Neumatt: recensione della serie TV Netflix

Il dramma rurale Neumatt è la storia di una famiglia di agricoltori, sconvolti da una tragica morte e costretti a fare i conti con i fantasmi del proprio passato. Dalla Svizzera, dal 13 maggio su Netflix.

Neumatt, dal 13 maggio 2022 su Netflix, è il titolo della nuova miniserie svizzera in otto episodi creata dalla produttrice e autrice Marianne Wendt, nota in patria per aver dato vita alle serie Marie Brand, Ultima traccia Berlino e Irish Crime. Ma Neumatt è anche e soprattutto il nome della fattoria al centro del racconto, un luogo che per anni ha tenuto insieme una famiglia e ora, dopo una morte improvvisa, riporterà a galla un passato di debiti, solitudine e incomunicabilità.

La trama di Neumatt

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Lontano da quella campagna ormai da tempo e pienamente inserito con successo in un’ azienda di Zurigo, il maggiore dei tre fratelli Wyss Michi è costretto per quel lutto a tornare a casa, lì dove ancora abita la mamma Katharina (Rachel Braunschweig), la nonna Trudi (Marlise Fischer), la sorella Sarah (Sophie Hutter) e il fratello Lorenz (Jérôme Humm). Sconvolto dalla vera natura di quella morte, non accidentale come voleva fargli credere la madre ma per un suicidio frutto di una depressione forse mai emersa, il trentaduenne Michi si trova così a valutare diverse opzioni riguardo la sopravvivenza della fattoria: venderla ad un’offerta piuttosto lucrativa o sacrificare la propria vita da business man e provare il tutto per tutto per saldare i debiti.

Dramma familiare apparentemente rassicurante ma intriso di una forte componente tragica, Neumatt si divide fra campagna e città per raccontare i legami inevitabili che vincolano la nostra esistenza: quelli degli errori ereditati dai genitori e le responsabilità sui fratelli e le sorelle minori che ci obbligano a diventare adulti. Il ritorno a casa forzato di Michi infatti, protagonista interpretato dal bell’attore Julian Koechlin (Mario, Wilder), sarà per lui e per il film stesso la messa a confronto con i fantasmi del passato, costretto in un ambiente rurale che non lo appagava fin da giovane e deciso ad allontanarsene per dare forma alla sua libertà ‒ seppure ora non privo di demoni interiori che lo perseguitano, come l’abuso di sostanze e la sua incapacità a legarsi emotivamente ad altri uomini.

Segreti di famiglia e sfide moderne dell’agricoltura europea

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Ma Neumatt non intende dipingere un ritratto ideale e sempre desiderabile delle fatiche quotidiane che comporta il mantenimento di mucche da latte e di strumenti per il foraggio. I dialoghi e alcuni passaggi fanno emergere una sorta di critica ponderata mossa all’industria casearia e alle sfide dell’agricoltura moderna, prendendo i Wyss come esponenti di quelle categorie di lavoratori molto spesso lasciate sole dalle istituzioni e costretti a sacrifici che talvolta non ripagano dell’impegno compiuto.

Una raffigurazione cruda, realistica e al tempo stesso riconciliante della natura rimasta incontaminata dai vizi delle grandi metropoli, che ricorda in parte quella di God’s Own Country, esordio alla regia di Francis Lee e del dramma britannico The Levelling. Pellicole in cui il confinamento nelle terre agricole e la routine a contatto con gli animali o le coltivazioni portavano con sé sia l’incorruttibilità dei caratteri imperturbabili e poco inclini a inutili sentimentalismi (come qui vediamo essere soprattutto la madre Therese) e quell’alone di frustrazione e infelicità che permea l’indole di chi, in quelle terre brulle, ci vive ancora.

Neumatt è una serie che scava in quell’insoddisfazione e in quella fatica per portare a galla i segreti di famiglia, chiusi in un fienile e nei cassetti di una cucina con i quali prima o poi si è costretti a fare i conti.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8

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