The Bad Guy: recensione della serie TV Prime Video
Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi sono marito e moglie separati da amore, morte e malavita. The Bad Guy è disponibile su Prime Video in due parti, l’8 e il 15 dicembre 2022.
The Bad Guy, ma il punto è: dobbiamo crederci? E se sì, fino a che punto? La serie, presentata in anteprima mondiale, fuori concorso, alla 40a edizione del Torino Film Festival, è diretta da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana. Creata e scritta da Ludovica Rampoldi, Davide Serino e Giuseppe G. Stasi. Nel cast Luigi Lo Cascio, Claudia Pandolfi, Vincenzo Pirrotta, Selene Caramazza, Giulia Maenza, Antonio Catania e Fabrizio Ferracane. Sei episodi disponibili su Prime Video, i primi tre dall’8 dicembre 2022, il resto una settimana dopo, il 15 dicembre. La vita di un uomo cui una serie malaugurata di incidenti toglie tutto (o quasi) e che decide di riprendersi il maltolto. Con gli interessi, anche. Sangue, umorismo e cronaca nera, in bilico tra impressione del già visto e recuperi di originalità. Colapesce Dimartino collaborano con il pezzo Cose da pazzi.
The Bad Guy: l’uomo che visse due volte, la prima con la rinite, la seconda senza
La rinite è uno stato infiammatorio della mucosa nasale, irritato e irritante, caratterizzato dalla sensazione di avere il naso chiuso e dalla spiacevole realtà di vederselo gocciolare in continuazione. Nino Scotellaro (Luigi Lo Cascio) soffre di rinite, una rinite fastidiosa (potrebbe essere altrimenti?) e onnipresente che è un po’ il suo tratto distintivo, anche se a un certo punto riesce a liberarsene. Il merito è di un piccolo intervento al naso, l’unico cambiamento della sua vita che in fondo accoglie con favore. Perché per il resto, come ci mostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, i primi tre episodi di The Bad Guy, lo scarto tra un prima ordinario e un dopo scoppiettante ma letteralmente fuori di testa, Nino lo avverte come un tantino problematico. Non così lo spettatore, che avrà modo di attingere a piene mani dal repertorio emotivo/drammatico di questa cronaca di ascesa, caduta e redenzione dal tono morale molto opaco.
Nino Scotellaro ha un lavoro, lo perde. Pubblico ministero, pubblico ministero antimafia, uno di quelli tosti, con una leggera inclinazione alla strafottenza e un gran fiuto. La sua ossessione si chiama Mariano Suro, il boss dei boss, latitante all’ennesima potenza. Ogni volta che Nino è a un passo dall’acciuffarlo Suro cambia idea all’ultimo momento e non si fa trovare. Delle tre l’una, nota argutamente Nino. O ha una fortuna pazzesca, o ha i superpoteri, o c’è una talpa. Fa appena in tempo a formulare la triplice ipotesi che scatta il trappolone. Il boss organizza le cose in modo che sembri che proprio Nino sia l’infame delatore, la talpa collusa, il nemico dello Stato. In un battito di ciglia perde tutto. Lavoro, onorabilità, libertà, moglie.
Nino Scotellaro ha una moglie. Claudia Pandolfi, avvocatessa, figlia di un’illustre vittima dell’antimafia, un ruolino professionale che rasenta il miracoloso, tutti assolti con lei, specialista dell’impossibile. Indovinate quando le legge dei grandi numeri si ricorda tutto a un tratto di fare il suo lavoro? Esatto. Nino ha pure una sorella, nelle forze dell’ordine, Selene Caramazza. Nino ha tante cose, le perde tutte. Un giorno, sono anni che sta in galera da innocente accusato ingiustamente, mentre è su un furgoncino della penitenziaria e sta passando il ponte sullo stretto, siamo in una realtà parallela in cui l’hanno costruito, ovviamente con il concorso della mafia, viene giù tutto tutto. Sembra non ci siano superstiti. In realtà lui si salva, ma non ha fretta di andare in giro a raccontarlo.
Lo stato di morte presunta è una condizione spirituale e giuridica dalle maglie abbastanza larghe, soprattutto è quello di cui Nino ha bisogno. Abbraccia senza remore l’anonimato, cambia pelle e diventa quello che il mondo l’aveva accusato di essere. Un buon cattivo ragazzo, per amor di vendetta, questo il succo avvelenato di The Bad Guy, per farla pagare al capomafia servendosi di armi che una concezione standard della giustizia non può accogliere. Lungo il cammino incrocia il passo con un boss decaduto, Vincenzo Pirrotta, che diventa il suo migliore alleato ma chissà fino a quando. E la figlia di Suro, Giulia Maenza. Attenzione, poi, al cattivissimo Fabrizio Ferracane. Pericoloso, come tutti quelli che parlano poco.
Un pugno di idee originali e interessanti, oltre all’ombra di Walter White che però non deve essere sopravvalutata
E se pure nell’aria si avverte un profumo di complessità morale vestita di nero, sulla falsariga di show di gran successo come Breaking Bad, urge una doverosa precisazione. The Bad Guy dimostra di conoscere l’opacità sottesa ai rapporti tra bene e male. Ciò che è complesso e sfuggente in principio di racconto, così resta dopo. Non bisogna però sopravvalutare il peso di un’influenza. Se c’è un modello, se si avverte l’ombra di un archetipo, è solo per un attimo, che la storia va per conto suo. Nino subisce il fascino seducente dell’angelo caduto stile Walter White, ma lo supera e lo rielabora, almeno nei primi tre episodi, proponendo un curioso minestrone di impulsi contrastanti. Il bravo ragazzo si intrufola tra le fila dei cattivi per risolvere con un bagno di sangue il suo chiodo fisso, il trionfo della giustizia.
The Bad Guy è l’intreccio di personalità forti. Due soprattutto. Una la indossa Luigi Lo Cascio, è pazza e arrogante, ma infusa di una delicatezza struggente. Chiaro come la coppia Stasi-Fontana alla regia, con il supporto di Rampoldi e Serino alla scrittura, si appoggi alla carriera e all’immagine di Luigi Lo Cascio per farne un contrappunto potente al percorso di Nino, la discesa agli inferi di Peppino Impastato. L’altra personalità appartiene a Claudia Pandolfi, più sarcastica e sfacciata, in controllo della situazione ma anche sopraffatta dalla malinconia. Marito e moglie separati dalla vita, ma uniti da un desiderio comune, caratteri non coincidenti e in un modo autentico, vero. Sempre restando sulla prima metà della serie, da notare la grinta e il calore di Selene Caramazza e la forza vulcanica e complicata di Vincenzo Pirrotta.
Ci sono due elementi nuovi e di una certa forza. Uno, la capacità della serie di ragionare su temi, echi e situazioni propri di un’attualità più o meno recente, sottoponendoli a un trattamento di genere rispettoso, certo, ma non scevro di irriverenza e un pizzico (ben più) di umorismo nero. The Bad Guy, con i suoi ponti che crollano e i magistrati antimafia che non è più uso far saltare in aria, vale anche come riflessione sui rapporti tra Storia e fiction, l’equilibrio difficile tra dovere di cronaca e giusta distanza. L’altra innovazione, colpisce anche perché passa quasi in sordina, velocissima, è la satira su un certo modo, televisivo, generalista e molto stereotipato, di raccontare mafia e antimafia.
Per il resto l’impianto narrativo è quello di una discesa agli inferi agile, asciutta, perché tarata sull’essenziale: un uomo perde tutto, si rialza e cerca la sua vendetta. The Bad Guy combina realismo, black comedy e violenza, un trattamento (pop) della materia del racconto mai esasperato, un senso della misura che si intravede già a partire dalla colonna sonora, spolveratina di paio di classici del pop nostrano (Mina, Battiato) senza occupare in modo eccessivo l’immaginazione dello spettatore. Se Bang Bang Baby, restando in territorio Prime Video, era un mix di genere e cultura pop, magari inedito in Italia ma praticato all’estero, che scusava la sua scarsa originalità con un livello di eccellenza tale da rendere qualsiasi altra considerazione superflua e Prisma ricreava una verginità italiana per un discorso ben avviato, The Bad Guy sintetizza molte di queste prospettive e rilancia. Come ogni storia in bilico tra novità e abitudine, il bilancio è eterogeneo. Comunque molto promettente.