Outer Range: recensione in anteprima della serie Prime Video con Josh Brolin
Su Prime Video il western incontra lo sci-fi mistery in Outer Range, di cui abbiamo visto i primi quattro episodi in anteprima.
È un incontro di generi, storie e suggestioni quello di Outer Range, la serie di Prime Video ideata da Brian Watkins in uscita sulla piattaforma il 15 aprile 2022. Il western contemporaneo abbraccia il mistero e lo sci-fi introspettivo della serialità degli ultimi anni. Il comune denominatore lo si riscontra nel volto duro di Josh Brolin, protagonista della storia. È lui a condurci per mano in questa fusione, lui che ha impersonato il Llewelyn Moss di Non è un paese per vecchi e il Tom Chaney de Il Grinta. Non solo, ha impersonato Jonah Hex nel film omonimo di Jimmy Hyward ed è stato tra i protagonisti della saga sulla frontiera americana di Taylor Sheridan (Sicario, Soldado). Brolin ha anche vestito recentemente i panni di Gurney Halleck nel Dune di Denis Villeneuve. Insomma, l’attore incarna perfettamente il volto dei due mondi.
Eppure, questo è solo uno dei punti interessanti di Outer Range, perché la peculiarità della serie è il suo intrecciarsi a molti dei prodotti usciti di recente. La trama, almeno quella inziale, è molto simile a quella di The Son – Il figlio: la faida tra due famiglie di mandriani, un omicidio di mezzo e un luogo segreto oggetto del desiderio. La differenza, però, risiede nella ricerca del genere, e Outer Range si discosta dal western per scandagliare le vie della fantascienza, quella di Lost e di serie recenti come Dark. Il mistero come via per comprendere l’animo umano, l’impossibile visto attraverso gli occhi della realtà. La serie fa dell’immagine e del suono un unico mezzo espressivo, esse si fondono nella rappresentazione dei personaggi. La colonna sonora delinea delle figure grottesche, soprattutto nella famiglia Tillerson, nemici del Royal Abbott di Brolin. Ed è qui che risiede la genialità della serie: nel rendere più assurda la realtà della finzione.
Outer Range e la misteriosa voragine nella terra degli Abbott
La storia di Outer Range ci porta nel ranch degli Abbott, una famiglia di allevatori del Wyoming che verrà coinvolta in una rete di mistero, in cui il passato ha stretti legami con il presente e il futuro dei personaggi. Protagonista della serie è Royal “Roy” Abbott, patriarca della famiglia la cui vita si intreccerà con quella di Autumn (Imogen Poots), un’enigmatica e apparente campeggiatrice. L’uomo scoprirà infatti una strana voragine nelle sue terre ad ovest, un enorme buco che sembra trascendere lo spazio e il tempo e la cui origine è strettamente legata a quella degli Abbott e della famiglia rivale, i Tillerson.
Dopo una rissa fuori da una locale della città, i figli di Royal, Perry (Tom Pelphrey) e Rhett (Lewis Pullman), vengono coinvolti in un omicidio che metterà a dura prova la famiglia Abbott e il segreto di Roy. Nel frattempo nel paese iniziano ad accadere strani avvenimenti che sembrano essere legati a stretto filo alla comparsa della voragine. Outer Range piega il thriller familiare (quello alla Sons of Anarchy per intenderci) ad una scrittura incentrata sull’introspezione. I primi quattro episodi introducono le pedine in campo, i loro desideri e sofferenze. La sceneggiatura sembra centellinare le risposte sul portale, creando una mitologia della serie che sembra aprirsi a più stagioni. Brian Watkins crea la lore del suo Outer Range.
Tra austerità e grottesco, la differenza tra due famiglie
Come dicevamo, immagine e suono si mescolano senza soluzione di continuità in forti suggestioni sensoriali. La realtà intorno a Royal viene piegata secondo il suo personale punto di vista, in inquadrature distorte e interessanti dissolvenze. In Outer Range si danno il touch serietà e grottesco, a seconda del soggetto di riferimento. In casa Abbott si respira un’aria densa, colma di frustrazione e dolore. I silenzi tra i personaggi vengono colmati dai rumori di piccoli gesti. Al contrario, nella terra dei Tillerson il grottesco prende vita, le musiche sono quella della cultura pop-country e i protagonisti vengono ritratti come eccentrici, quasi trash; aspetto che ci ricorda molto Preacher. La narrazione alterna questi due aspetti, gettando la palla da tennis da un campo all’altro di personalità. È un gioco estraniante quello di Outer Range, che fa dell’alienazione di Royal il punto focale.
La scrittura si prende molto tempo nel creare il percorso dei protagonisti, concentrandosi maggiormente sull’omicidio che non sul mistero della voragine. Quest’ultima diventa quasi un cesto dell’immondizia, dove Royal sembra riversare i propri problemi e quelli dei figli. I primi quattro episodi, su un totale di otto, costruiscono la suspense in vista di un qualche svelamento finale o di un possibile cliffhanger. Molto di ciò che ci viene celato in realtà suggerisce delle facili interpretazioni, come un momento particolare del quarto episodio che avvicina Outer Range alla già citata Dark; ma soltanto il tempo ci darà ragione. Nel frattempo la serie sembra coinvolgere sotto molti aspetti, ma potrebbe perdere quegli spettatori inclini ad una narrazione più movimentata e adrenalinica. Tuttavia, lo sguardo marmoreo e austero di Josh Brolin potrebbe accontentare più fasce di pubbliche.
Outer Range e la mancanza di momenti di vera tensione
Josh Brolin, l’attore giusto per il ruolo. L’ex Brand dei Goonies riesce a cogliere perfettamente le varie sfumature del proprio personaggio. Royal è l’uomo silenzioso dalle mani callose, il ferreo padre di famiglia e personalità vecchio stampo poco incline all’esposizione delle emozioni, soprattutto con la moglie. Anche se nasconde un passato oscuro e diverse competenze quando si tratta di nascondere prove o di giocare d’azzardo. Sullo stesso piano recitativo troviamo anche il resto del cast, da un’interessante Lily Taylor nei panni di Cecilia Abbott a Will Patton in quelli di Wayne Tillerson. Quest’ultimo incarna l’uomo del ranch arricchito, tra pellicce d’orso, cappello da cowboy e collane d’oro. Patton fischia piacevolmente nella sua parlata del Wyoming.
Outer Range si avvale di un ottimo cast, capace di incamminarsi nelle varie vie scelte dal proprio showrunner. Ma non tutto è perfetto, e in alcuni momenti la sceneggiatura dilata a dismisura momenti facilmente risolvibili o spezza completamente la suspense. Per quanto il mistero sia ben lontano dall’essere risolto, mancano alcune scene shock. Sembra confrontandoci con una serie come Lost, uno dei momenti di maggior tensione e paura era quello in cui i passeggeri si rendevano conto di “non essere soli”. Quella singola frase è riuscita a far rizzare i peli delle braccia a chiunque. Ecco, ad Outer Range mancano i momenti che chiamiamo “non siamo soli”, quel fulcro di tensione e curiosità che ti trascina da un episodio all’altro. Che sia voluto o meno, questa è una delle pecche della serie di Brian Watkins, che comunque riesce a portare su Prime Video un prodotto non troppo originale, ma comunque interessante.
Outer Range, composta da otto episodi, debutta su Prime Video il 15 aprile con i primi due episodi, per poi uscire a cadenza settimanale con un doppio appuntamento.