Somebody: recensione della serie TV Netflix
Una rivoluzionaria app d'incontri, un inquietante serial killer, una passione pericolosa. Somebody è la serie coreana disponibile su Netflix dal 18 novembre 2022.
Dal trionfo agli Oscar 2019 con Parasite, fino al record di visualizzazioni della serie evento Squid Game, il cinema coreano sta vivendo un momento di forte rilancio. Attraverso il suo inconfondibile stile, raffinato e assieme truculento, è soprattutto il thriller ad esprimere l’unicità e il potenziale di una visione artistica peculiare, riconoscibile da quella europea, quanto distante dalla più codificata e abituale nordamericana. Cavalcando l’onda del fenomeno dei k-drama, dal 18 novembre 2022 Netflix rende disponibile Somebody, un intrigante thriller dalle venature erotiche e a tratti orrorifiche a cui vale davvero la pena dare un’occhiata.
“Be Somebody to Somebody“
Diretta in tutti i suoi otto episodi da Jung Ji-Woo, qui alla sua prima regia in un racconto seriale, l’escamotage del thrilling trova il suo inizio con l’idea e la messa a punto di un sistema d’intelligenza artificiale realizzato da Kim Sum (Kang Hae-Lim), una giovane programmatrice con la sindrome d’Asperger la quale, durante una fiera tecnologica, presenta appunto Somebody, un prototipo di messaggistica istantanea capace di rilevare in una conversazione anche il contenuto delle frasi scritte e poi cancellate; in grado cioè di mantenere nella memoria della chat la risposta (dunque l’idea) pensata, digitata ma mai inviata del profilo considerato “più timido”.
L’idea viene subito rilevata e sfruttata per l’elaborazione di una app d’incontro dal successo immediato, e Kim Sum, da anonima nerd, diventa in pochi anni la direttrice dell’azienda. Nonostante sia riuscita a far innamorare milioni di persone in tutto il mondo, la vita di Sum è pressoché solitaria, consumata fra lavoro e una casa anonima circondata dalla tecnologia, finché, grazie a un fortunato match, incontra il designer d’architettura Seong Yun-O (Kim Young-Kwang), un giovane uomo che riesce finalmente ad entrare in contatto con la sua indole fuori dal comune.
Quello che la protagonista non sa, ma che presto verrà inevitabilmente a sapere grazie alle uniche relazioni che è riuscita ad instaurare, ‒ le due amiche Yeong Gi-Eun (Kim Soo-Yeon), agente della polizia costretta su una sedia a rotelle, e Mok-Won (Kim Yong-Ji), monaca dai poteri sciamanici ‒ è che quel ragazzo ‘strambo’ che l’appaga sessualmente e la asseconda intellettualmente è in realtà un killer seriale che opera indisturbato per la rete cambiando continuamente identità, frutto stesso della propria invenzione per cuori solitari e per il quale a lungo non riuscirà a fare a meno.
A letto con l’assassino
Partendo dall’inevitabile di un resoconto contemporaneo, che indica quanto ad oggi sia il cellulare a determinare le nostre relazioni sociali, in particolare nella fase della conoscenza che scarta la casualità e l’attesa per arrivare nel più breve tempo possibile alla consumazione dell’atto, sessuale o sentimentale, Somebody scorge fra i perigli degli account fake e del fenomeno del catfishing per dar vita a un thriller denso e ambiguo, senza alcuna la volontà di demonizzare le app e chi le usa. L’appiglio cronachistico, infatti, fa da sfondo alla costruzione di una storia fortemente psicologica, giocata sulla suspense che scorre costantemente fra il serial killer la sua preda, due personalità di outsider attratti l’uno dall’altra il cui erotismo scatena il classico binomio amore e morte che la serie non ha timore di mostrarci con una estrosa dose di audacia tanto quanto lo fa con la violenza.
Nel mondo asettico e a-corporeo in cui si muovono i personaggi, monitorati dagli algoritmi ma quanto mai bisognosi di un contatto fisico, Somebody estremizza l’asocialità del nuovo millennio costruendo una rete di femminicidi e passioni momentanei, sfumando le convenzioni del thriller verso derive horror e poliziesche, spaziando così fra i generi con una certa, apprezzabile, libertà artistica dei suoi creatori. La fascinazione del racconto d’altronde non risiede nel seguire la lenta scoperta dell’identità già annunciata di un omicida seriale, ma piuttosto del muoversi in un bilico fra l’attrazione/repulsione dei due protagonisti, in una Soul decadente che abbatte i suoi edifici e intrappola i suoi abitanti.