Subteran: recensione della miniserie Netflix
La recensione della prima serie original rumena creata da Steve Bailie e interpretata da una convincente Ana Ularu. Dall’8 gennaio 2025 su Netflix.
Negli ultimi anni, Netflix ha acquisito i diritti per poi rilasciare sulla propria piattaforma molti progetti cinematografici e televisivi di produzione rumena che sono diventati tra i più visti e apprezzati dagli abbonati locali e non solo. Un effetto evidente della vivacità di un’industria audiovisiva che ha potuto contare sul contributo creativo e tecnico di stimati e pluridecorati esponenti appartenenti a una new wave divenuta tra le protagoniste indiscusse della scena internazionale. Ciononostante mancava ancora all’appello un original, ma ci ha pensato lo showrunner Steve Bailie, autore tra gli altri di Riviera e Transatlantic, colmare tale assenza scrivendo con Peter Kerek e Octav Gheorghe, che l’ha anche co-diretta insieme a Daniel Sandu e Anca Miruna Lăzărescu, la prima produzione seriale griffata grande N battente bandiera rumena. Si tratta di Subteran, miniserie in sei episodi (della durata variabile che va dai 42 ai 52 minuti) disponibile sulla piattaforma a stelle e strisce dall’8 gennaio 2025.
Subteran è la prima serie original Netflix di produzione rumena
Nei capitoli che la vanno a comporre prende forma un romanzo criminale che ruota intorno alle vicissitudini di Maria, un’esperta d’informatica che cerca di ricostruirsi la vita dopo la tragica morte del fidanzato poliziotto, ucciso da una gang di Bucarest. Costretta a vivere nell’ombra per proteggere suo figlio, la donna assume un’identità segreta e si nasconde nei bassifondi della città, dove deve costantemente guardarsi le spalle. Quella narrata in Subteran è dunque l’ennesima storia che esplora la resilienza di una madre e la sua lotta per proteggere se stessa e il figlio da un mondo violento e spietato. Il ché apre le porte e allarga gli orizzonti del plot a temi come la perdita, la sopravvivenza e l’amore materno, offrendo al contempo anche una visione realistica della quotidianità nei sobborghi della capitale rumena e della piaga della corruzione a più livelli imperante nel Paese. Argomentazione, quest’ultima, dal peso specifico rilevante e centrale nella cinematografia e nella serialità della nazione in questione. Da questo punto di vista, Bailie e il suo team ha costruito un’architettura narrativa e drammaturgica che si basa su dinamiche e intrecci già collaudati, che spingono il racconto di turno su strade già battute e di conseguenza di facile lettura e familiari per il fruitore. Strade che in alcuni snodi della timeline si fanno tortuose e dissestate poiché minate nella credibilità da vie di fuga che sembrano delle scappatoie per uscire più velocemente possibili da situazioni complesse.
Gli autori fronteggiano le mancanze della scrittura con delle manovre diversive affidate alla convincente performance dell’attrice protagonista Ana Ularu e alle scene d’azione
Il risultato è una certa prevedibilità e ingenuità che gli autori fronteggiano con delle manovre diversive che affidano però a terzi e che di fatto tolgono qualche grana alla scrittura. Da una parte c’è la presenza di un forte personaggio femminile a togliere più di una castagna dal fuoco, qui interpretato da un’Ana Ularu davvero convincente. L’attrice, recentemente tornata alla ribalta grazie al ruolo di Freja nella serie Attacco al Potere – Paris Has Fallen dopo il successo e il premio ottenuto nel 2010 al Festival di Locarno con Periferic, si cala nei panni di Maria restituendo con la propria performance sia la fragilità emotiva che la forza di una madre pronta a tutto per suo figlio. La mente non può non tornare alla Fatma dell’omonima miniserie turca con una strepitosa Burcu Biricik come protagonista. La collega rumena dal canto suo riesce a tenere sempre in quota il personaggio anche quando il testo non è d’aiuto, alzando e abbassando continuamente la temperatura emotiva della scena di turno. Lo stesso che fanno anche i registi chiamati in causa, chiamati ad alzare il ritmo e a dare delle scosse agli episodi quando questi per qualche motivo si siedono e perdono giri per futili digressioni, mancanza di lucidità o incapacità di arrivare efficacemente al punto. Problematiche, queste, che si rivelano essere croniche nell’arco dei sei capitoli e della linea orizzontale. Ecco che si rende necessario l’innalzamento della tensione e dei dissuasori, che i responsabili della parte tecnica iniettano sotto forma di adrenalina con scene d’azione ben confezionate come l’irruzione nel comando di polizia per il recupero del laptop e la fuga dall’ospedale.
Subteran: valutazione e conclusione
L’esperienza dello showrunner Steve Bailie al servizio di Subteran, una miniserie crime che porta sulla piattaforma a stelle e strisce la storia di una giovane madre costretta ad assumere un’identità segreta per proteggere suo figlio e sfuggire a una pericolosa gang di Bucarest. Lo show, primo original rumeno targato Netflix, si affida all’efficace interpretazione di un’intensa e combattiva Ana Ularu e a una manciata di scene d’azione ben ritmate e confezionate per alzare la tensione emotiva e il coinvolgimento dello spettatore, ma soprattutto per fare fronte alla prevedibilità nella trama e alla perdita cronica di credibilità rispetto a certi snodi.