Pure: recensione della serie TV disponibile su RaiPlay

Disponibile su RaiPlay, Pure è una serie britannica con il merito di costruire, attraverso una scrittura agile, una narrazione delicata e incisiva sulla sofferenza causata dalla malattia mentale e sull'importanza di dare a questa un nome.

Marnie, venticinque anni, laureata in Lettere, figlia unica di una coppia affiatata e amorevole, lascia il suo borgo natio, in Scozia, per la metropoli londinese: è determinata a vivere lì da perfetta Signora Nessuno per provare a capire qualcosa di più su se stessa e sulla natura del suo strano disturbo. La giovane donna è, infatti, continuamente assediata da fantasie sessuali che coinvolgono, anche nei momenti più inattesi, chiunque le capiti a tiro, intimi amici e famigliari compresi. Immagini di seni e genitali sia maschili sia femminili, corpi nudi allacciati in un amplesso, pratiche sessuali promiscue ed eccentriche: nulla le viene risparmiato dalla sua mente che è insieme l’incendiaria e l’incendiata, l’agente che bombarda e il ‘paziente’ che subisce gli effetti del bombardamento. Tutto nasce in quel luogo oscuro, nel mistero della sua psiche.

Pure: una storia vera riadattata per il piccolo schermo

Tratta dall’omonima autobiografia di Rose Cartwright, Pure, disponibile su RaiPlay dallo scorso 25 novembre, è una serie tv dal ritmo spedito, eppure densa di spunti (non tutti approfonditi, ma pare che sia già in programma una seconda stagione), in sei episodi della durata di mezz’ora ciascuno o poco più. Spesso accostata a Fleabag, Pure non s’avvicina in nulla – va detto, neanche in qualità della scrittura – alla dramedy di Phoebe Waller-Bridge se non per due ragioni: la prima, meramente formale, è che entrambe sono britanniche; la seconda, più sostanziale, è che le protagoniste di entrambe le serie si ritrovano a vivere la sessualità più come ‘sintomo’ di qualcosa che non va che come espressione di un autentico desiderio e di un’integrata pulsionalità. 

Il grande merito di Pure è, infatti, proprio quello di valorizzare drammaturgicamente il soggetto spesso disconosciuto della nevrosi ossessiva: Marnie parte, come l’eroina di un romanzo di formazione, alla scoperta del segreto che alberga dentro di sé, dello sconosciuto che le mette nella testa pensieri sgraditi, dai contenuti osceni, violenti, incestuosi. Si tratta appunto di ossessioni, pensieri intrusivi ed egodistonici (non percepiti come integrati a sé, come parte di un’identità accettata) che la tormentano e di cui vorrebbe liberarsi, ma che traggono forza proprio dai tentativi di spegnerli che compulsivamente fa. 

Pure: la protagonista Marnie soffre per i pensieri intrusivi dal contenuto sessuale che continuamente la tormentano, ma non sa dare un nome al suo disturbo

Marnie, la protagonista di ‘Pure’, è interpretata da Charly Clive, attrice e commediografa.

Il DOC, acronimo con cui è perlopiù noto il disturbo ossessivo-compulsivo (nel linguaggio psicoanalitico, si definisce nevrosi ossessiva), non si manifesta solo come mania igienista, nel lavarsi continuamente le mani per il timore di essersi infettati, né tantomeno come spinta insopprimibile a mettere in ordine. Il DOC si può manifestare anche attraverso l’irruzione di immagini o pensieri che il soggetto inconscio genera, ma il soggetto conscio non riconosce come propri e, dunque, patisce come corpi estranei. Il dubbio è la conseguenza più dolorosa del problema insieme alla tentazione di credere a quel che si pensa: se immagino la mia migliore amica che si palpa il seno, allora significa che la desidero? Che sono omosessuale? Che sono una pervertita? È questa la spirale in cui Marnie è finita e che non riesce a interrompere, ma che s’infittisce appunto mediante le compulsioni da lei stessa attuate nella speranza di sentirsi rassicurata e di stare meglio.

Si butta, così, tra le braccia di Amber, cercando di capire se sia lesbica o meno, e poi di un Joe, confidando di riuscire a comprendere se quell’ansia che la colpisce ogni volta che si trova in sua presenza sia un segno d’eccitazione oppure la paura che i pensieri tornino a occuparle la mente, a rivendicare per loro tutta la sua attenzione. Il sesso è da Marnie utilizzato come strumento di verifica dei sui dubbi assillanti e, di fatto, ostacolo alla vera scoperta del desiderio, un desiderio senz’altro anche sessuale, ma paradossalmente deformato, svilito e impedito dal disturbo stesso. Pure merita, allora, di essere vista soprattutto per questo, perché tratta, con brio e salvifica levità, di nevrotica e umanissima sofferenza e di una giovane donna intelligente che, per la prima volta in vita sua, decide di provare a darle un nome e a conviverci, magari, se va bene, persino a sconfiggerla.  

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5

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