Per Elisa – Il Caso Claps: recensione della serie Rai basata sull’episodio di true crime

Per Elisa. Il Caso Claps arriva sugli schermi Rai: dal true crime alla fiction il passo è breve, ma l'ambizione decisamente alta. La denuncia di Marco Pontecorvo, figlio di Gillo, è capace di raccontare uno dei casi di cronaca più celebri dell'Italia degli anni '90?

Per Elisa – Il Caso Claps è la nuova serie TV Rai diretta da Marco Pontecorvo: lo show, tratto dal libro Sangue sull’altare di di Tobias Jones, racconta i fatti di uno dei più popolari casi di true crime italiani degli anni ’90. Non è solo Jones ad aver preso sotto la propria ala narrativa il giallo di Potenza, la scomparsa che ha sconvolto la Lucania e l’intero paese nel settembre del 1993. Sono tantissimi, infatti, i podcast e i video disponibili su YouTube che parlando di Elisa Claps, del suo brutale omicidio da parte del serial killer Danilo Restivo, ma soprattutto delle circostanze ambigue e nebulose che hanno portato alla scoperta del suo cadavere. Un cadavere che è sempre stato lì, in quella chiesa che tutta la cittadina ha frequentato per vent’anni prima di sapere la verità: Elisa, sedici anni, li guardava dai suoi occhi vuoti, riversa sotto una serie di macerie del sottotetto della Chiesa della Trinità.

Le dinamiche che hanno portato all’arresto di Danilo Restivo, primo sospetto in quando ultima persona ad aver visto Elisa viva proprio nella suddetta chiesa, i depistaggi e le false testimonianze, vengono raccontate da Pontecorvo con minuzia storica e qualche licenza poetica. Il true crime e la soap Rai si fondono creando un ibrido che miscela i propri caratteri salienti e offre un prodotto con molte potenzialità, ma anche diversi limiti.

Per Elisa – Il Caso Claps: una serie dedicata alla memoria della sua giovane protagonista, vittima di un mostro e di una città omertosa

Per Elisa – Il Caso Claps parte da una voglia di racconto, di rivalsa, della famiglia di Elisa Claps, la sedicenne di Potenza scomparsa il 12 settembre 1993 in una domenica assolata, indossando il maglione che sua madre aveva fatto per lei in occasione della sua promozione a scuola. Elisa, in quel periodo, era particolarmente felice: aveva superato con successo l’esame di riparazione, era piena di amiche (come la fedele Irene e la sagace Eliana) e il suo sogno di andarsene dal capoluogo lucano per andare a studiare Medicina a Salerno risultava più vicino che mai.

La gentile Elisa, che nel suo diario parla di quanto quel ragazzo figlio del direttore della Biblioteca di Potenza, Danilo Restivo, era maltrattato da tutti perché diverso, con quella sua parlata sbiascicata e imprecisa, quasi una cantilena. Elisa sapeva che Danilo era innamorato di lei, ma non voleva ferire i suoi sentimenti trattandolo male, o rifiutando sempre gli incontri che lui le proponeva. Lui la seguiva, lei lo sapeva, ma la sua gentilezza le impediva di trovarlo una minaccia: provava compassione, tenerezza, per lui. Una tenerezza che le avrebbe costato la vita nel sottotetto della chiesa che frequentava, insieme alla famiglia e alla amiche, tutte le domeniche. Quella che avrebbe mantenuto il segreto della sua morte per diciotto anni, fino alla morte del parroco del paese, Don Mimì Sabìa. Le ombre, le omissioni di una città codarda vengono colte da Pontecorvo, che racconta in sei puntate dalla durata di cinquanta minuti una storia conosciuta ma mai vista così: con le immagini che molto probabilmente ricreano, almeno in parte, gli eventi che hanno coinvolto la povera ragazzina.

Non sono solo le ombre dei vertici della società potentina a essere analizzate, ma anche e soprattutto la strenua battaglia della famiglia Claps per conoscere la verità sulla sorte di Elisa: una guerra ingaggiata contro tutti e tutti, le autorità incompetenti comprese, e capitanata dalla figura storica di Gildo Claps, fratello affezionato e figlio devoto. Ma non solo Elisa, la serie si spinge fino a Bournemouth (Inghilterra), dove si è consumato l’efferato delitto della sarta 48enne Heather Barnett, all’epoca vicina di casa proprio di Danilo Restivo. Un nome, una voce, uno sguardo: i delitti di Restivo, la loro terribile e calcolata violenza, sono punto focale della vicenda reale ma anche della serie TV. Uno show che vuole raccontare tutti i fatti, prendendo dal materiale d’origine, ma deve scendere a compromessi con il suo budget e campo d’azione: è una fiction Rai, in onda ad orario di cena. La violenza viene nascosta, il personaggio di Danilo Restivo (Giulio Della Monica) viene caricato di stereotipi per sopperire all’impossibilità di mostrare l’efferatezza delle sue azioni. Ed è lo stesso motivo che porta la figura di Elisa (la giovane e talentuosa Ludovica Ciaschetti) è santificata, edulcorata ed idealizzata fino all’inverosimile. E se la serie è un omaggio a lei, alla vita che avrebbe potuto – e dovuto- avere, è anche incredibile pensare che tutto ciò che Elisa facesse fosse bello o buono.

La semplificazione eccessiva dei personaggi limita la serie

La verosimiglianza dunque viene sacrificata in nome della semplificazione, lo stabilirsi di una dicotomia che identifica Elisa e la sua famiglia con il Bene, la perfezione, la semplicità di affetti di un Sud Italia idealizzato. Danilo e il suo padre padrone Maurizio Restivo (Francesco Acquaroli), colui che lo vessa e al contempo lo copre per anni con lo scopo di non rovinare il buon nome della famiglia, sono il Male. La performance di Giulio Della Monica sembra uscita dal Manuale del Perfetto Assassino, collezionatore di capelli e viscido stalker di donne, ma il talento c’è, palpabile nel calcare perfettamente la parlata sbiascicata e imprecisa di Restivo. Acquaroli, nel ruolo di Restivo padre, è la vera perla di questo serial, con la sua forza ambigua, una potenza che si spegne negli anni in proporzionalità alla crescita della sua frustrazione nei confronti del figlio “rotto”.

Ottimo lavoro anche da parte dei giovani interpreti dei fratelli Claps: Gildo e Luciano. Entrambi sofferenti, nonostante il loro diverso temperamento, i due vengono fuori con compassata dignità. In questo è chiaro l’intervento dei veri fratelli Claps nel creare un’identità per i loro personaggi e non renderli mere idealizzazioni. Giacomo Giorgio (Mare Fuori) è malinconico e rassegnato nel ruolo di Luciano Claps, mentre Gianmarco Saurino entra nella dedizione ossessiva del passionale Gildo. In sostanza, l’opera arriva dove deve, nonostante si rifugi e ricada troppo spesso nel già visto e sentito, temendo di allontanarsi troppo dalla formula che definisce il serial medio targato Rai.

Per Elisa – Il Caso Claps: recensione e conclusione

Per Elisa – Il Caso Claps sarà in grado di intrattenere con un ritmo sostenuto ed una narrazione ricca di fatti, che ricalca perfettamente la cronaca, uno dei casi giudiziari più discussi della storia d’Italia. Inoltre, pone l’attenzione sulle mancanze di una società che spesso porta avanti i valori sbagliati. Lungi dal voler essere un documentario di denuncia, riesce comunque a lanciare le frecciatine alle istituzioni coinvolte nell’insabbiamento di informazioni cruciali alla risoluzione del caso. Ricadere nelle formule stereotipate e semplicistiche della fiction Rai della prima serata sembra tuttavia inevitabile, rendendo il prodotto un’opera fruibile e dignitosa, ma lontana dallo sfavillante e grafico podcast di Pablo Trincia, Dove nessuno guarda.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.8

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