Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa: recensione della miniserie di Rai1
Lo sguardo. Questo è ciò che determina e costruisce il mondo di Letizia Battaglia. Uno sguardo potente e sincero in grado di entrare nel mondo immortalando alcuni dei momenti più importanti della nostra storia e di raccontare i volti, i corpi di bambine e donne che vivono ciascuna le proprie guerre. Letizia Battaglia con i suoi occhi e con l’occhio della sua macchina fotografica compone con le foto un’immagine chiara e intensa della Palermo di quegli anni ma narra anche di tutte quelle bambine e donne in cui rivede un po’ di sé. Roberto Andò nella miniserie in due puntate, Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa in onda su Rai 1 il 22 e il 23 maggio 2022, porta tutta la vita della sua protagonista, interpretata da una meravigliosa Isabella Ragonese che dà corpo ad una giovane Letizia che cerca di trovare il proprio posto nel mondo tra dolori, spaesamento e cambiamenti e alla fotografa che inizia a capire chi e cosa vuole essere.
Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa: l’importanza dello sguardo di una donna libera
Il titolo Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa fa capire cosa Roberto Andò voglia raccontare: la passione di una donna che ha un nome e un cognome e che fa la fotografa, potrebbe sembrare una cosa normale, scontata, una sottolineatura semplice ma non è così per l’epoca. Non l’avrebbe mai pensato la piccola Letizia che lo spettatore incontra all’inizio della prima puntata, piangente perché il padre l’ha sgridata e rinchiusa in casa dopo che è tornata piangente a causa di un uomo che ha esibito i genitali davanti a lei. Non l’avrebbe mai immaginato quella bambina a cui il padre ordina di camminare guardando a terra, cosa avrebbe fatto in seguito, che sarebbe diventata una fotografa, non rientrando nello schema tradizionale e patriarcale in cui sarebbe dovuto rientrare. Quell’episodio così disturbante è stato un punto di svolta, da quel momento in poi dentro di lei è stato posto un seme: tutti le vogliono togliere la libertà, lei proprio quella libertà ricercherà in futuro, quello sguardo lo ha alzato, bene, ed è diventato il mezzo per autodeterminarsi e “determinare” il mondo.
Per questo dunque il titolo della miniserie è così importante: Lei, Letizia Battaglia è una fotografa e lo ha fatto sempre per passione, una passione che l’ha spinta tra gli omicidi, tra le pagine del quotidiano L’Ora di Palermo, voce più forte e coraggiosa contro la mafia, unica fotografa in un mondo di uomini, poi in giro per il mondo quando inizia ad essere premiata. Lei è Letizia Battaglia la donna che ha fotografato la morte, il sangue con un bianco e nero poetico e struggente, lei non è soltanto una fotoreporter è una vera e propria poetessa della fotografia. Nella miniserie c’è Letizia bambina, già ribelle, che cerca di leggere Piccole donne, ascoltare Beethoven mentre la rinchiudono in un collegio di suore perché strana, diversa. Si sposa a 16 per fuggire dalla casa paterna e poi di nuovo fugge, trovando il coraggio di lasciare il marito e diventa non più una delle tante ma una che è conosciuta per nome e cognome.
Andò racconta così la sua straordinaria e movimentata vita, la segue lungo un arco temporale che va dagli anni ’50 ai giorni nostri e mostra la sua infinita voglia di libertà e di verità, il suo profondo amore per Palermo, la sua crescita e maturazione per cui si ritrova ad essere una donna sicura e forte. A poco a poco inizia ad affrontare il mondo da sola, lottando per sopravvivere alle giornate, occupandosi delle figlie, lasciando Palermo per andare a Milano per poi tornare a Palermo, e arriva il momento della notorietà e dei premi (Eugene Smith). Il passo non è stato breve ma da moglie infelice e giovane madre di tre figlie diventa la macchina fotografica più importante dei suoi giorni, abitando un mondo prevalentemente maschile, maschilista, un mondo che non le fa sconti nei primi anni, irridendola spesso, umiliandola, sbarrandole la strada.
Sedicenne si sposa per fuggire da un padre ingombrante e finisce imbrigliata in un matrimonio prigione. La storia sembra ripetersi, ma Letizia ha una forza interiore inimmaginabile, e spezza quel circolo vizioso in cui è finita e lo fa prima di inabissarsi in un gorgo da cui non sarebbe uscita viva. Inizia a perdersi nel dolore, nella tristezza, viene sopraffatta da attacchi di panico potenti che la sconquassano dal di dentro, viene rinchiusa più volte i cliniche per curarsi. Franco Stagnitta (Paolo Briguglia), suo marito, dimostra si essere uomo castrante tanto quanto lo era stato il padre e così si ripete uno schema che molto altre donne hanno vissuto sulla loro pelle ma a poco a poco, tra una crisi e un’altra, Letizia inizia a comprendere che non può continuare così, deve uscire da quella prigione dorata. Lei avrebbe voluto studiare, lavorare, invece è rinchiusa in quella casa a due dimensioni, quella di madre – diventa madre tre volte – e di moglie. Spinta anche dall’amore passionale nato per un giovane fotografo, Santi Caleca (Enrico Inserra), il desiderio di fuggire un’altra volta fa sì che Letizia decida di cercarsi un lavoro per poter essere indipendente: entra nella redazione del quotidiano L’Ora. Quell’estate la sua vita cambia corso.
Una macchina fotografica può salvare una vita
A salvare Letizia sono da una parte lo psicanalista Francesco Corrao (Roberto De Francesco) con cui fa un viaggio tanto doloroso quanto meraviglioso – grazie a lui ritrova la luce e una nuova consapevolezza di sé -, e dall’altra la macchina fotografica. Grazie a questo strumento rinasce, il suo sguardo diventa mezzo per raccontare e raccontarsi perché inevitabilmente ciò che imprimi sulla pellicola definisce anche chi è dall’altra parte dell’obiettivo, mentre fotografa inizia a prendere coscienza di sé, scopre e riconosce la sua identità. Letizia Battaglia ha quasi quarant’anni quando compie il primo gesto rivoluzionario della sua vita, forse il più importante e il destino l’assiste, è l’estate del 1969 e L’Ora non ha cronisti, quasi tutti sono in vacanza e c’è posto per lei. Letizia con il coraggio che solo un’anima sensibile e fragile possiede, chiede di lavorare, lei è uno spirito libero, un animo irrequieto, e alla domanda del direttore Vittorio Nisticò di cosa avrebbe voluto scrivere, risponde sicura “di poveri, nomadi, circhi e pazzi”. Si tratta di una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Già l’anno prima era entrata nella stessa redazione per essere intervistata dalla giornalista Giuliana Saladino (Anna Bonaiuto), che stava lavorando ad un pezzo sulle donne borghesi e infelici di Palermo, un primo mattoncino per liberarsi dal giogo del matrimonio, ma questa seconda volta ha tutto un altro valore. Qui trova qualcuno che le dà una possibilità e la mette a scrivere ma c’è una clausola: quando si scrive un articolo c’è sempre bisogno di una fotografia. Ancora senza chiedere il permesso, lei c’è sempre, arriva sul posto, urla, sbraita, chiede di entrare per fotografare: il suo occhio vale tanto quanto quello degli uomini dice. Per come è abituata deve avvicinarsi il più possibile tanto da prendersi calci dai “cattivi” di turno, ma lei non prende mai paura. Racconta gli anni bui, ha un occhio speciale che inquadra, narra, mostra persone comuni, mafiosi, politici, intellettuali, magistrati, uomini dello stato per dire ai palermitani e non solo: guardate, guardate cosa è la mafia.
Solo per passione è una biografia forte che procede con serietà e profondità; Letizia si presenta nella prima serata come una donna, con tutte le sue fragilità, la sua caparbietà, ribelle e anticonformista, si mostra talentuosa, una fotografa dotata di un occhio poetico e cronachistico insieme, capace di raccontare i corpi dilaniati da Cosa Nostra e le bambine in cui ritrova il suo stesso sguardo misto di voglia di libertà, velato di tristezza ma mai intriso di rassegnazione. Ha detto di essere capace di accarezzare ma anche di dare pugni con la sua fidata compagna, e la stessa cosa fa la miniserie dando allo spettatore momenti di estrema sofferenza facendo rivivere le lacrimose giornate palermitane, e altri estremamente lirici in cui si ammira la divina energia creatrice di una grande donna.
Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa: il racconto di una città
Andò porta sullo schermo la storia di Letizia Battaglia che diventa anche racconto di Palermo che si fa più assordante per il sangue che scorre nella seconda parte. In quegli anni incontra il fotografo Franco Zecchin (Federico Brugnone), si innamorano e assieme lavorano senza sosta. Nel 1974 fonda con lui un’importante agenzia dal nome Informazione Fotografica. Palermo si fa teatro di omicidi in cui gli uomini giusti cadono, quelli cha combattono per la verità: muoiono di volta in volta giornalisti, presidenti di Regione, poliziotti, magistrati e lì c’è sempre lei, pronta a correre da una parte all’altra per arrivare prima sul posto. Le viene chiesto da Falcone di lasciare perdere, nel momento in cui i segnali di irritazione verso lei e il suo lavoro si fanno più insistenti, ma per Letizia l’impegno civile e troppo importante e non vuole retrocedere, l’impegno di tutti è necessario e dimostra resistendo quanto la sua visione del mondo sia ormai ben definita. La famosa mostra nelle piazze, luogo simbolo della comunità e della vita politica, di Palermo in cui vengono esibite le fotografie sue e dei suoi colleghi che immortalano gli eroi morti, fatti a pezzi, freddati da mani ingiuste, prive di pietà, ha un senso proprio in relazione al profilo umano e civile che caratterizza Battaglia.
Il capo della Squadra Mobile di Palermo, lo “sceriffo buono” Boris Giuliano, il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella fotografato da Battaglia tra le braccia di suo fratello Sergio Mattarella, il nostro Presidente della Repubblica, solo due nomi, solo due fotografie, in bianco e nero, per riportare alla mente i molti scatti di Battaglia che ha costruito un enorme archivio dell’orrore da cui ad un certo punto tenta di fuggire. Si rifiuta di vedere le morti di Falcone e Borsellino e quindi di fotografare le stragi di Capaci e via D’Amelio, per lei ormai il peso della morte, dell’ingiustizia, del male è troppo gravoso, insopportabile.
Scappa quindi dalla fotografia civile perché il tasso di sangue, di dolore è troppo alto e per fare del bene alla sua città entra in politica. Mentre cammina per la città imprime sulla pellicola le bambine che incontra, le donne in cui ritrova un po’ di sé, del suo vissuto, proprio in quei corpi trova qualcosa di interessante da dire e raccontare.
Letizia Battaglia: una donna che ha amato e che è stata amata
Solo per passione è una narrazione anche di sentimenti e d’amore per un luogo, per uno strumento, ma è anche la storia di tutti quelli che sono stati accanto a Letizia, le figlie, il marito, e gli uomini della sua vita, il fotografo Santi Caleca (Enrico Inserra), e poi Franco – entrato poi nella Magnum – che la sostiene, incoraggia e combatte con lei. In relazione al rapporto con Santi e Franco si comprende la maturazione di Letizia che con loro parla, si esprime, dà consigli e ne riceve, sono compagni, non c’è una gerarchia, e nel momento in cui deve decidere sceglie sé stessa e spinge l’altro a fare altrettanto gioendo, anche nel dolore, della felicità e dei successi altrui. Fondamentale è anche l’amica Marilù Balsamo (Roberta Caronia) che l’aiuta in molti momenti importanti, è lei che le regala la prima macchina fotografica, è lei che quando non ha una casa ospita lei e le sue figlie, e Marilù che la comprende e la spinge a migliorarsi mentre è ancora la moglie di Franco.
Letizia, come ha detto più volte, è stata molto amata, forse per l’aura speciale che la avvolgeva e Andò è bravissimo a mettere in luce il carisma difficile da arginare, la vitale e magnetica energia, il talento vivace e lirico, sarà forse perché Battaglia è stata molto presente sul set e ha partecipato attivamente al lavoro di scrittura donando pensieri, ricordi, memorie.
Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa: una miniserie intensa e commovente
Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa è una intensa e commovente miniserie su una donna che ha cercato e lottato per la propria libertà, che ha messo al primo posto la sua città, di cui ha amato tutto perfino l’odore e la bellezza decadente, narrandola in ogni senso. Lo spettatore empatizza con lei, con i suoi drammi e le sue gioie, con la forza che nasconde una estrema e fanciullesca fragilità, con il suo percorso di emancipazione, e si sente partecipe della storia di Letizia, del suo viaggio lungo una vita non facile ma piena, ricca di incontri e di success. Il lavoro di Andò, degli attori, prima fra tutti la bravissima Ragonese, la scrittura dosata e densa si muovono insieme per realizzare una miniserie che arriva dritto al punto, dando importanza allo sguardo di una donna capace di stravolgere la sua vita e quella di una città.