Record of youth: recensione della serie Netflix sudcoreana
Record of youth: la serie TV sulle immagini che non riesce a rimanere impressa.
Sa Hye-jun, Ahn Jeong-ha e Won Hae-hyo sono i tre giovani protagonisti di Record of youth la serie sudcoreana appena arrivata su Netflix, incentrata sulle aspirazioni di questi ragazzi di affermarsi nel mondo della moda e dello spettacolo. Intorno a loro, altre persone anelano il raggiungimento del successo, amplificando i loro sforzi per affermarsi in un ambiente lavorativo (e non solo) molto difficile da domare. Le loro carriere come attori, modelli, truccatrici e fotografi vengono costantemente messe a rischio dalla volubilità dei datori di lavoro e dei loro collaboratori, provocando ogni volta forti ripercussioni anche negli aspetti più intimi delle vite dei giovani protagonisti. Composta da 16 episodi, Record of youth ha avuto grande successo in patria ed è arrivata su Netflix in versione originale, al momento solo sottotitolata in italiano.
Record of youth: usare le immagini per vivere in eterno
L’intenzione di Record of youth è chiara fin dal titolo: ripercorrere le vicende di giovani ragazzi ambiziosi, di vivere le aspirazioni giovanili (forse in alcuni casi anche ingenui) di persone che si stanno affacciando a uno degli ambienti lavorativi più ostici di tutti. La dimensione del ricordo, finanche del racconto a posteriori, viene amplificata nel corso degli episodi, grazie a brevi anticipazioni e indizi sugli svolgimenti futuri che costellano gli episodi della serie. Il lavoro stesso dei ragazzi si occupa di creare immagini che possano restare oltre la loro esperienza contingente: dalla fotografia alla recitazione, i protagonisti, seppure indirettamente, cercano un modo per far perdurare la loro giovinezza e mantenere lo slancio ambizioso che li porti finalmente ad affermarsi dove vorrebbero. L’estetica dominante in Record of youth è chiara, quasi diafana. Le immagini sono un tripudio di luminosità come dentro uno studio televisivo, tanto da rendere a tratti algida la fotografia e da inibire la permeazione delle emozioni. Questo elemento si aggiunge anche alla dimensione sonora, che risulta asciutta e piuttosto rigida, relegando alla colonna sonora intesa in senso stretto tutti i commenti musicali. La centralità dei protagonisti e il fatto che tutto il racconto si occupi di loro è ben evidente e tende a irrigidire tutto il resto della narrazione, creando di fatto un ambiente asettico e poco comunicativo da un punto di vista empatico.
Record of youth: un prodotto forzato
Il grande successo in Corea del Sud e l’evidente centralità del mondo lavorativo nella vita dei ragazzi denota fin da subito quanto l’impatto sul pubblico di Record of youth sia legato a fattori culturali e che in questo senso il suo modo di parlare cosí diretto e senza commenti possa inficiare la fruizione della serie stessa. Belle immagini, un’estetica impeccabile e tanta recitazione meccanica (per non dire forzata): queste sono invece le definizioni che in breve verrebbero da attribuire a questa sceneggiatura. Con lo scorrere degli episodi si entra, ovviamente, più all’interno delle dinamiche interpersonali e dei meccanismi anche sociali che muovono i personaggi dal loro interno, ma la sensazione generale continua a essere quella di un prodotto in cui buona parte della fidelizzazione dello spettatore avviene grazie alla sua caparbietà e curiosità individuale. La linearità del racconto e l’immediatezza comunicativa delle immagini risentono, insomma, di un eccessivo contegno emozionale che, lungi dall’auspicare un melodramma in stile Shondaland, rischia di privare il pubblico di sintonia e affiatamento ai personaggi, andando incontro di fatto a una incomunicabilità che non riguarda il mero aspetto linguistico.