore quasi documentaristico, sfalsando la messa a fuoco come per trascinarci in una condizione in cui i punti di riferimento rimangono offuscati e confusi, appesi al filo della suspence per ciò che si teme possa accadere.