Operazione speciale: Lioness – recensione dei primi episodi della serie Paramount+
Operazione speciale: Lioness è una serie che si presenta per ciò che è, non fa sconti, non si mostra in un modo per poi mostrare il suo vero volto.
Kobanî, Siria settentrionale. Joe (Zoe Saldaña) è alle strette: una sua agente sotto copertura è stata trovata dagli jihadisti dell’Isis, ora è in pericolo di vita, e Joe deve decidere cosa fare. Attaccare via terra e così liberare la sua infiltrata o scatenare un bombardamento aereo, eliminare il nemico, portando a termine la missione, ma perdendo così un’agente? Un bivio, un aut aut. Inizia così Operazione speciale: Lioness, la serie di Taylor Sheridan, padre di grandi successi come Tulsa King, 1923, Yellowstone, entrata nel catalogo Paramount+ il 23 luglio 2023 con i primi 2 episodi – degli 8 totali che usciranno poi ogni domenica – di un prodotto che mette insieme azione, adrenalina, guerra e spionaggio. Sheridan, abituato a narrare un mondo al maschile, forte e coraggioso, intento a proteggere una Lei, qui racconta le donne che si spingono oltre i loro limiti per salvare la Nazione, un’America buona e che fa del bene, e difendere i più deboli.
Operazione speciale: Lioness. Un’unità al centro di un racconto
Operazione speciale: Lioness prende le mosse da una storia vera, il progetto militare realmente messo in atto dall’intelligence USA in Medio Oriente, a partire dall’11 settembre 2001. Il nome in codice è Lioness, unità speciale femminile d’élite reclutata nei ranghi dei Marines. Sheridan, ispirato da ciò, narra la missione di queste infiltrate che, sotto copertura, devono familiarizzare con le mogli o le figlie dei più pericolosi leader del terrorismo islamico, localizzare il nascondiglio del bersaglio e eliminarlo. Le due donne protagoniste sono Joe, esperta marine responsabile delle Lioness, e Cruz Manuelos, una giovane donna con un passato difficile. Joe deve trovare una nuova candidata per entrare nel gruppo e chi meglio di Cruz che ha sfondato la porta di un ufficio di reclutamento mentre scappava dal suo ragazzo violento. Cruz è forte, coraggiosa, non si vuole far mettere i piedi in testa, durante le esercitazioni e i test fisici fa tempi ottimi, vuole essere trattata come un uomo. Con il volto pieno di ematomi e di segni, con un bagaglio di violenza subita, a cui ormai è abituata, Cruz è pronta alla battaglia, non retrocede, mai, non abbassa la testa, è come quegli animali spaventati e selvatici che soffiano e azzannano se viene attaccata. Quando la donna viene scelta da Joe, lei è pronta, le viene data una nuova identità, deve diventare amica della figlia del bersaglio, Aaliyah.
Cruz e Joe instaurano un rapporto complesso, si scontrano, l’una dà gli ordini e l’altra non è sempre pronta ad accettarli, l’una tiene al guinzaglio, l’altra vuole liberarsi, le due potrebbero o legarsi in maniera profonda o diventare l’una la nemesi dell’altra.
Una ideologia che supporta una storia, due donne coraggiose che rientrano forse troppo nello stereotipo
Cruz è uno di quei personaggi femminili stereotipati che spesso si vedono: è tanto forte da non avere emozioni, è tanto dura da non venir scalfita da nulla, è sola e quindi non teme di perdere la vita; è sì maschile ma è anche sensuale – negli episodi viene detto chiaramente ciò. In un flashback lo spettatore l’ha vista fuggire da un fidanzato violento, dopo averlo colpito con una padella e, incredibilmente, l’unica porta in cui riesce ad entrare è quella del centro di reclutamento del Corpo dei Marines e lì decide di arruolarsi. Cruz racchiude tutte quelle contraddizioni sociali che riguardano le donne: essere forti ma non troppo, carine ma non vanitose e infatti lei è dura ma anche vulnerabile, bella ma senza rendersene conto, talentuosa ma non così tanto da essere fastidiosa.
Dall’altra parte della barricata c’è Joe, la capa, colei che dà gli ordini, che deve prendere le decisioni su due piedi – e devono essere quelle giuste -, e che a casa ha un marito, dipinto come arrendevole e comprensivo, ed è madre – qui si costruisce tutto un discorso sulla maternità. Se la figlia più grande mal sopporta l’assenza della madre, comprende molto bene quella del padre, se ama il padre e lo ammira per il suo lavoro, odia la madre (lei però non sa di preciso quale sia il mestiere della genitrice). Lei è tutto ma è sempre in bilico tra lavoro e vita, in procinto di arrivare per poi subito ripartire. In famiglia è una donna morbida anche se severa, al lavoro è rigida, algida perché così deve essere.
Loro devono rappresentare la rettitudine, la serietà, il coraggio e infatti Operazione speciale: Lioness costruisce, o ambisce a costruire un mondo manicheo: l’America buona, i terroristi cattivi, un’unità forte che protegge i deboli. Le donne sono qualificate per il combattimento (in alcuni casi nei dettagli punitivi) ma non affrontano direttamente i terroristi.
Lo show è chiaramente e sfacciatamente di propaganda militare, e tale retorica può essere fastidiosa per chi questa “lingua”, con un altrettanto chiaro approccio ideologico, non conosce o non vuole conoscere. Sheridan porta in scena un universo narrativo specifico, una società e un’ideologia specifiche con valori di un certo tipo: per la causa si compie qualsiasi cosa, per preparare le sue infiltrate Joe fa di tutto. La violenza di ogni tipo, la spietatezza fanno parte della grammatica militare – non per questo però deve essere digerita dallo spettatore – e Joe la conosce perfettamente, Sheridan mostra donne che portano al pubblico i valori di resistenza, coraggio, rabbia violenta come per dimostrare la loro indipendenza e emancipazione ma poi hanno nomi unisex se non maschili, Joe, Cruz e molte altre figure femminili hanno questa strana caratteristica. Non c’è spazio per le sfumature, tutto giustifica persino le operazioni più spietate per salvare gli Stati Uniti.
Operazione speciale: Lioness – valutazione e conclusione
Operazione speciale: Lioness è una serie che si presenta per ciò che è, non fa sconti, non si mostra in un modo per poi mostrare il suo vero volto.
Le figure femminili sono forti ed emancipate, replica però un archetipo, quella della donna che ricopre un ruolo maschile e non è una donna soldato, che è ben diverso. La violenza che innerva la serie è a tratti fin troppo faticosa. non tanto per il sangue versato ma per l’ideologia su cui si fonda – pensiamo a quando Cruz viene presa da un misterioso nemico. Operazione Speciale: Lioness è sicuramente una serie matura, ben consapevole della propria identità, coerente con sé stessa e con tutto il lavoro di Taylor Sheridan. La serie sceglie un cast stellare: Laysla De Oliveira (Lock and Key), Zoe Saldaña (Avatar e Guardiani della Galassia), Michael Kelly (House of Cards, Man of Steel) e, soprattutto, due premi Oscar, Nicole Kidman e Morgan Freeman.
Ci sono alcune cose che infastidiscono, il ritmo a volte fin troppo lento, che spinge a guardare l’ora, l’ideologia che inevitabilmente può irritare, il modo in cui Sheridan “usa” le sue infiltrate e la sua capa.