Suburra – La serie: recensione della prima stagione Netflix
La recensione della prima serie tv Netflix interamente made in Italy, tratta dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo.
Era il 2005 quando Romanzo Criminale, film tratto dal romanzo omonimo del magistrato Giancarlo De Cataldo, veniva proiettato nelle sale italiane; una scommessa che cambiò il modo di vedere in prodotti di intrattenimento i criminali apparsi nella storia d’Italia e a cui, dopo l’enorme successo, seguirono una serie tv omonima e un nutrito assortimento di prodotti audiovisivi tratti da romanzi che a loro volta traevano spunto da fatti di cronaca nera. Suburra – La serie, in un certo senso, è il completamento di questo cerchio dedicato alla malavita romana.
Se dopo il primo romanzo, dedicato alla banda della Magliana, ne faceva seguito Nelle mani giuste (che narrava le vicende successive al disfacimento della banda e all’arresto del Freddo, parentesi assente sia nella serie che nel film), in cui uno spietato Scialoja insieme a Patrizia (ex donna del Dandi) viveva la nascita della “nuova Roma” del boom economico anni ’90 e la creazione di nuovi gruppi criminali, Suburra è il seguito diretto di quegli avvenimenti. Il film di Stefano Sollima narrava in sette giorni l’Apocalisse dopo le dimissioni di Benedetto XVI, con la serie diretta da Michele Placido (ed ecco il primo tassello del puzzle che va ad incastrarsi), Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi la vicenda fa un balzo indietro e vengono raccontati con meticolosità gli eventi precedenti al film omonimo, ma procediamo con ordine.
I due Samurai di Suburra – La serie
Il samurai, personaggio portato sul grande schermo da Claudio Amendola e in Suburra – La serie da uno straordinario Francesco Acquaroli, è uno dei tasselli fondamentali per collegare Suburra a Romanzo Criminale. Il malavitoso, nel libro, ottiene il nome di “Samurai” proprio dal Dandi, passaggio assente sia nel film che nella serie (per ora) ma, sostanzialmente, non solo è l’evoluzione più diretta dei tre protagonisti che hanno formato la Banda della Magliana, ma ne è anche l’erede sia negli scopi che nello spirito: Samurai è l’ultimo malavitoso che in un certo senso ha ancora un cuore per Roma.
Uno degli elementi da sottolineare e da lodare per quanto riguarda il lavoro svolto da Acquaroli, è proprio la meticolosa costruzione di un personaggio già apparso nella linea temporale delle vicende narrate nella serie: puntata dopo puntata il distacco tra Amendola e Acquaroli è talmente sottile da non vedersi neanche, presentando un personaggio che nei movimenti, nel timbro di voce, nelle intenzioni, risulta uguale e identico in entrambe le versioni, sistemando in questo modo uno dei problemi più grossi che si potevano trovare all’interno serie: il cambio di attore per lo stesso ruolo.
I ragazzi di vita di Suburra – La serie
Pier Paolo Pasolini li avrebbe descritti così, i tre protagonisti di Suburra: tre ragazzi facenti parte di famiglie mafiose, di zingari, figli di poliziotti, ma che nell’anima sono ragazzi di vita, che cercano il loro posto nel mondo. Alessandro Borghi torna a vestire i panni di Aureliano Adami, nella sua ascesa e trasformazione psicologica per diventare Numero 8, una delle teste calde più temute di Ostia e una delle spine nel fianco più pericolose per Samurai.
Il ritorno nei panni di Adami, per Borghi, poteva essere impresa non semplice in quanto gli eventi narrati antecedenti agli eventi descritti nel film mostrano un personaggio ancora acerbo, che deve ancora fare i conti con la propria famiglia prima che con la criminalità romana, una scommessa vinta sia da Borghi sia da Giacomo Ferrara, che ritroviamo nei panni di Spadino Anacleti, che però, a differenza di Borghi, non mostra una particolare involuzione del personaggio, riportando in scena elementi già visti e apprezzati nel lungometraggio.
La new entry Eduardo Valdarnini funziona all’interno dell’universo di Suburra – La serie ma solo in parte: se nelle scene con i due comprimari Borghi e Ferrara bilancia il trio introducendo un personaggio più vicino all’animo del Dandi di Roja (pur non avendo alcun tipo di collegamento, s’intende), nelle scene con gli altri attori o faccia a faccia con un singolo personaggio perde di carisma e risulta una macchietta da soap opera in seconda serata. Sicuramente il personaggio di Gabriele Marchilli non è semplice e dalle mille sfaccettature ma, davanti a mostri di bravura come Borghi e Acquaroli, la differenza si vede e si sente, purtroppo.
Altra nota stonata tra i personaggi è quello di Sara Monaschi, interpretata da Claudia Gerini: in alcune sequenze funziona egregiamente, in particolare negli ambienti del vaticano in cui il personaggio della Monaschi dovrebbe muoversi con scioltezza ma, nei rapporti con altri attori e con membri della malavita romana, la recitazione cade in basso mostrando un dislivello enorme e palese non solo a livello vocale ma anche a livello di espressività.
A Filippo Nigro l’arduo compito di rappresentare con il suo Amedeo Cinaglia la classe politica magistralmente interpretata da Pierfrancesco Favino nel lungometraggio; Nigro sceglie totalmente un’altra strada per questa rappresentazione, portando in scena un personaggio sì calcolatore, ma più umano e reale di tanti altri. Seppure Amedeo Cinaglia in questi primi dieci episodi di Suburra – La serie non sia ancora ben delineato, sicuramente è uno dei personaggi più interessanti dal punto di vista evolutivo e da tenere d’occhio per le successive stagioni della serie.
Dalla Suburra romana a Ostia
Suburra – La serie è la prima produzione Netflix tutta italiana, una scommessa sicuramente vinta, non solo per il nutrito cast di attori che bilanciano bene gli avvenimenti nei 10 episodi della prima stagione, ma anche da un punto di vista registico e fotografico. Ogni episodio inizia con un breve evento cardine, dopo la sigla iniziale appare una scritta bianca su sfondo nero che recita “Il giorno prima”, e la puntata parte ripercorrendo gli eventi che hanno portato i protagonisti al livello mostrato nella scena di apertura.
Una regia fresca, accattivante, moderna, che non ha nulla da invidiare a quella presente nelle grandi produzioni internazionali, una regia che avvolge lo spettatore e lo catapulta al centro dell’azione, in un susseguirsi di eventi frenetici che non annoiano mai, merito anche di un montaggio eccelso. A livello fotografico, Suburra – La serie, presenta la stessa resa cromatica del lungometraggio, con differenze tra le varie “sezioni” di Roma: se le strade romane sono più cupe e cromaticamente orientate verso tonalità ambrate, le zone del Vaticano brillano letteralmente di luce divina, come opere d’arte su larga scala a contrasto con il lungomare di Ostia, dove i toni freddi/ciano la fanno da padrone.
Suburra è una serie vincente sotto molti aspetti, una prima stagione introduttiva che nel gergo fumettistico si potrebbe rappresentare con un “Anno Uno”, un’introduzione per qualcosa di più grande, una base gettata bene che sicuramente incuriosisce e in un certo senso stravolge e amplifica il modo di fare Tv in Italia.