Sexify: recensione della serie TV polacca disponibile su Netflix
Tre giovani donne provenienti da diversi ambienti sociali e con alle spalle diverse 'biografie' amorose, si ritrovano a lavorare insieme a un progetto: devono sviluppare un'app per ottimizzare le possibilità per le donne di raggiungere l'orgasmo. Sarà per tutte un viaggio alla scoperta di sé.
Quando Monika, una delle tre protagoniste, cerca su Internet quali siano le app in circolazione dedicate al piacere femminile, si ritrova sbalordita di fronte a un vuoto dell’offerta: al godimento sessuale delle donne, a quanto pare, non pensa nessuno. Figlia di un danaroso imprenditore di Varsavia e di un’istruttrice mindfulness dalla visione olistica, si è vista chiudere i ‘rubinetti’ da papà a causa delle sue intemperanze (anche) erotiche. Costretta a laurearsi in fretta per poter diventare economicamente indipendente, torna allo studentato dell’università, prima di allora poco frequentata.
Lì conosce rocambolescamente Natalia e Paulina, migliori amiche da tempo. La prima, cresciuta in provincia in una famiglia matriarcale ostile agli uomini, è un prodigio dell’informatica determinata a farsi strada nella grande città: tutta cervello, non ha alcuna dimestichezza né con il corpo né coi sentimenti.
La seconda, cattolica e tradizionalista, dopo un fidanzamento di lungo corso, è promessa sposa di un militare. Le tre ragazze si ritrovano a lavorare in team (clandestinamente) per sviluppare un’app – questa la ragione della ricerca di Monika di cui sopra – in grado di aiutare le donne a ottimizzare gli orgasmi attraverso una mappatura delle loro zone erogene.
Benché spinte al progetto da interessi diversi, perlopiù opportunistici, tutte e tre scoprono nel percorso non tanto qualcosa di più su loro stesse, ma qualcosa di ‘meno’, e alla fine risulterà evidente a tutte che non è solo la vergine Natalia a non sapere nulla di sesso.
Sexify: un racconto di formazione intorno al più inafferrabile dei misteri, il piacere femminile
Sexify si rivela incisiva nella levità con cui segue questo racconto di formazione al femminile in cui ciascuna delle eroine protagoniste si sperimenta e scopre diversa da quella che si credeva e comprende fino a che punto il piacere sia insieme un fatto ‘chimico’ e un mistero non del tutto riducibile a misurazioni e parametri scientifici.
È la serie più autenticamente femminista in circolazione perché, senza ricorrere a espedienti pedagogici e concepire il sesso in termini unicamente fisiologici e ‘muscolari’, riflette intorno alla necessità per le donne non solo di scoprire in che modo possono trarre il maggior piacere possibile dalla masturbazione o dalle loro relazioni intime, ma anche di esigere incondizionatamente quello stesso piacere da se stesse e dal partner.
Denuncia sì una società ‘tagliata’ sulle modalità maschili di godimento, in cui pare impossibile superare la visione fallica della sessualità in direzione di al di là del fallo inclusiva delle diverse (e più ampie) possibilità femminili di godimento sessuale, ma nondimeno non si appiattisce sulla rivendicazione civile, rivelando un’apertura ariosa, un respiro universale, non soggetto alle mode ideologiche, ma per così dire etico: ecco, se c’è una cosa che Sexify ci insegna, è che è più etico godere piuttosto che fingere di farlo.
Sexify: non solo una storia d’emancipazione e di amicizia, ma anche un vibrante ritratto della Polonia contemporanea
Le ambientazioni e la caratterizzazione dei personaggi secondari – i vari componenti delle famiglie delle ragazze, l’almodovariana custode dello studentato – si distinguono per la precisione del tratto, meritoriamente non prerogativa delle sole protagoniste: nulla, in Sexify, appare macchiettistico o approssimato.
Benché non manchi qualche deragliamento verso il mélo, la serie si mantiene fino alla fine coerente nell’intonazione da commedia intelligente, pur dietro il sembiante di teen drama – le protagoniste hanno, però, superata da tempo l’adolescenza – à la Sex Education. Sexify intercetta tematiche, urgenze e persino fisicità contemporanee (Adam, primo ‘amore’ di Natalia, è un Timothée Chalamet polacco), ma, in fondo, non somiglia che a se stessa.
E, oltre a metterci a parte di una storia di emancipazione e di amicizia, porta in scena, attraverso la ricostruzione di dinamiche e narrazioni famigliari particolari, un Paese come la Polonia che, vivo e sfaccettato, si candida al ruolo di quarto protagonista e che, senza dubbio, sarebbe bello vedere maggiormente rappresentato dalla serialità.