Obi-Wan Kenobi: recensione dei primi due episodi della serie Disney+
Obi-Wan Kenobi è una serie matura, nostalgica e carica di tensione. Il ritorno di Ewan McGregor nei panni del famoso maestro Jedi è una gioia per gli occhi e un colpo al cuore
Il tempo dei Jedi è finito. La caduta dell’ordine e della Repubblica su tutto ha portato la propria ombra. La galassia è ora in balia della mano di ferro dell’impero, e coloro che sono sopravvissuti si nascondono nei meandri di pianeti lontani. Il lato oscuro ha vinto, annebbiando prima la mente dei maestri Jedi, arrivati a una tale compiacenza ed arroganza da non accorgersi della trama che Darth Sidious aveva creato intorno a loro. Il tempo dei Jedi è finito, questo ripete un affranto Obi-Wan Kenobi nella nuova serie originale di Disney+. Ewan McGregor torna a vestire i panni del famoso cavaliere Jedi dopo 17 anni, da quel Star Wars: La vendetta dei Sith che segnò la conclusione della trilogia prequel. I fan di tutto il mondo hanno chiesto a gran voce un suo ritorno, soprattutto dopo il lancio della piattaforma e la nascita dell’universo televisivo live action di Star Wars. Ora l’attesa è finita.
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The Mandalorian ha dato il via ad una prolifica produzione di contenuti ambientati nella galassia lontana lontana, arrivando a The Book of Boba Fett e ai futuri Andor e Ahsoka. Tuttavia, ora è il momento di Obi-Wan Kenobi che esordisce su Disney+ con un doppio episodio ad alto carico di nostalgia. La serie, composta da sei puntate, è ambientata dieci anni dopo l’ordine 66 e prima di Una nuova speranza. È un sequel, un prequel e uno spin-off allo stesso tempo. La regia di Deborah Chow ci porta nella vita di Kenobi dopo la sconfitta dell’ordine Jedi. È un uomo affranto, spezzato, bloccato dalle colpe del passato. Gli incubi lo riportano indietro, a quel momento fatidico in cui ha perso il proprio allievo, un fratello che ha cresciuto fin da piccolo. Il rimpianto lo porta ad isolarsi da tutto e tutti, mentre gli inquisitori Sith fanno piazza pulita dei Jedi rimasti. Quello che vediamo non è più l’Obi-Wan che abbiamo imparato a conoscere e ad amare, ed è giusto così.
Obi-Wan Kenobi e il ritorno di Star Wars su Disney+
Come dicevamo, Obi-Wan Kenobi è ambientata dieci anni dopo gli eventi de La vendetta dei Sith. Il Jedi si fa chiamare ora Ben, esattamente come nella trilogia originale. Un nome, una copertura. L’uomo conduce una misera vita su Tatooine, dove la routine la fa da padrone. Ogni giorno si alza, lavora, torna a casa e poi controlla il giovane Luke Skywalker. I giorni sembrano essere tutti uguali. Nella galassia gli inquisitori Sith danno la caccia a coloro che sono scampati all’ordine 66. Questi arriveranno sul pianeta, alla ricerca di un Jedi fuggitivo. Questo metterà temporaneamente a rischio la copertura di Ben, ma sarà solo un pretesto per mostrarci un personaggio chiave come lo zio Owen, interpretato anche qusta volta da Joel Edgerton. Non solo, la scena iniziale del primo episodio introduce anche la minaccia della serie, Reva. Quest’ultima è la terza sorella, un’inquisitrice Sith interpretata da Moses Ingram.
Ma la grande scoperta del primo episodio è la piccola Leia Organa, in realtà gemella di Luke e figlia di Anakin Skywalker e Padme Amidala. La giovane mostra già il carattere ardente che contraddistinguerà il personaggio nella saga di Star Wars. La giovane verrà rapita da un gruppo di mercenari al soldo di Reva, in realtà alla ricerca di Obi-Wan. Il piano è quello di stanarlo, utilizzando come esca la figlia di un suo vecchio amico, Bail Organa. Kenobi lascerà così a casa le vesti dell’eremita Ben, e andrà alla ricerca della principessa Leia. Vi ricorda qualcosa? Non avete tutti i torti. Infatti l’incipit di Obi-Wan Kenobi è un chiaro rimando alle origini di Star Wars, a quell’iconico: “Aiutami, Obi-Wan Kenobi, sei la mia unica speranza”.
La sceneggiatura compie un parallelismo tra le due opere, e lo fa con eleganza e riguardo verso il lascito di George Lucas. A molti potrebbe sembrare puro fan service, in realtà è un modo intelligente di costruire la storia e di far lasciare Tatooine al nostro eroe. Questa non è l’unica citazione presente nei primi episodi, ma ci arriveremo più avanti. Obi-Wan Kenobi dimostra fin da subito una scrittura matura e ben ponderata, lontana da quel pastrocchio che è stato The Book of Boba Fett. La storia fila veloce, come dotata di un iper-propulsore. Scorrevoli, nostalgici e a tratti emozionanti. Ci sentiamo di descrivere così i primi due episodi della serie. La patina visiva di un vecchio Star Wars ritorna preponderante nella storia, dalle sabbie di Tatooine ai pianeti degradati dell’orlo esterno. Ma colui che attrae come un magnete lo schermo è lui, Ewan Mcgregor.
La serie è un viaggio di redenzione e perdono
Obi-Wan Kenobi sembra essere morto insieme all’amico e fratello. Egli ha fallito con il proprio pupillo, ha riposto in lui tutte le sue speranze, per poi vederle cadere in frantumi. Su Mustafar il maestro Jedi ha pensato veramente di aver ucciso Anakin Skywalker, e quella colpa lo affligge nel sonno come un demone del passato. Nascosto su Tatooine, Kenobi è un uomo che ha perso la fede, la soppressa in nome della sopravvivenza. Non può usare la forza, men che meno la spada laser. Tutto ciò che lo contraddistingueva è stato sepolto nella sabbia. La compassione e la gentilezza hanno lasciato il passo ad un freddo cinismo. Anche difronte alla richiesta d’aiuto di un altro Jedi, l’uomo si dimostra inamovibile. Come Anakin Skywalker è diventato Darth Vader, Obi-Wan si è trasformato nel semplice Ben. Una duplice trasformazione, che sappiamo essere reversibile.
Soltanto il grido d’aiuto di Bail Organa porterà Obi-Wan a lasciare il pianeta alla ricerca di Leia, quanto di sé stesso. La strada di Obi-Wan Kenobi è composta da mattoni di redenzione e di perdono; l’uomo deve perdonare sé stesso. Tra lui e tale strada si frappongono i Sith, il nemico ancestrale dei cavalieri Jedi. Questi vengono incarnati dal Grande Inquisitore, che arriva qui in live action dopo la sua comparsa in Star Wars: Rebels, e da Reva. Questi definisco il vecchio maestro come “l’ultima fiamma di un’epoca morente”. Gli danno la caccia alla stregua di una bestia, accecati dalla feroce rabbia del loro maestro, Darth Vader. Il finale del secondo episodio è carico di pathos, con un Obi-Wan i cui occhi vengono aperti dalla scoperta che Anakin è vivo.
Tale rivelazione peserà come un macigno sul personaggio, e siamo curiosi di scoprire come reagirà alla scoperta. Lo vediamo rifuggire dal vecchio addestramento, combattendo senza mai sfoderare la spada laser. È come se Kenobi non si sentisse più degno di maneggiarla. Combatte a mani nude, usa senza successo i blaster e a più riprese viene ricoperto di colpi. Al contrario il suo nemico non si fa scrupoli ad utilizzare tutto il suo potere. Reva, in particolare, sembra essere una Sith molto dotata, ma incauta e accecata da una furia inaudita. Purtroppo tutta la sua forza e la fiammeggiante spada rossa niente varranno contro una bambina di dieci anni e uno stanco Obi-Wan.
Quello di Obi-Wan Kenobi si dimostra un ottimo esordio
Oltre a Ewan McGregor, un altro fattore davvero interessante di Obi-Wan Kenobi è la controparte rappresentata dai Sith. Il più delle volte, nei prodotti Disney, i villain sono mere macchiette alla mercé della scrittura. Qui, invece, gli inquisitori sembrano essere ben delineati e strutturati sui canoni che li hanno contraddistinti: feroci e inaffidabili. La storia stessa di Darth Sidious dimostra come la controparte dei jedi non si faccia scrupoli ad uccidere i propri maestri e innocenti. Le regole, per loro, sono solo catene pronte ad essere distrutte. Reva non è da meno, ma le motivazioni dietro le sue azioni sembrano essere radicate nel suo passato. Tutti loro sono figli della rabbia di Darth Vader, ne sono stati corrotti e marchiati, come dei figli su cui ricadono le colpe dei padri. Ma veniamo ora al comparto visivo.
La tecnologia Stagecraft è ormai un marchio di fabbrica di Star Wars. Eppure, con Obi-Wan Kenobi il salto qualitativo è davvero eccezionale. La CGI è ben realizzata e amalgamata al racconto, non si avverte mai una spettacolarizzazione fine a sé stessa. Duelli e sparatorie sono ben costruiti, seppur con qualche piccolo e minuscolo errore. Il consueto hype intorno alle serie di Disney+ era calato drasticamente dopo The Book of Boba Fett, e le incertezze sulla nuova serie erano molte. Ma dobbiamo dire che sono state spazzate via con la forza di un maestro Jedi. Bisogna sperare che tale livello, narrativo quanto visivo, si mantenga fino alla fine. CGI a parte, i due episodi contengono vari riferimenti alla saga e introducono un personaggio che spariamo di rivedere ben presto. Ebbene sì, ci riferiamo al finto Jedi interpretato da Kumail Nanjiani, il Kingo di Eternals.
Nanjiani è il comedy relief di Obi-Wan Kenobi, l’attore sprizza scintille da ogni poro e ogni scena con lui è pura ilarità. Allo stesso modo possiamo approcciarci alla piccola Leia Organa, per quanto in modo diverso. La giovane dimostra un’intelligenza fuori dal comune per una persona della sua età, e le sequenze che la coinvolgono si dimostrano estranianti. Se ci basiamo sulla sospensione d’incredulità, il carattere di Leia è molto simile a quello di Anakin in La minaccia fantasma. La forza rende i più piccoli molto sensibili alle emozioni umane, e quindi più propensi ad una crescita accelerata del pensiero. Vista in questo modo, il comportamento di Leia potrebbe non sembrare così strano.
Detto ciò, Obi-Wan Kenobi si dimostra una vera sorpresa, lanciandoci addosso una vasca di commovente nostalgia, a partire dal recap della trilogia prequel. Siamo difronte ad un prodotto coerente con la mitologia di Star Wars, seppur con qualche retcon, e l’immaginario collettivo dei fan. I due episodi che danno forma all’esordio della serie si dimostrano i più intriganti da quell’intrigante prima stagione di The Mandalorian. Ora non possiamo che aspettare con trepidazione i prossimi episodi.
Obi-Wan Kenobi è una miniserie evento composta da sei episodi. I primi due sono stati rilasciati su Disney+ il 27 maggio, mentre i restanti usciranno a cadenza settimanale ogni mercoledì sulla piattaforma.