Space Force: recensione della serie TV Netflix con Steve Carell
La recensione della prima stagione di Space Force, la nuova serie comedy di Netflix che segna il ritorno della collaborazione tra Greg Daniels e Steve Carell.
Applicando l’evergreen secondo cui “la realtà supera spesso la fantasia” a Space Force, diciamo che esso può essere rimodulato in “la realtà sorpassa spesso la fantasia”, a volte anche facendo il dito medio, in questo caso offrendo inconsapevolmente la possibilità di mettersi in scia.
Si, perché nel momento in cui Greg Daniels e Steve Carell si misero in contatto con Netflix per scrivere un nuovo capitolo del libro delle “workplace comedy”, dopo la loro firma sul fenomeno The Office, nelle loro menti non era minimamente passata l’idea che la creazione di una reale US Space Force stava per essere annunciata da lì a poco dal presidente Trump in persona.
Non sapremo mai quale sarebbe stata la versione di Space Force se i due ideatori avessero dovuto affidarsi solamente alla loro fantasia, a meno di sbottonamenti vari ed eventuali, fatto sta che i primi 10 episodi di questo originale (arriva su Netflix il 29 di maggio), compongono una prima stagione assolutamente valida nel suo essere un connubio di puntuale satira politica (alla maniera di Carell e Daniels) e solido punto di partenza narrativo per un proseguo con del potenziale.
Progetto Space Force
Chissà se Jay Raymond, il generale a cui è stato affidato il primo comando della US Space Force, ha accolto la notizia della sua scelta con lo stesso “entusiasmo” del pluridecorato generale Mark Naird (Steve Carell). Dobbiamo però dire che la sua delusione è quantomeno comprensibile. Pensate se finalmente aveste la possibilità di far sparire una volta per tutte il ghigno canzonatorio dal viso del bulletto di turno che vi ha sempre umiliato e invece vi ritrovaste di nuovo ad essere la sua forma di spasso preferita.
Questo più o meno è quello che succede a Naird, che da essere il probabile nuovo comandante della gloriosa Air Force con tanto di villa nella contea di Arlington, Washington DC, si ritrova in Colorado, in mezzo al nulla, a gestire l’ultima ruota del carro (esclusa la Guardia Costiera, ovviamente) dell’esercito americano. Per di più dovendo combattere con i capricci del Presidente e del suo insopportabile Segretario della Difesa, le nuove difficoltà familiari, il fiato sul collo dei politici sempre pronti a tagliargli i fondi, le manie di protagonismo del suo media manager e le continue lamentele degli scienziati, capeggiati dall’irreprensibile quanto saccente dr. Adrian Mallory (John Malkovich), maestro di stile e convinto obiettore di coscienza. Senza contare il fattore Cina.
Il tutto sotto il giogo di una spada di Damocle riassumibile in “Boots on the moon by 2024“.
Due coppie al timone
Nella ricetta per riuscire a soddisfare le aspettative, tante nel caso di Space Force, Greg Daniels e Steve Carell individuano sapientemente la risposta in un piano logico: creare le basi per una nuova serie comedy nelle loro corde, sfruttando la loro esperienza e le loro indubbie capacità di scrittura ed intrecciandole con uno escamotage narrativo che potesse consentirgli di gettare un occhio parodistico su tutta la poetica dell’eroismo americano. Una scelta talmente felice da diventare premonitoria.
Decidere di lavorare su un campo che racchiude, allo stesso tempo, la possibilità di raccontare alcuni tratti mitici della storia degli USA e le potenzialità di distorcerli in qualcosa di demenziale e comicamente assurdo, ha consentito al duo di incanalare in modo efficace ed attuale il proprio modo di fare satira, la cui brillantezza può far perdonare anche qualche passaggio già visto o in cui si è impostato il pilota automatico. D’altra parte questa scelta ha permesso anche di dare via libera alla possibilità di concentrarsi sui personaggi, uno dei motivi di successo della visione di Daniels, tutti belli, divertenti e approfonditi e tutti beneficiari delle ottime interpretazioni di un ottimo cast, dai più conosciuti Noah Emmerich e Lisa Kudrow ai giovani Ben Schwartz, Diana Silvers (forse la più brava), Tawny Newsome e Jimmy O. Yang. E con qualche cameo d’eccezione, come l’ultima prova del compianto Fred Willard.
Il palcoscenico va però naturalmente a Steve Carell e John Malkovich, gli interpreti delle due anime di Space Force, quella scientifica e quella militare, agli antipodi e apparentemente inconciliabili, sulla cui relazione, declinata come un leitmotiv nei vari altri rapporti e dimensioni, si gioca tutta la progressione narrativa della prima stagione. Il suo termometro, da bravo comune denominatore delle due coppie, dietro e davanti la camera, è individuabile ancora in Carell, perché volto del personaggio simbolo delle ramificazioni e dei punti di interesse della scrittura scelti per orientare il tono e la direzione del racconto generale.
Appoggiandosi su degli schemi comici e narrativi classici e su una molto lucida autoanalisi, la rinnovata collaborazione di una delle coppie più fortunate della comedy americana degli ultimi anni lancia la propria nuova creatura con una prima stagione che va dritta per la sua strada, sgombrando il campo da eventuali equivoci o voli pindarici, sfruttando ogni aspetto del terreno scelto per il suo percorso, sia in termini visivi che contenutistici, e creando un impianto sul quale si può puntare per costruire qualcosa di interessante.