Suburra 3: la recensione della serie Netflix
Il viaggio di Aureliano e Spadino giunge al termine in un grande finale.
Ogni cosa ha una fine ed è giunto il momento di chiudere il sipario anche per Suburra – La serie che ha preso le mosse dal film del 2015 di Stefano Sollima che porta al cinema Suburra, ispirato a sua volta dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. Lo show, ideato da Daniele Cesarano e Barbara Petronio, arriva il 30 ottobre 2020, su Netflix con gli ultimi sei episodi che nonostante alcuni interpreti siano gli stessi del film – Alessandro Borghi/Aureliano, Giacomo Ferrara/Spadino, Adamo Dionisi/Manfredi Anacleti -, si distaccano dal testo filmico allontanandosene intraprendendo un proprio percorso.
Al centro c’è ancora la zona grigia in cui Chiesa, Politica e criminalità organizzata dialogano, si stringono mani, accordi, alleanze. Se la prima stagione si concentra sul Vaticano, sull’acquisizione dei terreni di Ostia per la costruzione di un porto, la seconda sull’elezione del nuovo sindaco di Roma, Suburra 3 porta al centro la corsa al trono e la domanda diventa solo una: chi sarà il “re” della Città? Tra presente – che è il nostro passato -, flashback che ricostruiscono le origini di alcuni personaggi si arriva non senza qualche lacrima alla fine di un percorso che segna un importante momento nel panorama seriale.
Suburra 3: una storia tra guerra e amore
Aureliano e Spadino, Spadino e Aureliano; questo sembra essere il nucleo. Sono loro l’uno accanto all’altro a rapire il nostro occhio: l’uno forte, possente, l’altro fragile e pieno di paure. Sono soli da quando Lele si è ucciso perché la pressione era ingestibile, perché il male lo stava mangiando da di dentro e non ce la faceva più. Sono da soli perché non possono fidarsi di nessuno neanche del proprio fratello, Manfredi Anacleti si è svegliato dal coma e non ha nessuna intenzione di farsi da parte. Aureliano e Spadino hanno un progetto ambizioso, forse folle ma insieme ce la possono fare: uccidere Samurai, vendicarsi, diventare i padroni della Capitale. Amedeo Cinaglia, il politico corrotto, il personaggio più oscuro e crudele della serie probabilmente perché si veste da uomo perbene, con la faccia da buono e onesto, è pronto a tutto. Ogni cosa si intreccia, c’è la corsa al trono e c’è anche un’occasione irripetibile: il Giubileo, con tutti gli interessi economici che ne conseguono.
Lo si capisce subito, questa stagione finale corre ad un altro ritmo, veloce, sicuro, adrenalinico ma capace anche di guardarsi dentro, di parlare con le e alle viscere. C’è la lotta per accaparrarsi gli affari del Giubileo, che tradotto vuole dire danaro e potere, ma anche una bromance, sempre più affascinante e interessante – che strizza l’occhio per certi versi a quella di un’altra coppia seriale, quella di Ciro e di Genny di Gomorra -, c’è il sangue che cola, ma anche l’amicizia solidale tra due donne, Nadia (Federica Sabatini), la compagnia di Aureliano, e Angelica (Carlotta Antonelli), la moglie di Spadino, che puntano all’autodeterminazione e alla libertà di essere e di esistere.
Suburra 3: Aureliano e Spadino, una relazione su cui si fonda una narrazione
Suburra, è inevitabile, riesce soprattutto perché ci sono Aureliano e Spadino, piace perché ci sono loro che in questa terza stagione sono più uniti che mai, camminano nel mondo in fiamme come due guerrieri, si sorreggono, si proteggono, si danno forza e si dicono costantemente con i gesti e pare che con le parole si diano forza con un “non preoccuparti, ci sono io”. Aureliano c’è per Spadino quando Manfredi – uscito dal coma nel finale della seconda stagione – si manifesta in tutto il suo orrore rendendo il giovane Anacleti un figlio unico perché loro due sono distanti, divisi da un abisso incolmabile; Spadino c’è quando Aureliano ha bisogno d’affetto e tenerezza. Festeggiano ogni piccola o grande vittoria, si uniscono in un forte e intenso abbraccio, godono del loro sadismo verso il nemico – come non pensare al sadico “gioco” che Aureliano e Spadino mettono in scena in casa di Amedeo Cinaglia per spaventarlo e fargli fare ciò che vogliono, cioè il Giubileo a Roma – perché la loro è un’unione indissolubile più di qualsiasi fratellanza, più di un amore. Aureliano e Spadino si sono trovati, scelti e farebbero di tutto l’uno per l’altro – cosa che il secondo non riesce a fare per la moglie -; ciò che sembra solo affinità si è fatta ordine che prevale su ogni altra ragione. Un rapporto come questo non può non far soffrire chi sta loro intorno. Angelica, ora incinta, soffre perché sa perfettamente che il loro matrimonio è solo figlio di una legge culturale. Quando vede Aureliano e Nadia insieme nota la differenza: loro si amano, si desiderano, mentre lei e Spadino sono fratello e sorella, legati profondamente da un affetto sincero ma non sono compagni di vita.
Suburra 3: Aureliano e Spadino, il loro percorso li aiuta a crescere
L’arco del personaggio dei due criminali risulta riuscito e coerente: di stagione in stagione emerge il lato più umano di Aureliano che, anche per il fisico scultoreo e potente, era messo tra parentesi sotto i tatuaggi, le cicatrici, i muscoli pronti per attaccare, uccidere, sbranare per non essere attaccato, ucciso, sbranato. Se, sul campo di battaglia, è crudele, violento con il nemico, con la fidanzata, con il fratello, con Spadino è tenero, delicato, protettivo. Spadino sembra un uomo diverso dagli altri – gli autori sono capaci di scrivere un personaggio che rompe schemi e stereotipi -, non riesce ad uccidere, non può e non sa proteggere nessuno perché è lui che deve essere protetto. Lui è fragile, non è in grado di essere marito e padre perché ha bisogno di una figura paterna: è felice del futuro Cesare, questo dovrebbe essere il nome della creatura che aspetta dalla moglie, ma quando scopre che in grembo c’è una bambina tutto cambia – un po’ per la cultura in cui è cresciuto, un po’ perché si chiede cosa potrebbe fare con una bimba. Il giovane della famiglia Anacleti però vuole vincere, avere la meglio sul fratello e questo viaggio insieme ad Aureliano è fondamentale per crescere, e, facendo un atto caro alle femministe, distrugge la casa paterna per diventare uomo, maturare. Anche Aureliano cresce, fa i conti con il passato, con ciò che ha subito, con il proprio dolore e, solo iniziando a provare qualcosa per gli altri, può farsi uomo, solo attraverso il sacrificio lui compie il proprio percorso.
Suburra 3 si costruisce come un racconto di formazione per cui i personaggi devono sopravvivere per diventare adulti alla guisa di una tragedia elisabettiana moderna dove scorre sangue, si coltivano invidie (Riccardo III), si sogna di uccidere il fratello per accrescere il potere (Amleto), ci si sacrifica perché anche questo vuol dire essere grandi.
Suburra 3: la solidarietà tutta al femminile
Avrei voluto conoscerti prima
Suburra 3 ha fatto un salto in avanti, rappresentando in un qualche modo, un cambiamento socioculturale in cui le donne non sono più un passo indietro all’uomo ma gli sono accanto e per certi versi lo doppiano. Le donne guadagnano uno spazio importante, dimostrando maggior raziocinio, capacità di agire riflettendo, Nadia e Angelica rappresentano perfettamente questo. Sono presenti, come rocce sostengono i compagni e partecipano al progetto attivamente. Se all’inizio sembrano tra loro distanti, talmente diverse da parlare lingue differenti invece poi si capiscono unendosi in un’amicizia, una solidarietà utile a superare crisi, drammi, dolori. Se gli uomini sono fallimentari, slabbrati, in ginocchio, pieni di ferite, Angelica e Nadia sono integre, autonome, rompono uno schema che non le contempla mostrandosi dee pagane maturate e cresciute. Non vivono una vita lontana dal mondo, anche loro vogliono danaro e potere, si dimostrano però più lungimiranti, sanno aspettare e sono costrette a riempire i vuoti che i loro uomini creano.
Distruggono la drammaturgia classica per cui le donne sono principesse da salvare ma salvano – in un momento fondamentale della storia Angelica capisce che qualcosa non va, è lei che aziona la macchina e Nadia agisce -, non distruggono ciò che toccano – Aureliano dice disperato che tutto ciò che sfiora muore -, non mettono la città a ferro e fuoco bensì hanno uno sguardo d’insieme, una razionalità che permette loro di essere un passo avanti. Qualcosa nella loro storia è cambiato, è arrivato il loro tempo. Se Nadia all’inizio era un fiore da proteggere da Aureliano, ora non ne ha più bisogno perché il suo difficult man ha necessità del suo sostegno – quando lei e Angelica sono vittime di una sparatoria, l’Adami è distrutto, disperato, perso. Se Angelica, all’inizio sembrava vittima di qualcosa di più grande, ora è matriarca di un Impero di cui non vuole essere estranea, è futura madre di una bambina che vuole cresce nel segno di una nuova parità.
Suburra 3: la Politica e la Chiesa, due poli di un Male espanso
Attorno a loro ci sono poi gli altri personaggi, maschere di un mondo fatto di panni da vestire; gli uomini della politica e della Chiesa sono tanto violenti, crudeli, machiavellici quanto gli Adami e gli Anacleti. Sono tutti alla ricerca del potere, desiderosi di danaro, nascosti dietro ai loro ruoli onesti e puri all’apparenza ma che celano una carne avvizzita, sanguinolenta, putrefatta. Cinaglia, in questa terza stagione, completa la sua trasformazione (malformazione) e da un uomo che prima cammina in punta di piedi diventa leader di un lato oscuro, il Male in corpore. Da padre e marito che fa tutto per dare una vita migliore adesso si mostra scheletro di chi è disceso agli Inferi. Lui è un personaggio shakespeariano, di nuovo, che è stato conturbato e irretito da quel mondo oscuro e seducente fatto di soldi facili, potere, amanti e case lussuose. Amedeo è in bilico ma ormai lo spettatore capisce che è sceso a patti – non a caso qui è molto vicino prima a Sumurai poi è alleato di Manfredi – e le ombre sono calate sottraendo alle strade di Roma la luce. Le scarpe bucate – da sempre metafora del suo percorso umano -, i “viaggi” in autobus sono ormai simboli di un politico integerrimo che ora è solo un ricordo, lasciando il posto alla violenza, all’invidia, alla sete e alla fame. Si svincola dalla propria coscienza passata (il professore che si è accorto che lui è come quella pianta irrimediabilmente malata che ha nel suo studio) e presente (la moglie Alice forse a tratti stucchevole nel suo ruolo da moglie e madre dalla fede incrollabile e anche ingenua), diventa mostro dell’intero ciclo perché le sue azioni non ce le aspettiamo da un uomo che sembra uno qualunque. Cinaglia è il personaggio che tesse le trame, tradisce, anche perché il cattivo, il capomafia, il prelato corrotto, crede di controllarlo senza rendersi conto di essere lui stesso pedina nelle sue mani.
Intanto la Chiesa nelle sue segrete stanze nasconde figli dimentichi del voto di castità, dialogano con i criminali scendendo a patti con loro costruendo un Giubileo che strizza l’occhio alla storia più recente – dalle dimissioni del sindaco Ignazio Marino, agli scandali sessuali in Vaticano fino alla commistione tra malavita e amministrazioni nelle sale del Campidoglio e al Giubileo a Roma -, uccide e viene uccisa in nome di amicizie e inimicizie che hanno un minimo comune multiplo: potestas e dominium. Al centro, intorno, alle spalle dei personaggi c’è una Roma bella e struggente, dolente come non mai, una madre che piange per i suoi figli corrotti e corruttori, che si distrugge per le torbide acque in cui annega, che salta come quei sanpietrini che fanno da sfondo nella sigla della serie.
Suburra 3: un buon finale di stagione
Suburra – La serie non è un prequel, è un spazio altro, espanso, pieno di altri universi che riesce a colpire il pubblico: i suoi personaggi, le loro storie seguono il proprio corso. Questa terza stagione – che si prende dei rischi decidendo di svincolarsi dal film -, nonostante qualche fragilità – la velocità a volte nel “liquidare” alcuni personaggi (Samurai e Sara), le storyline riguardo i maneggi della criminalità spesso fin troppo insistiti – è un buon finale, capace di costruire micro e macrocosmi, di far innamorare il pubblico di uomini e donne sotto le cui vesti sgargianti, rock, da belli e dannati, ci sono vite, esperienze, percorsi. Suburra 3 è una storia d’amore, d’amicizia, un racconto di formazione, una tragedia shakespeariana che parla anche del contemporaneo.
Quello di Suburra è il viaggio di due uomini tragici, destinati a cadere, privati di ciò che amano, legati di un amore/amicizia profonda, di due donne che si sono autodeterminate, pronte a perdere tutto e a rinascere, di un mondo malato, ricoperto di concrezioni di pelle e sangue che chi ha potere tenta di nascondere sotto kili di cerone e maschere.