Shogun: recensione della serie TV su Disney+

Un tuffo nella storia del Giappone feudale e dei suoi contatti con l'Occidente.

Prepotente uscita in streaming per un prodotto dai mille volti e che farà parlare di sè. Shogun è un prodotto che mostra fin dai primi trailer l’aspirazione a essere una grande serie, curata e pulita ma senza l’effettivo slancio d’originalità che invece avrebbe messo un timbro inequivocabile di qualità che durante gli episodi talvolta manca. Ispirata dal romanzo omonimo edito nel 1975 e scritto da James Clavell, Shogun occupa una nicchia che normalmente viene riempita da film di bassa lega o vecchissimi prodotti cult senza nulla nel mezzo. Il problema principale? Troppo Occidente.

Shogun, fra miti e realtà del Sol Levante

Shogun - Cinematographe.it

Siamo all’incirca nella prima metà del XVI secolo, John Blackthorne (Cosmo Jarvis) naufraga insieme al suo piccolo equipaggio sulle coste del Giappone dove viene catturato da un signore feudale che fa capo a Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada), uno dei più potenti daymo del Sol Levante che si trova in una posizione politicamente pericolosissima e che aspira a eliminare tutti i suoi avversari. Con una fotografia particolarmente curata ed un reparto dei costumi di altissimo pregio, ci si trova davanti a immagini evocative, pregne di significato. La cura negli stendardi, nelle case tipiche o nelle stesse usanze ai nostri occhi folli, denotano una grande ricerca dietro l’intera serie e linearità con il romanzo originale.

La nota dolente della storia è tenuta dal protagonista John: le sue interazioni, la recitazione e la scrittura piuttosto semplici creano i presupposti per evidenziare un contrasto troppo evidente. Con un’interpretazione che in troppe situazioni ricorda vagamente quella di Tom Hardy senza mai, com’è ovvio che sia, raggiungere quei livelli. Sicuramente è stata intenzione dei produttori, sottolineare in modo così esplicito le enormi differenze che aleggiano fra il protagonista e l’ambiente che c’è intorno, ma bisogna riconoscere che non sempre la scelta sia stata azzeccata e che in generale vada a rovinare la quasi perfetta linearità del soggetto. Il personaggio di John Blackthorne è direttamente ispirato ad un inglese realmente esistito, William Adams che divenne un samurai al servizio Tokugawa Ieyasu, da cui chiaramente è stato utilizzato per prendere ispirazione nella creazione di Toranaga. Il rapporto fra Lady Toda Mariko (Anna Sawai) e John è stato scritto su una grande quantità di stereotipi e scelte collaudatissime, rendendolo piuttosto banale e vizioso senza aggiungere quasi nulla alla storia principale.

La guerra dei mondi

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Altissime potenzialità, evidenziate dal fatto che quando una produzione occidentale si propone di descrivere l’Oriente possono accadere due cose: o budget bassissimi e prodotto senza valore, oppure enormi produzioni che si propongono di raccontare il “vero Oriente”. In questo caso Shogun propende verso la seconda soluzione. Il problema è che in questi casi c’è quasi sempre troppo Occidente. Storie d’amore, intrighi e scritture che hanno solo di facciata un comportamento “orientale”, per poi essere nel profondo storie che abbiamo già visto e letto con attori giapponesi, samurai e qualche seppuku qua e là. Per questa produzione in particolare mancano gli elementi di originalità, poiché per tutto il resto della produzione non c’è molto da dire. Una direzione di regia che si fa apprezzare per essere morbida, ma anche risoluta e ferma abbracciando quasi i comportamenti cerimoniosi del Giappone feudale. Accompagnata da una cura quasi maniacale nella scrittura e nelle interpretazioni di quasi tutto il cast (fatta ovviamente eccezione per Cosmo Jarvis).

Non stupirebbe se la serie venisse apprezzata dal grande pubblico, quello generalista, che propende sempre verso questo genere di confezionamenti. Difatti la serie scorre con grandissima facilità, non annoia e suscita sempre quell’interesse in più a scoprire cosa succederà dopo. I dialoghi risultano di particolare interesse grazie all’importante ruolo della lingua che aleggia in tutta la serie. Va aggiunta però una nota negativa, anche se di pura specificazione: tecnicamente John Blackthorne dovrebbe parlare tutto il tempo portoghese, e non inglese come invece succede, questo perché i primi ad arrivare nell’arcipelago giapponese furono i portoghesi, gli olandesi e solo in un secondo momento gli inglesi. A concordare ciò viene detto che Lady Mariko impara il portoghese da un prete cattolico per l’appunto portoghese. In un’altra linea di dialogo John Blackthorne incontra un capitano di una nave portoghese che tecnicamente riconosce subito l’accento straniero di John, facendogli però i complimenti per la sua conoscenza della lingua. Ovviamente tutto ciò mentre i personaggi parlano in inglese. Insomma, un po’ di confusione e che risulta leggermente inspiegabile.

Shogun: valutazione e conclusione

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In conclusione: Shogun è una serie piacevole, che si lascia apprezzare e che sicuramente avrà una grande risonanza. Peccato che poi sia un prodotto come ne esistono tanti altri e senza una via di distaccamento dalle storie già narrate. Comunque vi consigliamo di vederla a cuor leggero, senza fare troppo caso ai possibili errori storici e alle romanzate vicende che potrebbero non piacere a tutti. Se però avete un amico o un’amica che sa tutto sul Giappone, preparatevi a sentire tante ramanzine e a fermare molte volte la visione per sentire questa o l’altra spiegazione sul perché la serie ha sbagliato completamente nel descrivere una situazione. Disponibile su Disney+ dal 27 Febbraio, prodotta da DNA Films, Fx Productions e Michael De Luca Productions.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5