Russian Doll – stagione 2: recensione della serie Netflix
L'interpretazione di Natasha Lyonne e un'impeccabile colonna sonora rendono la seconda stagione di Russian Doll degna di nota.
La matrioska, che suggerisce storie e situazioni a incastro da cogliere pienamente, è il simbolo di Russian Doll 2 in cui l’inarrestabile protagonista Nadia Vulvokov (interpretata da Natasha Lyonne) è la più piccola bambola del suo pazzo gioco chiamato vita, il “seme” inserito nel penultimo pezzo a sua volta inserito nel precedente. Nadia è chiamata a ricomporre l’intera “matrioska della sua esistenza” a partire dal pezzo “madre” che completa il cerchio invisibile. La seconda stagione della comedy, con i suoi sette nuovi episodi, è tutta declinata al femminile: la “russian doll” infatti è custode nel suo grembo simbolico di numerosi “figli” sia quando tutti i pezzi vi rimangono dentro sia quando decide di sdoppiarsi, aprirsi e mostrare i suoi strati interiori. Perché in questo secondo ciclo di episodi creato, interpretato e diretto dalla stessa Natasha Lyonne, si viaggia nel tempo, ma anche negli strati dell’animo, e si esplorano, con spirito graffiante e attraverso una lente fantascientifica e contorta, tematiche sull’esistere come l’ autorealizzazione e le nuove consapevolezze, l’eredità familiare e il destino. La serie tv premiata agli Emmy Awards è disponibile su Netflix dal 20 aprile 2022.
Russian Doll 2: Nadia e Alan sono bloccati nel passato nei corpi delle proprie madri
“Someone who’s there/ Feeling unknown/ And you’re all alone/ Flesh and bone“, il pilot della seconda stagione di Russian Doll si carica della tensione rock and blues creata da un iniziale brano dei Depeche Mode, quando Nadia prende la metropolitana per l’ospedale dove incontra sua nonna Ruthie. La tematica centrale dei nuovi capitoli è ancora una volta il tempo, le cui geometrie questa volta sono disegnate in modo diverso e con uno schema più intimo. Se in Russian Doll la protagonista si trovava bloccata in un loop temporale nel giorno del 36esimo compleanno, in questa seconda stagione arriva a viaggiare dal futuro. Mancano sette giorni al suo 40esimo compleanno, una data simbolica: è il momento in cui si fa un primo significativo bilancio della propria vita, quando si guarda al proprio vissuto, anche familiare.
Russian Doll 2 è infatti ambientata quattro anni dopo, quando Nadia e Alan (Charlie Barnett) sono scampati insieme al loop temporale della mortalità, e rivela un destino peggiore della morte infinita del primo ciclo. I due hanno tenuto d’occhio la linea temporale senza subire stravolgimenti fino a quel momento, quando all’improvviso la donna si ritrova catapultata nel passato dopo aver preso la metro. I due personaggi sono costretti a vivere nei corpi delle proprie madri e a scavare più a fondo nei loro passati (dal quarto episodio il focus si sposta su Alan) attraverso un insolito portale temporale collocato in uno dei luoghi più noti di Manhattan. Ma a che scopo si torna nel passato se non per modificare gli eventi? Inizialmente vivono questa situazione come un’avventura intergenerazionale in continua espansione che attraversa varie linee temporali; presto, però, scoprono che l’eccezionale evento ha in serbo per loro più di quanto si aspettassero.
Una stagione di simbolismi con un’impeccabile colonna sonora
Russian Doll 2 si presenta quindi come una stagione in cui si procede attraverso i simboli per costruire una narrazione che riguarda tutta una generazione femminile. La bambolina russa numero 1 cerca di capire come tornare nel suo presente, ma ha anche la possibilità di vivere nel passato, nel corpo della schizofrenica e paranoica madre Lenora (Chloë Sevigny). Insomma, più che viaggiatrice del tempo, come ammette la stessa Nadia, è prigioniera del tempo. Nadia e Alan avranno ognuno la propria storyline (dal quarto episodio inizia quella di Alan) che come sempre convergono alla fine. Con lo script Natasha Lyonne strizza l’occhio ai cinefili, anche se noi di Cinematographe avremmo apprezzato una sceneggiatura con più appeal, e magari con dialoghi più ridotti, che avrebbe migliorato la risposta emotiva. La fotografia di scena invece, come i movimenti di macchina, sono molto buoni, ma il parametro filmico che più di tutti contribuisce a creare la cifra stilistica e l’espressività della seconda stagione, in linea con la performance della Lyonne, è l’apprezzatissima scelta della colonna sonora che riesce ad esprimere le diverse anime di Russian Doll: la ribellione rock, il ritmo blues, la leggerezza pop e gli elementi di swing della disco music, perché Natasha Lyonne non si sdoppia solamente, ma gira su se stessa mentre la macchina da presa ruota intorno alla scena: è la matrioska che mostra i suoi volti, è la vita che gira e non si ferma. La vita che va dove deve andare; l’autrice lo dice ad alta voce: “Quando l’universo si fa i cazzi tuoi, bisogna accettarlo”. Ecco l’età della consapevolezza di sé e di un “sano” disincanto pro definizione.