Pagato per uccidere: recensione della prima serie prodotta da Sky Crime
La docu-serie ricostruisce 4 casi di 'delitti su commissione' che hanno sconvolto l'Italia negli ultimi 15 anni
Crimini violenti, delitti efferati, persone comuni atte a compiere omicidi per mano di terzi, e quindi le indagini, i processi, le testimonianze e il ricordo di storie che hanno paralizzato l’Italia in diversi momenti della storia recente. Pagato per uccidere è la prima produzione originale Sky Crime (canale 116 di Sky, 113 su Sky Glass e in streaming su NOW); una docu-serie che racconta il “delitto su commissione” ricostruendo 4 dei casi di omicidio più dibattuti degli ultimi 15 anni (a partire da quello di Ilenia Fabbri).
La scelleratezza umana viene narrata tramite il raccapricciante racconto dei crimini perpetrati da “chi ha deciso di uccidere senza guardare in faccia la morte“, con la sicura ed onnipresente guida della giornalista di cronaca nera Chiara Ingrosso, che ricostruisce ogni caso attraverso testimonianze e materiale d’archivio utilizzato durante i processi.
Prodotta da Loft Produzioni per A+E Networks Italia e diretta da Simone Manetti, la serie ideata dalla stessa Chiara Ingrosso, assieme a Matteo Billi, è disponibile in prima visione assoluta a partire dal 21 novembre, ogni martedì alle 22.00, solo su Sky Crime (i primi due episodi vengono distribuiti, in contemporanea, anche su Sky Documentaries).
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Pagato per uccidere: il primo atto
La docu-serie prende origine dal delitto di Faenza, quel delitto che la mattina del 6 febbraio 2021 sconvolse la provincia di Ravenna per l’omicidio di Ilenia Fabbri. La ricostruzione dei fatti avviene in maniera metodica, a partire da quella chiamata straziante avvenuta tra Arianna, figlia della vittima, e la sua ragazza, proprio in concomitanza dell’aggressione che avrebbe portato, di lì a poco, al tragico epilogo. Le indagini vengono successivamente scandagliate con attenzione: prima i video che hanno aiutato ad incastrare il pregiudicato Pierluigi Barbieri, poi la sua confessione che, unita alle registrazioni e alle intercettazioni telefoniche, ha permesso di provare la complicità, e quindi la colpevolezza, dell’ex marito della donna, Claudio Nanni, e infine il movente, il processo, la condanna e la soffocata disperazione di una figlia rimasta sola e segnata da una ferita impossibile da rimarginare.
Sentire il delitto
Pagato per uccidere ci porta a rivivere giorni drammatici della nostra storia, fatti di cronaca dimenticati o lasciati ai libri di storia, senza che una chiara e lucida ricostruzione potesse definirne tutti i tratti, in particolare quelli più spigolosi. Il lavoro di Matteo Billi e Chiara Ingrosso scava, invece, in profondità e ci riporta a quei momenti, ai passaggi chiave delle indagini che hanno portato alla risoluzione dei casi, mostrandoci moltissimo materiale d’archivio: i video dei processi, le riprese dei luoghi, le voci dei protagonisti. L’indagine del primo episodio ci è mostrata più per mezzo del suono che dell’immagine e, accanto alle testimonianze delle amiche più strette di Ilenia, chiamate a ricordarne l’indole vitale e generosa, ci viene data la possibilità di ascoltare le registrazioni sia delle chiamate avvenute prima tra la vittima e il suo ex marito e poi tra Arianna e la sua ragazza, sia alcuni stralci degli interrogatori a cui sono stati sottoposti l’omicida, Pierluigi Barbieri, e il suo mandante.
Pagato per uccidere: valutazione e conclusione
Sky Crime esordisce a voce alta e rievoca pagine di storie a noi vicine sia in termini di spazio, che in termini di tempo. Un merito è da riconoscere innanzitutto al metodo e alla puntualità con cui viene organizzata la serie, che evidenziano la predisposizione cronachistica dell’ideatrice, nonché voce narrante, Chiara Ingrosso, e danno modo allo spettatore di comprendere tutte le criticità e i momenti chiave delle indagini di ogni singolo caso. L’impostazione autoriale è chiara e sì fa forza di tutto il materiale al quale attinge, riuscendo ad organizzarlo in maniera logica; più discutibili in chiave prettamente stilistica sono le scelte di ricreare alcuni passaggi, simulandone le dinamiche, e la continua e ridondante presenza della narratrice sullo schermo; scelte che però trovano una loro spiegazione nel mantenimento del senso narrativo, per quanto riguarda le simulazioni, e nel mantenimento della tensione, che viene favorito dall’espressività e dalle parole della giornalista. Il suono, come anticipato, gioca un ruolo fondamentale e non si limita a restare sullo sfondo.
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