Sarò mamma: recensione della serie TV Netflix

Una dottoressa in fertilità cerca la via più ingarbugliata (e più comica) per diventare mamma (e finalmente crescere) a quasi quarant'anni. Sarò mamma, miniserie danese in sei episodi, è disponibile dall'8 giugno su Netflix, Da non perdere.

La protagonista di Sarò mamma, miniserie Netflix in sei episodi disponibili dall’8 giungo, è una trentasettenne un po’ sorniona, dottoressa specializzata in fertilità, tuttavia convinta, nonostante la professione, a non avere figli. Ne è convinta fino a un momento che gli stravolge tutte le certezze, quello in cui, per provare il nuovo macchinario ecografico di ultima generazione appena arrivato in clinica, scopre che le rimangono solamente 6 cicli per poter rimanere incinta prima della (precoce) menopausa.

Una genetica beffarda e impietosa, ‒ per giunta ereditata dalla madre, cantante edonista e frivola la quale continua a metterla in imbarazzo, ‒ che la trascina, una notte da ubriaca, ad auto impiantarsi un campione di sperma provocando il sospetto furto del ‘prezioso materiale’ e dunque i guai aziendali: una delle tante, troppe decisioni sbagliate di una Peter Pan col camice e il volto angelico che non ne azzecca proprio una. Quel campione, non bastasse, è stato depositato qualche giorno prima dall’ex compagno Mathias (Simon Sears), arrivato a Copenaghen dal Nepal e incontrato per caso nell’edificio accanto alla Banca del Seme.

A dispetto della trama, Sarò mamma è un racconto in grado di maneggiare con realismo e sensibilità il tema (molto attuale) della fertilità

sarò mamma cinematographe.it

Dalla trama, che a leggersi sembra incredibilmente surreale e forse anche un po’ ridicola, Sarò mamma sembrerebbe una serie comica dallo spunto inverosimile fine a sé stesso, in cui l’atto di auto inseminazione fornisce la percentuale di assurdo paradossale che azzera l’opportunità narrativa di riflettere su argomenti più concreti e collaterali, come la crisi della maternità nell’epoca moderna; le sfide psicologiche e relazionali della fecondazione assistita; l’orologio biologico che continua ad alzarsi in future madri che si rendono conto di volere un figlio quando il corpo sembra non permetterlo più.

Al contrario, grazie a una scrittura beffarda ma acutissima che sfrutta quel device singolare per ben altri fini, quel che viene fuori è un vero e proprio racconto di formazione sulla soglia dei quaranta, ove l’epifania del desiderio materno viene usato invece come fulcro di svolta. Un vettore di un cambiamento personale cioè, sensibile e carico di umanità, che pone continuamente in parallelo le sfide e i dubbi delle coppie seguite da Nana con quelli che lei stessa si trova a fronteggiare, barcamenandosi in una situazione, certamente da ridere, tuttavia in grado di dialogare con qualsiasi donna all’ascolto, già madre o single, ventenne o ultra quarantenne, in modo diretto, concreto e fortemente empatico.

Nana, millennial eterna adolescente che si accorge di dover dir(si) la verità

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In quella clinica dai colori tenui, costantemente permeata da luci soffuse e da un silenzio rispettoso mai tombale, assistiamo alle ecografie e udiamo in vivavoce i rapidissimi battiti cardiaci dei nascituri; viviamo accanto alle coppie le frustrazioni dei tentativi falliti e lo scoraggiamento di arrivare ad un qualcosa, un figlio, in modo artificiale quando invece nella maggioranza avviene con grande naturalità. Un’attenzione alla genitorialità non comune e in tutte le sue forme che Sarò mamma (Skrunk nel titolo originale) ci restituisce con toni mai freddi ed esplicitamente chirurgici, ma che accompagnano, come a voler dialogare, il coming-of-age di una protagonista, brillantemente interpretata dall’attrice Josephine Park (The Investigation, Shorta), in balia di un viaggio personale, che a tratti diventerà una vera rom-com, chiusa con un esito di realizzazione delle proprie capacità e di fede in sé stessa.

Abituata a mentire per assecondare e rassicurare i pazienti sulle bugie (una volta dice di aver avuto figli tramite fecondazione, una volta millanta la sua routine di madre di gemelli, una volta ancora di avere una compagnia che ha ‘incubato’ la propria figlia), Nana sembra il personaggio perfetto per incarnare il ritratto delle non madri Millennials del duemilaventi: eterne adolescenti, precarie e insicure su chi amare, rimandano e rimandano perché un compagno fisso non c’è. Ma cosa succede quando le lancette fanno vacillare quell’unica certezza, accorciando tempi che sembravano non avere una data di scadenza?

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3

Tags: Netflix