Swagger: recensione della serie Apple TV+ sul basket giovanile
La serie dedicata al basket giovanile prodotta dal campione NBA Kevin Durant e ispirata alla sua storia da ragazzo.
Il mondo dello sport è da sempre grande fonte di ispirazione per il cinema, con le sue storie di coraggio, di rivalsa, di vittorie e di sconfitte. E ora, ancora una volta, ci regala un racconto dietro le quinte di uno dei più amati sport americani, il basket. Swagger ha debuttato su Apple Tv+ il 29 ottobre con i primi episodi (poi, un’uscita a settimana) e già promette di diventare un cult del genere. Merito di tanti fattori che lo rendono un prodotto valido: è storia di sport ma anche racconto di formazione e teen drama, è scritto molto bene – e diretta anche meglio – dal creatore, showrunner e regista Reggie Rock Bythewood. Ma soprattutto, può contare sulla testimonianza di Kevin Durant, che con la sua storia ha ispirato la serie. Un dettaglio che rende Swagger non solo una grande storia di sport, ma anche il racconto crudo delle sfide che deve affrontare una promessa dello sport americano, ma anche delle difficoltà di vita con cui deve misurarsi un ragazzo nero.
Il basket ai tempi dei social tra sfide, aspettative e delusioni
La storia ruota intorno al quattordicenne Jace Carson (Isaiah Hill), un fenomeno della pallacanestro giovanile che sogna di giocare in NBA. A dare forza al suo sogno c’è Ike (O’Shea Jackson Jr.), una vecchia gloria caduta in disgrazia, ora allenatore di basket giovanile che cerca sempre di tenerlo con i piedi per terra, per migliorarsi e non lasciarsi abbagliare dalle luci del successo. Come fa Jenna (Shinelle Azoroh), la madre di Jace, che è determinata a tracciare la strada verso il successo in NBA per suo figlio. E poi c’è Crystal (Quvenzhané Wallis), una giovane giocatrice di basket di spicco, alle prese con problemi che non riguardano solo il campo di gioco. Swagger ci racconta le vite di questi giovani talenti, tra giudizio dei social, paura di fallire e determinazione, ma anche le difficoltà del vivere negli USA da giovani ragazzi neri.
Swagger: tra amore per il basket e storie di vita
Basta guardare la prima delle dieci puntate per capire perché Swagger funziona. Prima di tutto c’è il basket, raccontato in modo diverso da come si fa di solito nelle serie tv. Reggie Rock Bythewood e Kevin Durant parlano direttamente ai ragazzi e alle ragazze più giovani, ma lo fanno non seguendo la comune parabola dell’eroe che seguono i prodotti cinematografici sportivi. Di Jace raccontano tutto: i sacrifici come le corse e i piegamenti all’alba, il rapporto difficile con i social che un giorno lo esaltano e il giorno dopo lo distruggono, la paura di non farcela, l’egoismo giovanile del mettersi in mostra, l’abbaglio dei soldi facili e della fama effimera. A guidarlo in questo mondo il suo coach, che puntata dopo puntata diventa la figura paterna che manca a Jace, nonostante anche lui debba combattere con i suoi demoni interiori.
I creatori dello show vogliono dire ai ragazzi che sì, i sogni si possono realizzare, anche i più grandi, ma questo avviene non senza ostacoli, sacrifici e delusioni. E questo, in una società in cui il successo sembra arrivare dall’oggi al domani, è un grande insegnamento da trasmettere ai ragazzini che saranno gli adulti del futuro. Come se tutto questo già non bastasse, Bythewood punta sul percorso umano di Jace, usato per raccontare con onestà la condizione sociale legata fortemente alla sua pelle e alla sua vita di periferia. Viene esaltato nel modo giusto, senza melodrammi ma con una durezza lodevole, come lo sport negli USA possa essere una strada di salvezza e rivalsa per la comunità nera, una via di fuga da un destino troppo spesso costellato di soprusi e ingiustizie. In Swagger ci sono tutti gli elementi più classici della black culture, utili a raccontarci un mondo ancora troppo spesso incompreso ed emarginato.
Riprese coinvolgenti e attori convincenti sono le chiavi del successo di Swagger
Se la scrittura è uno dei maggiori punti di forza di Swagger, l’aspetto tecnico di certo non è da meno. Prima di tutto per quanto riguarda gli attori, assolutamente azzeccati nei loro ruoli. Il giovane Isaiah Hill è una vera rivelazione, soprattutto se si pensa che è al suo primo ruolo recitato di sempre. E il suo essere davvero un giovane atleta di pallacanestro (ha giocato per la squadra senior della Columbia High School nella stagione 2020/2021) rende il tutto ancora più realistico e spettacolare. Perché Swagger è tutto girato bene, ma è nelle sequenze di basket giocato che riesce a dare davvero il meglio di sé. Le scene delle partite sono vibranti, emozionanti, ed è merito della macchina da presa posizionata nel cuore dell’azione. La camera segue i giocatori, gioca con loro, e in questo modo allo spettatore sembra di affrontare la partita in prima persona.
Molto curata la fotografia, che segue l’andamento della storia, e eccellente la colonna sonora, in perfetta linea con il vissuto emotivo dei personaggi. L’hip-hop è ovviamente protagonista assoluto, presentato con uno scontro interessante tra old school e new school che lascia spazio sia ai mostri sacri del genere, sia ai nuovi idoli dei più giovani. Tutti questi elementi fanno di Swagger una serie emozionante e coinvolgente, da guardare se amate lo sport ma anche se non lo amate. Perché parla di ragazzi, di società, di sacrifici e del potere dei sogni. E di credere nei sogni ne abbiamo bisogno tutti.