Profumo: recensione della serie tv Netflix
Profumo, la serie tv Netflix ispirata al romanzo di Patrick Süskind, è un thriller psicologico olfattocentrico.
Profumo di Patrick Süskind è una celebrazione dell’olfatto, ma è anche l’esplicazione di un bisogno primordiale, è esplorazione del mondo che ci circonda, è la storia di un assassino e della volubilità dell’animo umano. Odore è ciò che siamo, è ciò che sentiamo. Prima di essere un profumo o una puzza tutte le cose restano nel loro status neutro di odore e comunicano qualcosa prima ancora che tutti gli altri sensi se ne rendano conto.
Basandosi sul celebre romanzo dal quale Tom Tykwer trasse, nel 2006, il film Profumo – Storia di un assassino, la sceneggiatrice Eva Kranenburg e il regista Philipp Kadelbach mettono in scena una serie tv che trae ispirazione dalla suddetta opera letteraria, mutando però l’ambientazione (non più Parigi, che si vede solo da lontano, ma la Renania) e trasportandoci in uno scenario thriller in cui il profumo entra di soppiatto impossessandosi di tutta la serie, episodio dopo episodio.
Lo spettatore viene messo fin da subito dinnanzi alla brutale morte di Katharina (Siri Nase): una bellissima ragazza dai capelli rossi e la voce d’angelo, il cui cadavere viene ritrovato da un suo vecchio amico, Roman (Ken Duken). La ragazza (madre di un bambino di cui non conosce il padre), è stata strangolata, le sono stati rimossi i capelli, i peli pubici e ascellari.
Profumo: la serie tv Netflix che rielabora in chiave moderna cult di Patrick Süskind
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Un colore, quello dei suoi capelli, che fa già accendere la spia allo spettatore più attento, memore delle scelte dell’astuto Jean-Baptiste Grenouille, ma questa è un’altra storia, o forse no!
Se il libro (e il film) celebrano gli odori e i maleodori della Parigi del ‘700, la serie tv Parfum (Profumo) ci lascia prima perdere tra gli anfratti investigativi, senza temere di concentrasi sui personaggi protagonisti, indagando sui loro disturbi e sul loro passato, in continui salti temporali che man mano ricostruiscono la psiche di ognuno di loro lasciandoci con molte domande e altrettante risposte.
Composta da 6 episodi di circa un’ora ciascuno, Profumo inizia come un normalissimo prodotto seriale di genere poliziesco/thriller per poi instaurare un amabile e impeccabile gioco di rimandi al romanzo di Suskind, che diviene non solo lo spunto della serie ma anche parte integrante della trama nella sua essenza fisica e filosofica.
Al centro del racconto un manipolo di cinque amici che sussistono con i loro legami segreti: il profumiere Moritz (August Diehl), la coppia apparentemente perfetta composta da Roman ed Elena (Ken Duken e Natalia Belitski), Daniel alias “Sdentato” (Christian Friedel), il gestore del locale a luci rosse Thomas Butsche (Trystan Pütter). Quella che sembra un’amicizia apparentemente solida si rivela, con lo srotolarsi degli eventi, un legame fittizio fatto di ricatti, ripicche, omicidi e mancanze. L’uso di flashback ci incuriosisce e attrae, talvolta sa anche impietosirci e lasciarci immedesimare, traslarci tra i cunicoli della mente infantile e delle mancanze che sanno diventare abissi.
Profumo: la serie olfatto-centrica che non risparmia sesso e sangue
E se i cinque amici possono rappresentare in maniera molto semplicistica i fuorilegge, gli imbroglioni, gli emarginati, a dare un ulteriore pizzico di pepe a Profumo sopraggiunge il corpo di polizia capeggiato dalla scaltra e “giusta” Nadja Simon (Friederike Becht), in un gioco di guardie e ladri in cui alla fine tutti si confondono, tutti si incolpano e tutti sono dalla parte del giusto e del torto insieme.
La serie tv Netflix vola con due ali, con una raccapriccia, allontana, si adegua alla massa, con l’altra attrae, simpatizza, incuriosisce. Potremmo dire che Profumo, pur essendo un prodotto non del tutto originale, sa rinnovare e riproporre un cult della letteratura senza risparmiare dettagli cruenti e scene di sesso e cogliendo perfettamente nel segno – e in una chiave moderna – il perno attorno a cui ruota il racconto di Patrick Süskind.
A una sceneggiatura incalzante si associa una regia audace e mai scontata: un occhio vitreo che in alcune sequenze ruota a tutto tondo sull’immagine facendo sentire lo spettatore padrone della scena; in un sussulto di avvicinamento e allontanamento che da solo basterebbe a tenerci in tensione. A ciò si aggiunge una fotografia limpida, capace di catturare l’amalgama tra uomini e natura in impercettibili ma fondamentali sfumature verdastre che ci imbottigliano nella storia narrata, complice una musica ben dosata, fatta di testi recitati e lunghi silenzi (incomprensibile a chi non conosce il tedesco ma a suo modo efficace!).
A conti fatti, Profumo si rivela un bel prodotto seriale da gustare come un buon vino da meditazione, un thriller psicologico che sa condurci nel nocciolo della sua follia fino a farci sentire il profumo o a farci provare l’alienante sensazione di non poter odorare nulla. Una serie tv intricata e intrigante, corale (che sia proprio questo un difetto?), che ci fa vivere e morire a ogni episodio per poi lasciarci sospesi con un finale enigmatico.