Star Trek: Picard – stagione 3: recensione dei primi episodi della serie

Quello della terza stagione di Star Trek: Picard è un viaggio che ti invoglia a seguirlo.

Prima di poter parlare della terza stagione di Star Trek: Picard è doverosa una breve premessa. Tra le space opera degli ultimi anni una fra tutte è riuscita a conquistare il trono, ed è The Expanse. Non tutti saranno d’accordo, ma a nostro avviso la serie di Mark Fergus e Hawk Ostby ha saputo coniugare ogni aspetto del genere sci-fi, partendo proprio dalla premessa del franchise di Star Trek: “Spazio, ultima frontiera”. Perché parliamo di questo? Perché dalla sua conclusione ogni serie deve superare il paragone con la storia tratta dai romanzi di James S. A. Corey. Secondo il nostro parere neanche l’audace Foundation ha superato il confronto. Ciò che abbiamo riscontrato è una certa mancanza di sincera profondità narrativa e introspettiva. Nella citata Foundation il tutto risultava forzatamente intellettuale, ma alla fine poco ci ha lasciato.

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Ed è in questo discorso che si inserisce la nuova stagione di Star Trek: Picard, il cui indirizzo si discosta ampiamente dalle precedenti. Ogni annata è stata differente e nel quale abbiamo notato una forsennata ricerca d’identità. La domanda che gli ideatori si pongono continuamente è: cosa vogliamo raccontare con Picard? La risposta, forse, arriva proprio con la terza stagione, nel quale si ritorna in qualche modo alle origini, a quel The Next Generation che ha fatto la storia del franchise. Assistiamo a grandi ritorni, sia da un punto di vista di casting che di formato televisivo. Il paragone con The Expanse di certo non regge, ma non è neanche nelle intenzioni degli ideatori superarlo. Questo perché Picard ha trovato il proprio senso d’essere nella semplicità, senza voler per forza strafare.

Star Trek: Picard - Stagione 3: recensione; Cinematographe.it

La serie, infatti, riscopre una certa passione per i dialoghi, prediligendoli all’azione forsennata e fine a sé stessa. La prima stagione ci aveva ampiamente convinto, mentre la seconda aveva tentato una strada discutibile, fin troppo fuori dalle corde del prodotto. In un certo qual modo ha voluto replicare il formato dello Star Trek cinematografico di J. J. Abrams ma con scarso successo. Ritornando invece all’interno della propria comfort zone il racconto viene ridimensionato e valorizzato. Viaggiamo nei meandri della nostalgia, tra una seconda giovinezza e l’altra al grido dei “bei vecchi tempi” a bordo della Enterprise. Eppure, tutto sembra funzionare perfettamente con Star Trek: Picard e vediamo il perché.

Il ritorno della crew di The Next Generation

Star Trek: Picard - stagione 3: recensione; cinematographe.it

Una nuova minaccia si fa largo nell’universo, avvolta nel mistero e senza un nome. Ancora una volta Jean-Luc Picard deve rispondere alla chiamata che questa volta arriva proprio da vecchie conoscenze. L’ammiraglio in pensione aveva appeso il distintivo al chiodo e intenzionato a godersi la vita in compagnia di Laris. Ma si sa, non c’è mai pace per i membri della flotta stellare, in servizio o meno. Ed è per questo che il nostro Picard partirà ancora una volta nello spazio profondo, questa volta in compagnia del Riker di Jonathan Frakes. Un criptico e terrificante messaggio d’aiuto è stato inviato da Beverly Crusher, ex interesse amoroso del nostro protagonista.

Nel corso della terza stagione di Star Trek: Picard vedremo non solo il ritorno di Sette di Nove ma di molti personaggi dell’allora The Next Generation. L’impianto nostalgico e mitico che avvolge i protagonisti della vecchia serie funziona perfettamente in una commistione di riuscito fan service. Parliamo della formula marveliana, ma di un vero e proprio omaggio a un franchise che ha fatto la storia del cinema e della televisione. Episodio dopo episodio, Star Trek ha sedimentato l’immaginario collettivo della fantascienza. È lo stesso principio con cui è stato realizzato Star Wars: Il risveglio della forza, seppur in maniera minore, ovviamente. Un omaggio a ciò che è stato e a ciò che ancora può essere, tra vecchie guardie e giovani promesse.

Gates McFadden è Beverly Crusher nella serie Paramount+; Cinematographe.it

Patrick Stewart, alla veneranda età di ottantatré anni, sa ancora tenere la camera su di esse. Movenze e tono di voce dell’attore ci rassicurano come se fossi lì, nella plancia di un’astronave. A lui vanno i dialoghi sulla responsabilità, sul giusto agire e sugli errori che si possono commettere nel corso del tempo. Certo, Picard non ha la fresca energia di un personaggio più giovane, ma attinge dalla vitalità di chi gli sta intorno. Ed è questo a rendere funzionale il protagonista, il suo essere affiancato da varie personalità che ancora una volta plasmano il suo vissuto. Ma dal punto di vista tecnico? Scopriamolo insieme.

Star Trek: Picard e il nuovo indirizzo della terza stagione

Star Trek: Picard 3; Cinematographe.it

Dobbiamo dirlo, la CGI non è il punto forte della terza stagione di Star Trek: Picard. Certo è che non tutte le serie possono permettersi l’investimento produttivo de Gli anelli del potere, ma esiste comunque una via di mezzo. Trattandosi di un’opera di fantascienza, la serie richiede un uso massiccio della computer grafica, soprattutto nella rappresentazione delle battaglie spaziali. In alcuni momenti abbiamo trovato le navicelle quasi cartoonesche, ma per fortuna il tutto non sembra minare la riuscita dei passaggi fondamentali. Non solo, anche alcune sparatorie con conseguente “evaporazione” sembrano uscite fuori da un episodio di Buffy – L’ammazzavampiri, minando a più riprese la sospensione d’incredulità.

Siamo comunque una spanna sopra rispetto a tanti altri prodotti, di certo sopra il finale di Black Panther: Wakanda Forever che trasudava “Go go Power Rangers” da ogni poro. Complotti, missioni di salvataggio e diplomazia, gerarchie messe in discussione e rivelazioni shock, lo Star Trek delle origini sembra essere tornato. Come dicevamo, lo stampo è quello dell’indagine introspettiva statica e dialogica più che adrenalinica. L’abbiamo trovata una scelta intelligente vista l’età del protagonista, poco credibile nei panni di un Rambo spaziale. Ed è qui che subentra la parte emotiva di Picard, nel quale assistiamo ai grandi rammarichi di Jean-Luc che, volente o no, deve fare i conti con le proprie scelte e i limiti autoimpostosi in passato.

Ed Speelers nel cast della famosa serie di fantascienza; Cinematographe.it

Ora è una persona totalmente diversa, segno di una crescita ancora in divenire del personaggio. Anche i companion trovano qui spazio d’indagine, per quanto con essi si debba affrontare un altro discorso. Le vecchie glorie di The Next Generation rispondono alla domanda “cos’hanno fatto dopo la fine della serie?” è giunto il momento di scoprirlo. Quello di Star Trek: Picard è viaggio che ci sentiamo di intraprendere. Ogni episodio ci invoglia ad aspettare con trepidazione quello successivo, tra domande e suspense. Sentiamo di poter affermare che la stagione ha assolto il proprio compito, reagalandoci anche qualcosa di più.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.7