Paradise: recensione dell’intrigante thriller Disney+
Drammatico e ironico al contempo, duro e dolce - Paradise è un thriller psicologico che vi incollerà allo schermo fin dal primo episodio!
James Marsden che canta un brano di Phil Collins per conquistarsi la confidenza del protagonista è solo una delle improvvisate di Paradise, serie creata da Dan Fogelman (autore di alcuni dei film Disney più noti come Rapunzel, Cars e della serie This is Us) che combina drammaticità, suspense e distopia con due interpreti che per la loro vitalità e imponenza sembrano uscire dallo schermo televisivo: Sterling K. Brown (vincitore di tre Emmy) e James Marsden. Le vite dei loro personaggi incontrano un’intersezione pericolosa. Lo show disponibile dal 28 gennaio 2025 su Disney+ si pregia di una narrazione discontinua affascinante, una immagine fotografica polidimensionale con confini marcati, una sceneggiatura basata su dialoghi franchi e ironici, brillante (ricca di metafore sportive) e mostra un ottimo uso della tecnica del flashback: uno degli strumenti narrativi più potenti il cui utilizzo pesa sull’impatto complessivo della narrazione.
Paradise – L’agente Collins scopre un omicidio scioccante e viene immischiato in un’indagine ad alto rischio
Il protagonista è l’inflessibile agente dei servizi segreti Xavier Collins (interpretato da Sterling K. Brown che ci trascina emotivamente in una delle sue interpretazioni più intense). Comanda la scena, che quando viene condivisa con il Presidente degli Stati Uniti d’America, Cal Bradford (James Marsden) ci porta nel cuore di Paradise (una cittadina apparentemente perfetta) e negli stati mentali e nei processi emotivi dei personaggi. Lo spettacolo intrattiene con ritmo lento, appassionandoci con la complessità psicologica dei protagonisti, Cal e Xavier interpretati da due attori di grande talento. Ma complessivamente tutta la produzione è stata curata nei minimi dettagli in questo spettacolo che consigliamo di vedere a chi ama i thriller psicologici capaci di combinare mistero, suspense e profondità emotiva. La serie tv prende avvio con un foreshadowing che ci depista. Siamo dispiaciuti di “aver perso” un personaggio che ci sta piacendo terribilmente (il Presidente Cal Bradford è davvero carismatico – James Marsden aggiunge una dimensione intrigante al suo personaggio, alternando fascino e fragilità). Il suo ruolo di leader con un lato oscuro è cruciale per il cuore emotivo dello show e contribuisce a generare i turbamenti che si riflettono nelle dinamiche tra i personaggi.
Drammatico e ironico al contempo, duro e dolce – Paradise è un thriller psicologico che vi incollerà allo schermo
Fra i personaggi gagliardi c’è anche quello consegnato nelle mani di Julianne Nicholson. La sua Samantha Redmond è un’affascinante tech billionaire, anche umana, in grado di mescolare manipolazione e vulnerabilità in modo plausibile nel mondo di Paradise dov’è presente una tecnologia avveniristica che rappresenta un’utopia che cela un lato cupo. Le innovazioni tecnologiche e la presa di distanza dalle armi sembrano suggerire un luogo tranquillo ma le situazioni che emergono mettono rapidamente in discussione questa copertina caduca (lo spettacolo evidenzia come un’apparente perfezione possa celare misteri e tensioni profonde). “Si è conclusa un’altra giornata in Paradiso” afferma ironicamente Cal. Poi in un’altra battuta affidatogli si affretta a dire che “il mondo è diciannove volte più incasinato di quanto si creda“. Gli elementi sci-fi sono integrati in modo intelligente, senza mai sovrastare la narrazione emotiva negli episodi che si focalizzano sulle storie personali, rendendo “Paradise” qualcosa di più di un semplice luogo: un simbolo di precise scelte morali e degli effetti che ne derivano.
Paradise: valutazione e conclusione
ll centro dello spettacolo non risiede tanto nei suoi elementi distopici quanto nell’esplorazione delle connessioni e delle vulnerabilità umane che fluiscono – è il caso di dire – in una narrazione davvero significativa: miratamente nel flusso di memoria di Xavier . Conosciamo infatti l’enigmatico Cal solo in retrospettiva (e ne vogliamo di più). Un personaggio che sembra emerso dalla penna di Orson Welles: tagliente e sfrontato, all’apice del potere ma completamente solo e con una “moglie che non è una sua grande fan”. La perdita, la sofferenza, il mistero dei legami e l’importanza di andare avanti sono i leitmotiv che trovano risonanza nel pubblico grazie alle interpretazioni intense del cast e ai dialoghi carichi di vita. Il lavoro di Fogelman e della sua squadra dimostra che, anche in un quadro così profondamente inciso (per essere sminuzzato), il punto di differenziazione è costituito dall’emozione. Quel “ripensaci” di Cal, detto a Xavier. “Think twice“. Perché indipendentemente dalla realtà che si stai vivendo, certe cose le puoi condividere con una sola persona…