Stranger Things: recensione della serie con Winona Ryder
“Welcome back to the eighties!!” perché, diciamocelo, è questa la sensazione che abbiamo guardando il pilot di Stranger Things, serie targata Netflix che vede tornare in un ruolo da protagonista l’ex ragazza prodigio di Hollywood Winona Ryder.
Stranger Things: un gioiello di estetica da vedere tutto d’un fiato
1980. Hawkins – Indiana. Il piccolo Mike scompare senza lasciare traccia in circostanze misteriose. La caparbia Joyce, madre del ragazzo, inizia una vera e propria battaglia per ritrovare il ragazzo, ad aiutarla il capo della polizia locale e gli amici del ragazzo. Le indagini alzeranno il velo su un misterioso centro di ricerche governative dove vengono svolti esperimenti top secret che sembrano essere alla base della scomparsa di Mike.
Stranger Things ci riporta forzatamente negli anni ’80, non solo nell’ambientazione temporale ma anche per le tematiche trattate dalla serie.
I fratelli Duffer sembrano aver preso a piene mani dalla filmografia del tempo, un vero salto nel passato tra emozioni e sensazioni che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Una storia coinvolgente che dal primo episodio riesce ad appassionare dosando humor e suspence con una sapienza che stupisce. Impossibile non notare le tante piccole citazioni: dalla corsa in bici di Stand by Me, passando per la squadra governativa vista in ET fino ad arrivare ai primi sobbalzi sentimentali visti in film come The Breakfast Club o Un Compleanno da Ricordare.
Non mancano scene al cardiopalma e tante piccole sotto-trame che però sono funzionali alla storia principale senza nessuna forzatura, anzi la visione della serie è godibile e ben costruita, nulla viene lasciato al caso e ogni momento, ogni scena porta in un modo o nell’altro all’annosa domanda: Che fine ha fatto Will?
Un film in otto episodi che dimostra, come se ce ne fosse ancora bisogno, la superiorità della Netflix in grado di creare gioielli del genere, veri e propri capolavori, senza mai perdersi in inutili giri di parole o trame eccessivamente allungate.
Lo stesso finale è perfetto, maturo ed equilibrato senza dimenticare di lasciare aperto un piccolo spiraglio ad un futuro rinnovo.
Un thriller che strizza l’occhio al mondo della fantascienza. Ma la vera forza di Stranger Things è il riuscire a raccontare la stessa storia con occhi diversi: partendo dall’infanzia, passando per l’adolescenza arrivando fino all’età adulta, tre generazioni consequenziali ma che di fatto hanno poco in comune ma, proprio per la loro diversità, rendono la serie completa e adatta a qualunque pubblico.
Inutile dire quanto Winona Ryder sia perfetta nel ruolo di Joyce madre apprensiva che si ritrova catapultata in un incubo senza fine, rivedere la Ryder in un ruolo da protagonista ci ricorda perché negli anni ’80 era una delle reginette di Hollywood; ma non solo Winona, il cast infatti vede anche David Hourbur nel ruolo del capo della polizia Hopper un uomo spaccato dalla perdita della figlia che Hourbur riesce a rendere alla perfezione. Ma la vera rivelazione è il cast di giovanissimi attori, veri protagonisti della serie che con la loro freschezza ed innata bravura sono la colonna portante dello show.
Stranger Thing è forse uno degli show più interessanti di questa stagione estiva, ben lontano dall’essere il classico “effetto nostalgia” può essere definito come un piccolo gioiello da vedere e rivedere, una serie in grado di colpire lo spettatore al cuore senza possibilità di lasciarlo andare.