Non lasciarmi cadere: recensione della miniserie Netflix
La recensione della miniserie svedese tratta dal romanzo Deliver Me di Malin Persson Giolito, disponibile su Netflix dal 24 aprile 2024.
C’è del marcio in Svezia direbbe qualcuno di molto noto se al posto della vicina Danimarca di shakesperiana memoria ci si sposasse nella Stoccolma dei giorni nostri, per la precisione alle sue porte nel sobborgo popolare di Våringe, laddove è ambientata la miniserie in cinque episodi (da 40 minuti circa cadauno) Non lasciarmi cadere che Amanda Högberg e Alex Haridi hanno tratto dal romanzo Deliver Me di Malin Persson Giolito, disponibile su Netflix dal 24 aprile 2024. Di gatte da pelare e problematiche rilevanti a quanto pare da quelle parti ce ne sono diverse da affrontare e provare ad arginare se si pensa ad altri progetti audiovisivi sulla lunga distanza come Snabba Cash o Quicksand. Tra queste c’è anche la criminalità minorile e il fenomeno crescente delle baby gang, una realtà scomoda e spaventosa che sta raggiungendo numeri davvero preoccupanti e che ha come vittime dei bambini soldato attirati in “guerra” dall’illusione di una vita di rispetto, potere e soldi facili, destinata a trasformarsi loro malgrado in una condanna senza fine e in moti casi a morte. Ne sanno qualcosa i due protagonisti dello show diretto da Anna Zackrisson, Billy e Dogge, due ragazzini amici da sempre che si ritrovano a lavorare per malavitosi locali poco più grandi di loro ma già spietati. Armi, alcol, furti e droga fanno parte della loro quotidianità e fuggire da questo ambiente diventa impossibile, tanto che quello che era iniziato come un gioco da adulti dove vigono regole crudeli diventerà ben presto un tritacarne che finirà con lo schiacciarli.
Non lasciarmi cadere è un romanzo criminale di (de)formazione
Che la storia raccontata non avrà un lieto fine lo si capisce già dai primissimi minuti quando il corpo senza vita di Billy trivellato di colpi viene rinvenuto nella zona portuale. E altrettanto velocemente viene comunicato allo spettatore che a ucciderlo è stato proprio il suo migliore amico Dogge, arrestato dalla polizia e dagli agenti che seguiranno il caso, tra cui l’agente Farid Ayad che conosceva sia la vittima che il carnefice sin dalla tenera età e le rispettive famiglie Da qui il suo coinvolgimento emotivo e il bisogno di scoprire cosa sia realmente accaduto la notte dell’omicidio. Motivo per cui non siamo qui a spoilerare nulla che non sia stato ampiamente dichiarato nei frangenti iniziali dell’episodio inaugurale. Il perché lo abbia fatto invece come è giusto che sia lo lasciamo alla visione dei restanti capitoli di quello che è a tutti gli effetti un romanzo criminale di (de)formazione che, attraverso una struttura narrativa non lineare divisa fra presente e passato, cause e conseguenze, ricostruisce la vicenda a ritroso come in un mosaico i cui tasselli una volta collocati restituiscono il quadro generale, portando la verità a galla. Qualcuno potrebbe avere armato la mano di Dogge? Alla fruizione di Non lasciarmi cadere l’ardua sentenza. Una cosa però la possiamo dire: la visione sarò puntellata da plot twist e da momenti di forte tensione come quelli ai quali si assiste nella scena del supermarket che chiude il terzo episodio, autentico spartiacque per la linea orizzontale del racconto. Se poi gli attori chiamati in causa tra cui Ardalan Esmaili, Yusra Warsama e i giovanissimi Olle Strand e Yasir Hassan, offrono delle interpretazioni intense e coinvolgenti, allora la temperatura emotiva non può che salire fino a toccare punte febbrili.
La scrittrice del romanzo e gli autori della miniserie mescolano senza soluzione di continuità i codici genetici e gli stilemi del crime, del thriller e del dramma sociale
Mescolando senza soluzione di continuità i codici genetici e gli stilemi del crime, del thriller e del dramma sociale gli autori, attingendo dalla materia prima letteraria, hanno dato vita a una serie toccante e fin troppo verosimile che affronta in modo esplicito un tema tanto attuale quanto difficile. La mente torna in tal senso a La paranza dei bambini, la pellicola che Claudio Giovannesi ha tratto qualche anno fa dall’omonimo bestseller di Roberto Saviano e per certi versi anche a moltissime dinamiche di Mare fuori. Questo per ribadire purtroppo che tutto il mondo e paese. Ma ciò che la scrittrice e avvocatessa svedese prima e la connazionale regista poi, con il supporto degli sceneggiatori, hanno voluto fare è stato restituire allo spettatore di turno un ritratto del potere dell’amicizia d’infanzia e al tempo stesso una rappresentazione sconvolgente di ciò che accade quando una società non riesce a proteggere coloro che ne hanno più bisogno. Ed è seguendo queste due direttrici che si intersecano alimentandosi a vicenda che ha preso forma e sostanza una miniserie che non può lasciare indifferente chi la guarda, anche per il campanello d’allarme che la visione fa suonare e il cui eco si propaga anche nella vita reale e centinaia di km di distanza.
Non lasciarmi cadere: valutazione e conclusione
La piaga delle baby gang diventa il tema centrale della miniserie svedese tratta dal romanzo Deliver Me di Malin Persson Giolito, un romanzo di (de)formazione criminale che mescolando i codici di genere porta sugli schermi un racconto toccante quanto sconvolgente. La struttura frammentata e non lineare rende la fruizione coinvolgente e dai risvolti mai scontati, con picchi di tensione e drammaticità che alzano la temperatura emotiva del racconto. A questo contribuiscono anche le intense, realistiche e partecipi interpretazioni di un cast formato da giovanissimi esordienti di sicure prospettive e attori affidabili e di grande esperienza come l’iraniano naturalizzato svedese Ardalan Esmaili. Il loro lavoro davanti la macchina da presa è prezioso e consente alla regista Anna Zackrisson e ai suoi collaboratori di concentrarsi su una confezione che a conti fatti risulta di buona fattura, in linea con gli standard tecnici richiesti da Netflix.