Pluto: recensione della serie animata su Netflix tratta dal celebre manga
Su Netflix dal 26 ottobre 2023 c'è Pluto, adattamento seriale del manga capolavoro. Thriller, suspense, interrogativi esistenziali e tanta emozione.
A volte, saperne di meno aiuta. Pluto, la serie animata su Netflix dal 26 ottobre 2023, è l’adattamento di un manga di culto, celebrato a più riprese dagli addetti ai lavori come un autentico capolavoro. Nasce da un episodio della serie Astro Boy di Osamu Tezuka intitolato “Il più grande robot del mondo“, anno 1964; ideato da Naoki Urasawa in collaborazione con Takashi Nagasaki. Fantasia thriller fantascientifica (su un mondo di uomini e robot) ricca di supense, pathos, memorie che si perdono come lacrime nella pioggia e una spiccata inclinazione per la riflessione esistenziale. Gli appassionati, i nerd, i feticisti della materia, queste cose già le sanno. Gli altri, i fortunati e le fortunate, no. Loro, hanno il privilegio di sperimentare in condizione di assoluta verginità l’accattivante alchimia di genere e stratificazione dei contenuti, l’equilibrato dosaggio degli ingredienti. L’azione non ruba spazio alle parole, non le sovrasta, non si lascia intimidire. E viceversa; per una volta, solo per questa, beato chi ignora. Perché la sorpresa è più gustosa.
Pluto: uomini e robot, una serie di misteriosi delitti
Il detective Gesicht ha molto lavoro da fare. Il mondo raccontato da Pluto è una futuristica rilettura della vita sulla Terra in cui, almeno all’inizio, verrebbe da dire in apparenza, umani e robot coesistono armonicamente. Non può durare e infatti non dura. L’equilibrio si incrina su una scia di sangue. Si comincia con Mont Blanc, gigante di ferro di stanza in Svizzera, per proseguire con esponenti in carne ed ossa del Movimento per la liberazione dei robot. A rendere il quadro ancora più macabro, la diabolica perversione dell’assassino (o degli assassini) che oltraggia i cadaveri posandoci sopra enigmatiche corna. Riferimento a un’ormai perduta mitologia europea, centrale o meridionale, pensa il detective. Come si chiamava il dio romano degli inferi? Plutone, avete detto?
La faccenda sta molto a cuore a Gesicht perché è un robot anche lui. Di ultima generazione: nel corpo, nelle movenze e, cosa più importante, nei sentimenti, molto somigliante agli umani standard. Il mondo si è appena ripreso da un terribile conflitto, concluso solo quattro anni prima. La 39ma guerra dell’Asia centrale scoppia per impedire a un misterioso scienziato, il dottor Goji, di rifornire il Regno di Persia di un esercito di robot di distruzione di massa. Molti dei personaggi di Pluto, umani e robot, soprattutto loro, sono reduci di guerra, tormentati dai fantasmi del passato ed emotivamente compromessi. Vorrebbero vivere in pace, ma non è possibile. La legge proibisce ai robot di uccidere umani ma ogni scena del crimine sembrerebbe suggerire il contrario. Venisse provato che è stata un’intelligenza artificiale a organizzare la mattanza, sarebbe la fine della pacifica convivenza.
Gesicht sospetta una mano umana ostile ai robot, che dietro le quinte inscena il complotto. Sul serio? Non si tratterà forse del riflesso difensivo di un robot che non accetta l’idea che i suoi simili possano pensare e agire il male? Ad accompagnare il protagonista, indagini in Svizzera, Germania, Giappone, Turchia ma non solo, sono in tanti e volenterosi. Atom è il più perfetto robot del mondo: ha capacità incredibili, l’aspetto di un bambino e una sorella di nome Uran altrettanto impressionante. A prendersi cura di lui il professor Ochanomizu, un brillante scienziato che è anche un campione dei diritti delle intelligenze artificiali. Atom e Gesicht sono tra i sette robot più forti del mondo: la lista dei sette è il target del killer, vuole farli fuori tutti uno dopo l’altro. Indagare non è facile perché le differenze tra le specie sono parecchio sfumate. Proprio sul crinale delle convergenze e delle differenze si gioca la partita filosofica ed esistenziale di Pluto. Prima di tutto però, lo spettatore si tranquillizzi, la serie resta una formidabile detective story.
Il gioco dell’esistenza: sentimento, memoria e cosa accomuna e separa le due specie
Centrale per la storia e decisiva per la filosofia della serie – Pluto è prodotta da Genco con animazione a cura di Studio M2 – l’idea della gestione della diversità, la ricerca della corretta simmetria. Ci sono due umanità, una fatta di carne, l’altra di metallo e processori. Ad avvicinare la seconda alla prima, una condivisa educazione sentimentale. Pluto precisa limiti e contorni della condizione umana. Chi e cosa può dirsi umano, perciò reale? Amore, dolore, paura e rimpianto; l’identità di ambo i gruppi è circoscritta dal perimetro delle emozioni sperimentate. Non c’è differenza, sul piano emotivo e dell’interpretazione dei grandi interrogativi esistenziali.
Precari e e animati da lucida consapevolezza, umani e robot misurano la fragilità del nodo che li tiene legati alla vita. La perdita, l’abbandono, il senso dell’effimero, trovano espressione e contenuto nella memoria, traduzione concreta di un’idea immateriale: il tempo che passa, la vita che si fa, letteralmente, polvere. O, è il caso dei robot, disco esterno. Le emozioni avvicinano i robot all’uomo, la riflessione sulla fisicità avvicina l’uomo al robot; il corpo come macchina, gloriosa e arruginita, imperfetta e potentissima. Pluto è una galleria di corpi diversi che agiscono e pensano allo stesso modo. La preoccupazione principale della serie è legare l’interno e l’esterno, la fisicità e il pensiero, isolandoli ma anche trovando il modo di raffigurarli in sincrono.
Ci riesce poggiando domande coraggiose – tra l’altro apologo pacifista, il racconto della guerra riflessa nel trauma e lo shock di chi sopravvive – su un fondo di genere, una storia del mistero percorsa da un senso di minaccia impalpabile e molto affascinante. L’enigma al cuore di Pluto è fatto in egual misura di azione fisica e parole. Un matrimonio d’amore, per giunta molto solido. Il silenzio, l’introspezione, la riflessione, muovono la storia come e più dell’azione fisica. Insieme si stimolano, si rinforzano, comunicano.
Pluto: valutazione e conclusione
L’ambizione di Pluto è definire l’esperienza umana da entrambe le angolazioni. Dentro e fuori, riflessione e azione, genere e filosofia. Non cerca in nessun modo di annacquare le differenze tra uomini e robot ma gioca con arguzia sul crinale di ciò che unisce e ciò che separa. Il risultato finale è una serie di gran temperamento visivo incredibilmente stratificata, che non rinuncia ai piaceri esteriori di una buona storia; azione, divertimento, suspense palpabile. Otto episodi di un’ora ciascuno: l’esperienza è immersiva e totalizzante. La qualità dell’animazione, data l’evidente lunghezza del prodotto, è rimarchevole.
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