Petra – stagione 2: recensione della serie TV
La seconda stagione di Petra permette al pubblico di seguire l'evoluzione dei protagonisti in una società che cambia ma, in fondo, rimane sempre la stessa.
A due anni esatti dall’uscita della prima stagione, sui canali Sky arriva Petra 2. Quattro nuovi episodi che permetteranno al pubblico di ritrovare sul piccolo schermo il personaggio interpretato da Paola Cortellesi e ripreso dai celebri romanzi di Alicia Giménez-Bartlett. Al suo fianco, l’immancabile Antonio Monte, che ha invece il volto, la voce e lo sguardo sornione di Andrea Pennacchi. Una coppia che ha conquistato sin da subito gli spettatori, grazie al loro modo di compensarsi l’uno con l’altra, forti di quell’equilibrio che sta alla base dei rapporti d’amicizia destinati a durare per sempre.
Petra 2, cambiare ed evolversi non è mai stato così necessario
Due anni trascorsi, dicevamo, durante i quali il mondo è cambiato, la società è cambiata e quel “ne usciremo migliori” ha lasciato spazio ad una realtà caratterizzata da ancora più cinismo e diffidenza verso il prossimo. Petra, in questo senso, pur basandosi su storie scritte da Alicia Giménez-Bartlett una ventina di anni fa, porta sullo schermo scorci di quotidianità moderna, mostrandone i lati oscuri anche in una città solare e luminosa come Genova, lasciando emergere le insicurezze e le paure delle persone che si muovono tra le sue strade. Su tutti, Antonio e Petra: nel corso dei nuovi episodi assistiamo ad una profonda evoluzione del loro rapporto. Se è vero che Roma non è stata costruita in un giorno, anche Antonio ci ha messo un bel po’ di tempo (e pazienza) a conquistarsi la fiducia della collega, ormai divenuta inseparabile compagna di viaggio.
Giorno dopo giorno, Monte si è fatto sempre più strada nella corazza dell’ispettrice che, nonostante il suo fare da donna che non deve chiedere mai e che non ha assolutamente bisogno di nessuno, ha sempre lasciato passare un po’ di luce tra le crepe della sua armatura, affinché le persone più attente potessero comprendere quanto in realtà, come ci ricordano i migliori gialli, nulla è come sembra, compresa lei. Lei che crede che l’amore sia sopravvalutato ma poi finisce per sposarsi più volte. “Cosa ci si guadagna a rimanere sempre uguali?“, si chiede, ed effettivamente la vita decide di premiarla, dal punto di vista umano, proprio nel momento in cui comprende quanto sia sbagliato rimanere fermi e bloccati con le proprie idee ed i propri modi di fare. Ogni persona che si incontra lungo il proprio cammino rappresenta un’opportunità di cambiamento, di arricchimento e dunque di crescita.
La necessità di cercare un vicino di casa disposto a darle un po’ di zucchero, potremmo considerarla come una sorta di metafora collegabile al suo bisogno di ricevere affetto e attenzioni, nonostante tutto sembri suggerire il contrario. Paola Cortellesi, in questo senso, riesce ad entrare ancora più nel personaggio: non è facile scindere l’immagine dell’attrice comica vista mille volte in TV o appena un anno fa in Come un gatto in tangenziale 2, ma il suo talento poliedrico le permette di risultare credibile anche in un personaggio perennemente serio, cinico e che non si fa problemi ad usare un linguaggio considerato sconveniente per una donna. Ci pensa Andrea Pennacchi a tirare fuori il suo lato più ironico, in quelle scene esilaranti e spassose che rendono Petra una serie da godersi dall’inizio alla fine. Seppure questa seconda stagione evidenzi le loro rispettive evoluzioni dal punto di vista sentimentale, risulta sempre più chiaro quanto soprattutto Antonio sia il “bastimento di riso” di Petra (per usare il titolo di uno dei nuovi episodi) e viceversa.
Genova torna a fare da sfondo alle luci e le ombre di Petra e dei suoi casi da risolvere
In Petra 2 troviamo una regia più consapevole e ancora più attenta: Maria Sole Tognazzi conosce e scava ancora più profondamente nell’animo dei personaggi e l’amore che la lega a loro emerge anche nella capacità di coglierne e mostrarne ogni sfumatura tramite le sue inquadrature. Azzeccata, anche in questa seconda stagione, la scelta dei brani che accompagnano gli episodi della serie: prevale la voce di donne dalla spiccata personalità, forti e allo stesso tempo fragili, e, più in generale, ascoltiamo sonorità che traducono in note i contrasti dell’animo di Petra, a cominciare da quel “You know I’m no good” (“Sai che non sono brava“) di Amy Winehouse che che apre il primo episodio. Contrasti che ritroviamo anche nelle luci e nei colori, coerenti con l’alternanza di luci ed ombre che caratterizzano i filoni narrativi, con il blu che si fa rumoroso quanto i casi di cronaca descritti quando la camera si concentra sul mare di Genova e si fa invece silenzioso quando entriamo nel rifugio di Petra, ovvero il magico acquario della città ligure.
Dal punto di vista della sceneggiatura, chi ha letto i romanzi originali non può che apprezzare la capacità di rimanere fedeli allo stile di Alicia Giménez-Bartlett sotto ogni punto di vista. Capacità che risulta ancora più evidente ed apprezzabile nel momento in cui si è scelto di sviluppare un intero episodio su quello che su carta si fermava ad essere un racconto e non un intero romanzo, ovvero Carnevale Diabolico. Il risultato finale ribadisce ulteriormente quanto Giulia Calenda, Furio Andreotti e Ilaria Macchia siano stati in grado di immergersi completamente nel mondo di Petra e quindi di rendere giustizia ad un personaggio non certo semplice da portare sul piccolo schermo.
Vedremo se gli ascolti premieranno nuovamente questa serie che aggiunge qualità al panorama seriale italiano e se, quindi, si sceglierà di proseguire con una terza stagione. Il materiale letterario di Alicia Giménez-Bartlett c’è e merita sicuramente di essere raccontato sullo schermo, così come Petra che sembra avere ancora tanto da raccontare di sé e del mondo che la/ci circonda. Tra una birra ed una sigaretta, anche rimanendo in silenzio, proprio come fa una buona amica.