Rapinatori – La serie: recensione della serie TV Netflix

Una serie che lascia un po' l'amaro in bocca.

Si comprende subito cosa voglia raccontare Rapinatori – La serie, che prende le mosse dall’omonimo film del 2015, diretto da Julien Leclercq e ambientato nel mondo malavitoso delle banlieue parigine: uno scontro tra bande, due ragazze che commettono furti e piccole rapine insieme alla loro baby gang, rubano una partita di droga ad un “uomo di fatica” di un trafficante per poter vivere insieme in riva al mare, senza sapere che quel loro gesto genererà una lotta all’ultimo sangue. La serie, creata da Hamid Hlioua e Julien Lecleqcq, che si è occupato anche della regia dei 6 episodi della serie, disponibile dal 24 settembre 2021 su Netflix per deliziare gli spettatori con una storia fatta di alta tensione e ritmo sincopato.

Rapinatori – La serie: un polar che fa tremare i polsi ma senza sentimento

Rapinatori_Cinematographe.it

Dopo che due ragazze, Shainez (Sofia Lesaffre) e Liana (Tracy Gotoas) hanno sottratto una partita di droga tutto cambia. Gli otto chili di droga rubati sono di Saber (Salim Kechiouche) che per vendicarsi rapisce Shainez la nipote di Mehdi, (Sami Bouajila), capo di una squadra di rapinatori, che opera in Belgio, ladro implacabile, freddo e metodico, ma anche molto unito alla famiglia. L’uomo deve fare qualcosa per ritrovare la nipote, per agire deve cercare Liana. I due faranno di tutto per liberare la ragazza. Ha inizio così una guerriglia urbana senza esclusione di colpi, una corsa all’ultimo respiro per abbracciare di nuovo Shainez, riportarla a casa e ricominciare a sognare insieme a lei. Mehdi ha dalla sua la capacità di preparare con cura e attenzione i suoi piani, ma qui potrebbe perdere molto più del solito, per fortuna può contare sulla sua banda, a ciascuno di loro è legato come a un fratello.

A poco a poco emergerà un intrigo di amicizie, parentele, legami e segreti che renderanno tutto più difficile e per Mehdi sarà chiaro che dovrà anche scendere a patti per proteggere la sua famiglia. Rapinatori. La serie è sulla carta un polar stupefacente, adrenalinico, una sorta di western di oggi che fa tremare i polsi, gioca con i nervi dello spettatore grazie alla suspense e ai colpi di scena; può bastare per fare di questa serie una grande serie?

Rapinatori – La serie prende ispirazione dal film del 2015


La storia fa riferimento al mondo, al contesto del film del 2015 in cui è presente addirittura lo stesso protagonista che incarna lo stesso tipo di personaggio ma qui cambia il nome, da Yanis a Mehdi. È normale che Leclercq abbia deciso di tradurre il lungometraggio facendolo diventare una serie; inevitabilmente cambiare formato cambia le regole del gioco, si ha più spazio per arricchire la trama, o almeno così dovrebbe essere, sia per quanto riguarda l’azione che per la caratterizzazione dei personaggi ma questo non vale sempre. I personaggi non sembrano essere molto approfonditi, sembrano essere rappresentati solo in superficie. Il regista non nasconde la sua ammirazione per un regista come Michael Mann (Heat) o per serie come Gomorra, quello è bacino a cui attinge per realizzare le sparatorie, per il modo in cui usa la suspense, e per raccontare i rapporti tra le famiglie i cui componenti vivono secondo le leggi naturali dell’amore, dell’odio, della vendetta e del potere. Per la famiglia, per chi si ama si fa di tutto, si mette in dubbio qualsiasi cosa e Mehdi e Liana, uno dei personaggi più interessanti della serie, si trovano coinvolti in una guerra territoriale, violenta e mortale, tra spacciatori e sono costretti a collaborare con il nemico per salvare la giovane.

La premessa di Rapinatori – La serie è interessante e colpisce la determinazione dell’uomo e della giovane donna che fanno di tutto per salvare Shainez, poi però negli episodi si inseriscono altri personaggi e altri intrecci che complicano la storia, primo fra tutti Saber, la sua vita, suo padre e sua cugina Sofia (Nabiha Akkari) che avrà un ruolo fondamentale nei rapporti tra le due fazioni.

Uno dei punti deboli della serie sta proprio in questo: il rapporto che si instaura tra spettatore e personaggi. Non c’è empatia: non ci si immedesima in loro, non si parteggia per loro, neppure nei momenti di maggior tensione ci si sente partecipi del dolore, della sofferenza, della gioia. Nonostante i buoni propositi, la scrittura che sa dosare bene ansia e adrenalina, mescolandole ai momenti più intimi e drammatici, si sta sempre un passo indietro. 

Rapinatori – La serie: c’è tensione ma manca l’empatia con i personaggi

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I sei episodi sembrano essere molto di più perché la sensazione è quella di galleggiare in un mare in cui non ci si perde mai davvero, non ci si lascia mai andare profondamente. Ci sono vari punti a favore di una serie come Rapinatori – La serie ma non c’è il vero colpo di fulmine e lascia un po’ di amaro in bocca, anche a causa di personaggi un po’ piatti e stereotipati.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8

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