Stranger Things 4 – Parte 2: recensione e analisi del finale di stagione
Tra grandi addii, discorsi commoventi e accese battaglie, la quarta stagione di Stranger Things si conferma la migliore della serie
Quali sono le regole per creare la serie mainstream perfetta? Chiedetelo ai fratelli Duffer. La quarta stagione di Stranger Things ha toccato vette inaudite per un prodotto di genere, affermandosi come una delle migliori serie di quest’annata e non solo. La seconda parte è una giostra di emozioni, un’esplosione nucleare di azione, divertimento e lacrime. Non eravamo per niente preparati a ciò che avremmo visto, men che meno alle reazioni che ne sarebbero conseguite. Stiamo parlando di una serie che ha ribaltato completamente le carte in regola, riportando utenti sulla piattaforma e superando i numeri di Game of Thrones. Eppure non sono le statistiche o gli incassi a contare davvero, ma il cuore. I fratelli Duffer hanno investito la propria creatura di un’anima che l’ha resa viva; come Geppetto con Pinocchio.
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La quarta stagione di Stranger Things è l’apoteosi di tutto ciò che è stato creato fin dalla prima stagione. A contraddistinguere la storia è la coerenza degli eventi – salvo qualche retcon – e l’emozionante evoluzione dei personaggi. La nostalgia degli anni ’80 viene cucita al racconto, emancipandosi da mero abbellimento visivo. In quasi quattro ore di visione ridiamo, piangiamo e gridiamo insieme ai protagonisti. Esiste una certa confidenza ormai con i ragazzi e le ragazze di Hawkins, come se fossero i nostri stessi amici. I duffer ci trasportano in California dove sentiamo l’odore della pizza con l’ananas, in Russia dove la neve cade fredda sul nostro viso e infine ad Hawkings dove piangiamo insieme a Max, Lucas, Dustin e Eddie; noi siamo l’Hellfire Club.
Stranger Things, l’inizio della fine
La prima parte di Stranger Things 4 si era chiusa con la scoperta dell’identità di Vecna, ossia numero Uno, il primo ragazzo superdotato. Scoprivamo anche come fosse finito nel Sottosopra, o almeno alla sua versione primitiva. Henry/uno/Vecna è stato condotto lì da Eleven in seguito al loro scontro al laboratorio di Hawkins. Tuttavia, non sapevamo come l’uomo fosse diventato il mostro che è adesso o quale fosse l’origine di questo mondo altro. È proprio lui a darci questa riposta, conducendoci ad una serie di flashback sul suo viaggio nella nuova terra incontaminata dal passo dell’uomo. Nello sfondo vediamo i Demogorgoni, creature che abitavano questo piano dimensionale prima dell’arrivo di Uno, e un paesaggio sterile, quasi desertico. Qui il nostro villain scoverà qualcosa che cambierà per sempre la sua vita, e quella futura dei personaggi: una tempesta nera come la notte, un marasma vivo e caotico tra le rocce. Ecco scovato il modo di superare i limiti della mortalità, un modo di ergersi sopra ogni creatura.
Henry assorbe a sé tale potere, trasformandosi in ciò che avremmo conosciuto come Vecna. Vi chiederete perché partiamo proprio da questo punto per la nostra analisi, presto detto. Il flashback sulla nascita del Sottosopra pianta una bandiera nel tempo, delineando l’anno 1 della storia di Stranger Things. Scopriamo infatti che il Mind Flayer non era altri che Vecna, intendo a trovare un modo di ritornare sulla Terra. Negli anni il Dr. Brennet non ha fatto altro che cercare di ritrovare Henry attraverso i poteri di Eleven, che infine apre il primo passaggio per l’altra dimensione. Il Sottosopra non è altro che la proiezione corrotta di Vecna su quel mondo. I fratelli Duffer danno così forma all’origine e alla conclusione della serie in un modo che riteniamo davvero intelligente.
Gli ultimi due episodi della stagione vedono così i protagonisti unirsi nella lotta contro il nemico, chi in America e chi in Russia. Tre team, tre missioni differenti. Ad Hawkins si combatte la vera battaglia, mentre Eleven attraverso la proiezione mentale cerca di aiutare Max. In Russia Hopper, Joyce e Murray tentano invece di creare un diversivo che posso deviare l’attenzione di Vecna. È una guerra su più fronti, un’escalation di adrenalina e sussulti. Purtroppo, ogni scontro produce le sue vittime e il finale della quarta stagione di Stranger Things ci porta ad una valle di lacrime, ma ci arriveremo tra poco.
La quarta stagione è L’impero colpisce ancora di Stranger Things
Stranger Things è sempre stata una serie citazionistica, velatamente e non. La seconda parte della quarta stagione fa un passo ulteriore, omaggiando la saga fantascientifica per eccellenza, Star Wars. La storyline di Eleven si collega a stretto filo a quella di Luke Skywalker in L’impero colpisce ancora. Come il famoso Jedi, anche la ragazza si allena alla disperata ricerca dei propri poteri, mentre i propri amici combattono una guerra in lontananza. Ma se da una parte avevamo un maestro come Yoda, qui abbiamo il Dr. Brennet, non proprio il papà dell’anno. Riacquistati i propri poteri, Eleven si proietta ad Hawkins dove scopre il piano per affrontare Vecna. Chiede così a Papa di poterla mandare lì e combattere in prima linea.
La scena che ne consegue dimostra la maturità del personaggio, e soprattutto la portata del suo potere. Eleven vince laddove un giovane Luke aveva fallito, solleva la cisterna Nina con un semplice gesto della propria mano; Luke non era riuscito a sollevare il proprio Ala-X dello stagno. Brennet le dice che non è pronta, proprio come Yoda con il suo allievo, e la seda così da poterla tenere sotto controllo ancora una volta. Come sappiamo l’arrivo dell’esercito e di Will, Mike, Jonathan e Argyle condurrà di nuovo la ragazza alla libertà.
Se proseguiamo su questo parallelismo, Vecna può essere visto come il Darth Vader della serie. Egli non è il padre di Eleven, ma è grazie a lui che la ragazza ha ottenuto i suoi poteri. Un genitore di superpoteri che, come Vader nello scontro con Luke nella città delle nuvole, svela la propria natura, il proprio passato, spezzando confini prima molto ampi. E allora se L’impero colpisce ancora è considerato il miglior film della saga di Star Wars, possiamo affermare a mani basse che la quarta stagione sia la migliore di Stranger Things fino ad ora.
Grandi ritorni e momenti strappalacrime
Prima abbiamo parlato di una valle di lacrime, e a buon ragione. La seconda parte della quarta stagione dà forma al vissuto dei protagonisti e ne amplia lo spettro caratteriale, in primis quello di Will Byers. Il discorso che il ragazzo enuncia a Mike ci trafigge il corpo, sentiamo la lama fredda arrivare al nostro cuore; ci sono coloro che si sono commossi e quelli che mentono. La scrittura non ha bisogno di dare un nome alle cose, di spiattellarle per il semplice fatto di doverlo fare. Sappiamo tutti di che cosa sta parlando Will, non abbiamo bisogno di sentirglielo dire effettivamente, ed è forse questo che rende la scena ancora più potente. I fratelli Duffer non adottano nessun anacronismo pur di forzare Stranger Things ai tempi, perché stiamo pur sempre parlando degli anni ’80, un periodo ben distante dai traguardi raggiunti oggi.
L’unico a capire veramente il discorso di Will è il fratello Jonathan, il personaggio forse più inutile di tutta la stagione. Quella del Byers più grande è stata quasi un’involuzione rispetto agli anni precedenti e il suo scopo all’interno del gruppo è ancora un mistero. Per assurdo l’apporto di Argyle alla missione è stata maggiore rispetto a quello di Jonathan. Ma il momento di Will non è il solo a dilaniarci il cuore, perché qualcun altro ha rubato la scena fin dall’inizio della stagione, e sapete benissimo di chi stiamo parlando. Ebbene sì, Eddie Munson è il cuore pulsante di Stranger Things 4, è lui ad aver conquistato davvero i nostri cuori.
Il capo degli Hellfire Club incarna perfettamente la metafora dell’outsiders, il nerd, il diverso braccato come una bestia dell’ordinarietà. Eddie non si è mai conformato alla norma sociale, a ciò che tutti reputano giusto e normale. Joseph Quinn ha svolto un lavoro eccezionale sul proprio personaggio, lo ha reso umano, vero e tangibile. In Eddie non riscontriamo nessuna forzatura, nessun atteggiamento fuori dalle righe che non sia intrinseco al suo carattere. I sorrisi, le smorfie finanche il tono di voce rendono Eddie un protagonista di tutto rispetto. Lui che è sempre fuggito dai bulli, dalle dita puntate dell’etichetta e dal pregiudizio. Dice fin dall’inizio di essere un codardo e non un eroe. Eppure, ai nostri occhi, un eroe lo è sempre stato, perché non si è mai piegato, a differenza invece di Lucas. Il suo è il sacrificio ultimo, un modo per dimostrare ancora una volta come il coraggio arrivi dai posti più strani. Anche nella morte il ragazzo trova il modo di scherzare un’ultima volta, mentre passa il testimone ad un affranto Dustin.
Un nuovo mondo dove il sotto incontro il sopra
Stranger Things con la quarta stagione raggiunge il pantheon dei migliori prodotti d’intrattenimento della serialità contemporanea. Struttura narrativa, recitazione, musiche e patina visiva vengono qui plasmate in un racconto capace di energizzare il nostro corpo. I fratelli Duffer non hanno paura di assestare brutti colpi al proprio pubblico, come nella scena della presunta morte di Max. È un momento forte, in virtù del fatto che abbiamo difronte una ragazza adolescente. Anche la rabbia di Lucas difronte a Jason, il paladino della normalità e del bigottismo americano, ci colpisce quando afferma di essere un Helfire fino al midollo, un misfits, un disadattato. I personaggi della serie accettano ciò che sono, quello che sono diventati. Né affrontano pian piano le conseguenze come Will, si lasciano andare come Hopper e Joyce o ad evolversi come il sempre al top Steve Harrington.
Kate Bush ringrazia Netflix per la riscoperta passione per la sua Running up that hill, ma allo stesso modo lo facciamo noi per una stagione che dimostra ancora una volta la portata del mezzo televisivo. I blockbuster, i grandi prodotti del mainstream non sono tutti uguali, e Stranger Things lo ha dimostrato a pieni voti. Una lezione che in casa Disney+ non sembrano aver imparato, se dovessimo confrontare la serie con gli ultimi prodotti a stampo Marvel e Star Wars della piattaforma. La serie Netflix coniuga perfettamente l’intrattenimento per il grande pubblico con una narrazione matura e coinvolgente. Certo, troviamo qualche forzatura e da qualche parte gli ingranaggi stridono, ma la macchina dei fratelli Duffer viaggia comunque spedita.
Ma veniamo ora al gran finale. Tutto ciò che i protagonisti hanno fatto pur di impedire il grande piano di Vecna non è valso a nulla. I cancelli dell’inferno si sono aperti lo stesso, e ora il Sottosopra sta raggiungendo il nostro mondo. L’ultima immagine è da disaster movie, con il fumo nero che esce dalla terra corrompendo ogni cosa al suo passaggio. È l’inizio della fine, il primo mattone verso l’ultima stagione. La colonna sonora della serie viene qui resa epica, triste e ansiogena, uno Stranger Things all’ennesima potenza. Il momento è suggestivo, perché successivo al ricongiungimento di tutti i personaggi, finalmente uniti difronte all’inevitabile. Vecna non è morto, ma temporaneamente ferito. È proprio Will a dircelo, visto lo stretto legame che intesse con il mostro e il Sottosopra. Lo avverte, lo percepisce sulla pelle, un po’ come il senso di ragno di Peter Parker. La vera battaglia deve ancora arrivare, e speriamo di non dover attendere molto per poterla vedere. Nel frattempo possiamo dirci davvero appagati della quarta stagione, ma allo stesso tempo ne siamo impauriti. Questo perché l’asticella è stata innalzata di molto, e di conseguenza lo standard futuro dev’essere mantenuto se non superato.