Persona: recensione della serie TV coreana Netflix

L'amore, nelle sue molteplici – e talvolta bizzarre – sfumature: la serie antologica Persona mette al centro del proprio obiettivo il discorso amoroso e sentimentale, attraverso quattro storie che hanno per protagonista la star del k-pop Lee Ji-eun

L’amore e le sue possibili implicazioni sono al centro di Persona, la miniserie (o serie antologica? O semplice raccolta di cortometraggi?) coreana disponibile su Netflix – a livello mondiale – dall’11 aprile. Un’idea interessante e che merita attenzione, soprattutto scoprendo lo spunto da cui il progetto ha poi preso forma: tutto ruota attorno all’attrice e cantante Lee Ji-eun, vera e propria eroina 25enne del K-pop (la musica pop made in Corea) asiatico. Nei quattro frammenti che compongono la serie, la protagonista è sempre lei, in diversi ruoli che mettono in luce il suo eclettismo e l’indubbio talento (per una esordiente).

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Un prodotto che sembra inizialmente dedicato solo ai fan duri e puri della giovane musicista e artista (cosa in parte vera), ma non solo: anche da “semplici” spettatori – a maggior ragione se europei o occidentali – si possono apprezzare i quattro punti di vista attraverso cui i quattro diversi registi (Lee Kyoung-mi, Yim Pil-sung, Jeon Go-woon, Kim Jong-kwan) decidono di trattare l’argomento. C’è chi predilige il sarcasmo e la provocazione, chi la malinconia e l’elegia, chi affronta l’argomento amoroso non di petto, ma da una prospettiva laterale e non convenzionale. Declinazioni anomale, a volte non calibratissime, ma utili comunque a comprendere un mondo che sembra lontano anni luce ma che spesso è più vicino alla nostra sensibilità di quanto si sia portati a pensare.

Persona: i toni e i paradossi dell’amore

persona cinematographe.itL’amore, dicevamo: che si tratti di una partita di tennis con una posta in palio molto alta (Il set dell’amore, gioco di seduzione che diventa al massacro), di una disinibita ragazza che letteralmente strappa il cuore dal petto ai propri partner perdutamente innamorati (La collezionista) o di una storia che si è tristemente conclusa e di cui vengono ripercorse le tappe principali (Passeggiata notturna), Persona si focalizza sui meccanismi che sottendono il sentimento e le sue storture, le sue ambiguità e i suoi eccessi. È il tono a rendere ogni microcosmo comunque meritevole di essere visto e vissuto, nonostante la disomogeneità della regia renda qua e là alcune situazioni meno ritmate e coinvolgenti.

Per quanto rimanga una questione di gusti personali, non si può negare che il risultato più efficace alla distanza lo ottenga l’episodio che chiude la raccolta, il sopraccitato Passeggiata notturna: col suo bianco e nero raffinato, il suo incedere riflessivo e la sua imprevedibilità, l’autore Kim Jong-kwan (avvezzo alle dinamiche del melodramma, come dimostrano le sue due opere precedenti Worst Woman e The Table, entrambi del 2016) tratteggia in soli 19 minuti un universo poetico che non cede il passo alla retorica o alla banalità, chiudendo il ciclo di racconti all’insegna della tenerezza, dell’onirismo e del paradosso.

Persona: la doppia anima del cinema coreano

Persona cinematographe.itAll’interno della vasta e variegata cinematografia asiatica, Giappone e Corea del Sud sono le due realtà più vicine al gusto occidentale: i film di Hirokazu Kore-eda (Un affare di famiglia), Kim Ki-duk (Ferro 3 – La casa vuota) e Park Chan-wook (Old Boy) escono regolarmente nelle nostre sale, a differenza ad esempio dei lavori cinesi (spesso martoriati dalla censura, o comunque di più difficile lettura) o hongkongesi (votati perlopiù all’action a rotta di collo, che emula il cinema americano). La Corea del Sud, in particolar modo, negli ultimi anni ha conosciuto una sua personale rinascita: commercio e arte vanno di pari passo, con risultati che se da un lato accontentano tutti i palati, dall’altro corrono l’inevitabile rischio della superficialità e della mancata introspezione.

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Questa doppia anima è ben rappresentata da Persona, non solo nel maggiore o minore approfondimento dei suoi quattro frammenti, ma anche all’interno degli stessi episodi: se la prima parte di Baciare è un crimine, ad esempio, risulta efficace e stimolante, col passare dei minuti la bidimensionalità – di personaggi e contenuti – prende purtroppo il sopravvento, lasciando la sensazione di un’occasione perduta. Così la vicenda delle due liceali che raccontano i loro primi approcci amorosi si tramuta in breve in un apologo grottesco comunque godibile, ma svuotato di senso. Si può tuttavia guardare a Persona come a qualcosa di riuscito, idealmente replicabile in futuro secondo nuove variazioni. Prestando magari maggior attenzione alla coesione fra le parti, in difesa della pluralità di sguardi ma anche di un’omogeneità qualitativa che in questa stagione a tratti latita.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

3

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