No Good Deed: recensione della serie TV Netflix con Lisa Kudrow

Una serie che sconvolge e coinvolge, portando chi guarda su un treno che spesse volte deraglia e mostra un altro binario.

Arriva su Netflix il 12 dicembre 2024 No Good Deed, serie di Emmy Liz Feldman (Dead to me – Amiche per la morte) che, mentre davanti alla camera troviamo, oltre all’ex Phoebe di Friends, anche Denis Leary (Rescue Me), O.T. Fagbenle (The Handmaid’s Tale) e Ray Romano (Tutti amano Raymond), racconta la storia di una coppia che sta cercando di vendere la villa in uno dei quartieri più ricchi di Los Angeles. Si scopre però presto che dietro a quella casa, quella vita da sogno, quella persone perfette si nascondono misteri e segreti oscuri. Se la casa è spesso il luogo più rappresentativo della storia di una famiglia, felice o tragica che sia, qui acquista un valore importante perché Lydia Morgan (Lisa Kudrow) e suo marito Paul (Ray Romano) hanno un bagaglio pesante, tanti ricordi, giornate spensierate ma anche dolori e tragedie, lì è successo qualcosa che li ha cambiati per sempre. I coniugi dovranno indagare, scavare e noi con loro per capire, comprendere meglio la situazione.

No Good Deed: un racconto che ha tante nature

Paul e Lydia Morgan sono pieni di debiti dopo aver acceso un doppio mutuo in una zona residenziale. Lei è stata una grande pianista affermata e acclamata ma ora un problema di salute rischia di fermare la sua carriera. Decidono quindi di mettere quella casa – lì, dove Paul era nato e cresciuto e ha costruito il suo nido con sua moglie e i suoi figli, pieno di ricordi sia felici che molto tristi, inoltre è anche successo qualcosa che ha distrutto la famiglia – sul mercato per guadagnarne il più possibile e provare a risolvere i propri problemi. La casa è un topos narrativo negli horror, spesso infestato da presenze che l’hanno abitata e vissuta, diventa mostro perché tra quelle pareti accade di tutto. Nelle comedy è il luogo di ritrovo per eccellenza, come la riunione familiare del pranzo della domenica, set perfetto per litigi, nascita d’amori, scontri e equivoci. No Good Deed è un po’ tutto questo e molto altro perché la serie ha la capacità di amalgamare con naturalezza una varietà di generi, creando un equilibrio narrativo che sorprende e intriga e tiene lo spettatore dall’inizio alla fine.

Potrebbe sembrare una sorta di thriller psicologico, lo è per certi versi ma è anche qualcos’altro perché è capace di sovvertire le aspettative grazie a un accurato lavoro di scrittura: è una commedia nera che gioca con momenti in cui ad avere la meglio è la tensione, altri in cui si dà avvio a riflessioni profonde attraverso scene molto emotive. Potrebbe perfino essere un racconto sulla famiglia, sulla coppia, sulla vita e sulla morte perché ad essere al centro di tutto ci sono non solo Paul e Lydia ma anche i possibili compratori della casa. 

Ciascun nucleo ha i propri problemi, la proprie fragilità e segreti, tenuti nascosti dietro a porte blindate, difficili da tenere lì dentro per sempre, tutti loro pensano che quella casa potrebbe essere la soluzione di tutti i problemi. C’è l’attore delle soap opera in caduta libera JD Campbell (Luke Wilson) che vuole far felice la nuova compagna, Margo (Linda Cardellini). C’è la coppia di neosposi, Carla (Teyonah Parris) e lo scrittore Dennis (il sempre più poliedrico O-T Fagbenle) che stanno aspettando l’arrivo del loro primo figlio. Ci sono Leslie (Abbi Jacobson) e Sarah (Poppy Liu) che dopo aver rinunciato alla fecondazione in vitro aspira ad un futuro roseo in quella casa.
Chi avrà la meglio?

Racconto di famiglie, di misteri e di dolori nella serie TV Netflix con Lisa Kudrow

Tutto ruota intorno ai Morgan e alla loro abitazione, un vero e proprio personaggio, luogo che diventa cuore pulsante della storia stessa, e grazie a loro, alle dinamiche che si instaurano, ai cambiamenti d’opinione, di idee, la narrazione si fa spesso commedia nera coinvolgente, capace di intrattenere lo spettatore e di farlo anche riflettere. 

A risultare particolarmente riuscita è la tensione tra Paul e Lydia, lontani ma uniti per forza di cose, estranei quasi eppure dipendenti l’uno dall’altra, bisognosi l’uno dell’altra eppure pronti a pizzicare e a ferire l’altra persona perché in qualche modo ciò che si ha dentro deve uscire. Loro sono persone che sopravvivono, che vanno avanti senza nessun tipo di spinta, sono gusci di persone che infestano una proprietà che forse non riescono a lasciare.

La morte del figlio avvenuta in quella casa diventa una bomba a orologeria che mette in campo sentimenti, drammi, strazi di due genitori che vivono in maniera diversa questa lama infilzata nel cuore da quel giorno. Se la madre si appiglia a qualsiasi cosa pur di sentire ancora la presenza del figlio, il padre invece cerca di “dimenticarsene”, non parlandone, ma avendolo sempre nella testa e nel cuore. Questa morte è l’altra direttrice su cui corre No Good Deed.

No Good Deed: valutazione e conclusione

Nel corso degli otto episodi, lo spettatore entra nel gorgo dell’esistenza di Paul e Lydia, nel loro dolore e nell’accettazione del dolore, la tensione sale man mano che gli acquirenti in competizione scoprono di più su quanto accaduto nella casa dei Morgan, che rappresenta uno scandalo per il pubblico e una tragedia intima e profondamente dolorosa per Paul e Lydia. No Good Deed sconvolge e coinvolge, portando chi guarda su un treno che spesse volte deraglia e mostra un altro binario. Liz Feldman gioca bene con i toni, con i generi e tutto si nota nell’arco narrativo dei personaggi. L’ironia non intende strappare un sorriso ma intende essere uno strumento per svelare verità più profonde sui personaggi e le loro motivazioni, riuscendo però solo a tratti.

Fieldman trasforma i momenti più drammatici in opportunità, relazioni, rapporti, identità. Temi universali come la famiglia, l’identità e il desiderio di appartenenza sono fondamentali e sono trattati con delicatezza, rendendo la serie un racconto stratificato. Importanti sono anche le interpretazione dei due attori: Kudrow è perfetta e fa vivere Lydia dentro la fragilità, il dolore e la rabbia a volte, Romano è giusto nell’incarnare un uomo che non sa gestire il suo strazio. 

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8

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