Entrando nel vivo, la narrazione di Scissione, paradossalmente, si muove tra un design pulito, abitato da personaggi che sembrano smarriti nella quotidianità, predestinati ad una vita amorfa tra bianche pareti e sedie verdi. La sensazione è quella di sentirsi oppressi e soffocati dall’eccessiva centralità del lavoro, uscendone quasi affaticati
come un lunedì di fine anno. Tutti i personaggi, sempre troppo sereni e troppo felici, soffocano la consapevolezza della noia, quella noia assassina verso se stessi e verso gli altri, anche se di altri è errato parlare. Ciò che vuole essere posto all’attenzione dello spettatore chiaramente è un assoluto, solitario personalismo da non confondersi con il riflesso di una dimensione interiore; non c’è nella serie spazio per i sentimentalismi, tutto è diretto a ciò che si presenta nella sua concretezza, elemento di vitalità.
Ambienti che rispondono a tecnologie avanzate evidenziando la volontà del regista, soddisfatta in pieno, di creare la rappresentazione perfetta del lavoratore perfetto, privo di passioni, di ossessioni o di problematiche che potrebbero implicare la normalità o produrre disattenzioni tali da smarrire o confondere o addirittura distrarre dall’unico obiettivo che è il lavoro. Non è possibile avere nessun contatto con l’esterno, non è possibile servirsi di una connessione internet che possa aggiornare su tutto ciò che succede fuori, e questo paradossalmente sembra non scuotere interessare a nessun personaggio, completamente assuefatto ad una realtà dentro una realtà, le quali si escludono a vicenda, ignorano l’esistenza l’una dell’altra.
Un racconto che estremizza l’idea alla base del fordismo, meccanizzando il lavoro, assolutizzandolo e allontanandolo dal concetto di umanità e di uomo. L’ “amnesia” come formula verso la strada del successo, la “scissione” completa dalla vita privata per non compromettere l’operosità. Una macchina da lavoro, un computer perfettamente sincronizzato per otto ore al giorno.
Un rovesciamento di valori che evidenzia quanto sia sottile la linea di demarcazione tra vita privata e vita professionale
Un tempo stabilito in cui ignorare le relazioni, per cadere poi nella dimenticanza reciproca, nell’oblio relazionale seguendo il concetto del “dentro o fuori”: una bolla d’acqua con poco ossigeno e in cui sembra difficile persino respirare, in cui la perseveranza diventa sopravvivenza. Riflessioni eccezionali dirette da Dan Erickson, boccheggiano tra formiche operative e dimensioni mentali nude di umanità. La serie è una chiara denuncia al lavoro padrone; un’anastrofe, un rovesciamento di valori che evidenzia quanto sia sottile la linea di demarcazione tra vita privata e vita professionale e quanto sia necessario che l’una sia il completamento dell’altra.