Non sei niente di speciale: recensione della serie TV Netflix
Amaia è una giovane liceale che dalla frenetica Barcellona si trasferisce nella periferica Salabarria, paesino natale della sua famiglia materna e della misteriosa nonna: Non sei niente di speciale inizia con queste premesse la sua avventura narrativa, ambientando le vicissitudini della protagonista in un ambiente quasi sospeso nel tempo, in cui sono ancora in tanti a portare avanti vecchie tradizioni e credenze. A quanto pare, a quanto le riferiscono i nuovi amici, proprio Amaia potrebbe essere portatrice delle magiche capacità per le quali era famosa la nonna recentemente defunta, meglio definita come “l’unica strega mai vissuta a Salabarria”. In sei episodi di circa 35 minuti ciascuno, Non sei niente di speciale esplora il viaggio di Amaia attraverso i vecchi segreti di famiglia e la scoperta di un mondo tanto antico quanto nuovo, per una “giovane ragazza di città” come lei (cosí la chiamano gli amici).
Non sei niente di speciale: le location sono le vere protagoniste della serie Netflix
Non sei niente di speciale ha prima di tutto un grande pregio, che va al di là di qualunque considerazione narrativa e stilistica. Sceneggiatori e fotografi hanno saputo trarre il meglio dalle ambientazioni e dalle scenografie, rendendo un piccolo paese di provincia un vero e proprio protagonista della serie; non tanto come presenza fisica entro cui si svolgono le avventure dei personaggi, ma soprattutto come entità astratta, una realtà spirituale che alterna costruzioni e boschi, invadenti tradizioni popolari e quotidiani doveri scolastici.
Disponibile solo in lingua originale (spagnolo con qualche innesto di catalano) sottotitolato in italiano, questo nuovo titolo del catalogo Netflix concilia un formato insolito per questa tipologia di serie spagnole, indirizzandosi a un pubblico molto giovane senza rinunciare ad alcune incursioni nel mondo familiare di Amaia e di sua madre e nei problemi dei pregiudizi che affliggono la piccola Ona o, ancora, gli attacchi omofobi che colpiscono Javi. La narrazione resta lineare per tutta la durata della prima stagione di Non sei niente di speciale permettendo una fruizione semplice e senza pretese, senza lanciarsi in approfondimenti psicologici onestamente fuori dalla sua portata. In questo modo viene garantito un rapporto semplice e immediato tra serie e spettatore, legato a doppio filo alla stessa Amaia che presta i suoi pensieri come voce narrante degli episodi (a tratti sostituita da quella di altri personaggi), pronti a guidarci nei retroscena sia della vita adolescenziali della protagonista (tra scuola e prime infatuazioni) sia nella scoperta dei supposti poteri magici in suo possesso.
La serie con Délia Brufau colpisce nel segno e raggiunge i suoi obiettivi
Musica e contenuti social accattivanti denunciano subito l’intento di Non sei niente di speciale di avvicinare una dimensione di interazione che superi quella dello schermo di Netflix e, a quanto pare, il risultato parrebbe essere stato centrato, mescolando ogni tipologia di social ed engagement in una sorta di richiamo transmediale. Délia Brufau interpreta Amaia, la protagonista, e dà vita a un personaggio carico di vitalità e gioia, di empatia e di capacità di legare subito con gli altri personaggi principali che la circondano, ma anche con il pubblico che la segue oltre lo schermo. Alla fine della serie il dubbio sulle reali possibilità di Amaia non viene completamente dissipato, ma poco importa, visto che nel corso della narrazione il fulcro si sposta piuttosto sul modo in cui la protagonista riesce a incorporare i poteri nella sua vita da adolescente. Sul futuro della serie non ci sono ancora notizie certe, anche se nel finale della prima stagione, tutto lascia presagire un probabile sviluppo di alcuni nodi narrativi appena introdotti.