Ragnarok: recensione della serie TV Netflix
Recensione della nuova serie scandinava Ragnarok, che unisce teen-drama, mitologia nordica e cambiamenti climatici
Il termine Ragnarok è divenuto popolarmente noto con l’uscita del film del Marvel Cinematic Universe Thor: Ragnarok. La serie danese-norvegese Ragnarok fa un passo in più, portando l’antico mito nordico nella realtà dei giorni nostri, attualizzandolo ed inserendolo con originalità all’interno del mondo odierno. Ragnarok è creata da Adam Price, diretta da Mogens Hagedorn e distribuita da Netflix. Ambientata in Norvegia ed interpretata da un cast totalmente norvegese, la prima stagione della serie è composta da sei episodi. Il prodotto scandinavo si rivolge ai teenager ma non solo, mescolando elementi tipici di un classico coming-of-age con la mitologia nordica e con tematiche sensibili dell’attualità.
Ragnarok racconta del giovane Magne nella città scandinava di Edda, alle prese tra sorprendenti poteri sovraumani e problemi sociali
La serie è ambientata nell’immaginaria cittadina di Edda, ultima area della Norvegia ad aver abbandonato il culto degli dei norreni in favore del Cristianesimo. Qui tornano, dopo molti anni vissuti altrove, Turid e i due figli Magne e Laurits, successivamente alla sconvolgente morte del padre. Turid trova lavoro presso le industrie Jutul, una delle realtà economiche più importanti della Norvegia, proprietà di un’ambigua famiglia residente nella cittadina con il padre a capo dell’azienda, la madre preside della locale scuola e i due figli studenti dell’istituto, nel quale studiano anche Magne e Laurits. I due fratelli sono tra loro profondamente diversi, riservato e introverso Magne, estroverso e spigliato Laurits. Un giorno complice l’intervento della commessa del supermercato locale e di suo marito, Magne inizia a sentirsi più forte, veloce e prestante, a non dover più utilizzare gli occhiali da vista e a percepire i cambiamenti climatici in arrivo. E sono proprio i cambiamenti climatici a creare grossi disagi nella comunità di Edda, con lo scioglimento rapidissimo di un ghiacciaio nelle vicinanze, l’inquinamento dell’acqua e la moria di pesci del lago. A scuola Magne conosce Isolde, una ragazza che fa l’attivista per la difesa dell’ambiente e si schiera contro gli Jutul, accusati di essere causa prima dell’inquinamento della zona. Magne segue così la causa della ragazza addentrandosi in una sfida pericolosa tra i misteri di Edda, la scoperta dei suoi nuovi poteri.
Ragnarok porta la mitologia nordica a servizio di un racconto che affronta un grande tema della nostra attualità come la tutela dell’ambiente
Il lavoro realizzato da Adam Price riesce a centrare un obiettivo primario, quello di rivolgersi ai giovani con un linguaggio seriale a loro congeniale ma trasmettendo qualcosa di più complesso nell’intreccio della sua storia. La base di partenza è quella di un racconto di formazione, dove un ragazzo con problemi relazionali che ha subito un trauma significativo trova un suo obiettivo in un nuovo contesto sociale, sviluppando un evidente cambiamento e una crescita personale. La forza della serie sta però nell’unire questo elemento con l’inserimento di una tematica di fondo di grande rilievo attuale come quella del rispetto dell’ambiente. Il tema è sotto i riflettori soprattutto per l’attività di Greta Thunberg – citata anche esplicitamente in un frangente – ma non è stato ancora affrontato moltissimo nella cinematografia. Ragnarok offre dunque uno spunto importante grazie alla capacità di portare la mitologia e il mondo dei supereroi nella piena realtà contemporanea, raccontandoci attraverso la storia di Magne l’importanza della cura ambientale, il pericolo globale dei cambiamenti climatici e la necessità di una presa di coscienza collettiva nei confronti di un sistema socio-economico che rischia di compromettere il futuro del pianeta.
Ragnarok è costruita con una buona sceneggiatura e un’ottima scorrevolezza narrativa, seppur con una caratterizzazione dei personaggi migliorabile negli sviluppi futuri
A fianco della questione climatica ci sono anche altri i temi che lo script di Price va a toccare, dall’amore omosessuale, all’elaborazione post-traumatica fino alla difficoltà dei rapporti sociali. È vero che questi elementi non vengono sviscerati in profondità, ma la sceneggiatura li delinea con delicatezza e coraggio senza eccedere in retorica o visioni stereotipate. Inoltre questi primi sei episodi sono con tutta evidenza l’infarinatura di partenza per un successivo sviluppo dello show, con una scrittura solida che tira già tutti i fili all’interno di questa stagione ma che sostanzialmente getta le basi per una costruzione futura potenzialmente ancor più interessante.
La serie non è priva di difetti, come qualche scena meno riuscita (seppur trascurabile) e una caratterizzazione dei personaggi un po’ altalenante negli esiti. In particolar modo gli antagonisti hanno una rappresentazione eccessivamente semplicistica, seppur non priva di potenzialità per un futuro accrescimento. Nel caso di Fjor ad esempio vediamo già un’evoluzione interessante nel corso della narrazione, che potrà essere ripresa ed ampliata ulteriormente nell’eventuale proseguo. Tuttavia il racconto è sorretto da un ottimo ritmo che non lascia mai spazio alla noia, con una scorrevolezza dove i diversi elementi vengono ben intersecati, dimostrando freschezza e capacità di coinvolgimento continuo dello spettatore.
La serie di Adam Price è un prodotto riuscito per il modo in cui usa il genere fantasy all’interno di una storia che parla del mondo odierno e della lotta per un cambiamento del sistema economico attuale
Il cast totalmente norvegese offre delle discrete interpretazioni rendendo credibili i protagonisti della storia, con qualche limitata forzatura che però non incide sulla resa finale. Ad emergere è la normalità all’interno di un contesto straordinario, vera potenza della serie. I personaggi sono resi in maniera credibile e pressoché realistica, attraverso una vicenda che usa l’espediente della lotta tra Dei e Giganti attinta dalla mitologia nordica per immergersi nel mondo attuale. Gli scontri che si delineano nel corso degli episodi non sono tanto fisici, benché non manchi l’azione vera e propria soprattutto nella parte finale, quanto psicologici e ideali, basati sulla dicotomia tra interesse personale e globale, tra la salvezza del pianeta e la sua distruzione. La battaglia inscenata diviene dunque ampia riflessione sullo scontro tra chi vuole mantenere un sistema socioeconomico basato sulla sopraffazione e la logica predatoria e chi si batte per cambiare lo status quo in favore di una socialità più sana ed equa.
Ragnarok riesce quindi a portare il fantasy al servizio della realtà, con il soprannaturale che diviene semplicemente strumento particolare di racconto del nostro presente. Questa prima stagione non si esaurisce in un discorso completo, e non vuole farlo, ma pone le basi per la costruzione di un prodotto che con l’eventuale proseguo può ritagliarsi uno spazio significativo nel panorama della serialità.