The Crown – stagione 4: recensione della serie Netflix
Dal 15 novembre su Netflix, la quarta stagione di The Crown torna a raccontare la vita della Corona inglese, tra cronaca e drammi personali. Ecco la nostra recensione.
Non c’è alcun dubbio che The Crown sia una delle serie TV meglio riuscite di sempre e non solo nel panorama Netflix. Lo show che racconta, decade per decade, le vicende della Corona d’Inghilterra amalgamando gli intrecci personali con la cronaca, è un prodotto sempre avvincente, sempre soddisfacente, sempre qualitativamente incredibile. E non fa eccezione la nuova stagione – la quarta – che arriva sul servizio streaming il 15 novembre 2020 e che si dedica a raccontare gli anni Ottanta.
In The Crown, infatti, Elisabetta è ormai un donna matura, sicura di sé; la regina di Olivia Colman sa esattamente quello che vuole e come lo vuole, conscia finalmente del proprio potere. Questa volta, però, a tenerle testa c’è un Primo Ministro quasi leggendario, una donna altrettanto forte, caparbia e testarda. Margaret Thatcher (interpretata da Gillian Anderson) governa il Regno Unito dal numero 10 di Downing Street con la rigidità che le è valsa il soprannome di Iron Lady, la Lady di ferro.
Eppure, se da una parte c’è la politica (delineata dalle Falkland, dalla crisi economica e sociale e dall’IRA), dall’altra c’è lo scandalo. Perché è lo scandalo il motore dell’irresistibile fascino che l’aristocrazia esercita su noi comuni mortali. Siamo interessati allo sfarzo, ma ancora di più agli amori non corrisposti; amiamo l’eleganza, ma è il torbido ad attirare davvero la nostra attenzione. E il torbido abbonda nella stagione 4, grazie al conclamato triangolo amoroso tra Carlo (Josh O’Connor), Diana (Emma Corrin) e Camilla (Emerald Fennell): un amore faticoso e doloroso, ostacolato dalle regole della monarchia e reso ancora più complesso dall’attenzione del pubblico. Tutti si innamorano di Diana, tutti vedono nel suo matrimonio con Carlo una vera e propria favola, ma il Principe del Galles ha occhi solo per la divorziata Camilla Shand (allora ancora Parker Bowles).
Tutto procede di pari passo senza perdere colpi: il mondo va avanti e la Corona lo segue, sempre più invecchiata dalle tradizioni, ma con una certa aria di cambiamento che incombe su tutte le parti coinvolte.
The Crown: nella quarta stagione la cronaca è sempre più presente, tra terrorismo, politica internazionale e scandali reali
Se c’è una cosa che però distanzia la quarta stagione da ciò che l’ha preceduta, è una vera e propria presa di posizione: se prima le vicende legate alla Corona potevano essere soggette a libere interpretazioni perché appartenenti a un tempo remoto o di poco interesse pubblico, adesso la posta in gioco è altissima. La produzione deve prendere una posizione nel rapporto tra la Regina e la Thatcher, deve dire la sua sull’amor galeotto tra Carlo e Camilla e sulle conseguenze che questo ha sulla psiche di Diana, la principessa bellissima, adorata dal suo popolo, ma irrimediabilmente vittima delle circostanze. E la produzione, per forza di cose, dovrà prendere posizione sulla morte di quella principessa. L’incidente di Diana sarà presente nella stagione 5 o 6 (quando sarà interpretata da Elizabeth Debicki), ma già in questi prossimi episodi è facile capire quanto quel singolo evento rappresenterà una pietra miliare per la serie nel suo tutto.
Il bello, però, è che qualunque teoria The Crown deciderà di seguire, in qualunque modo decideranno di affrontare l’attualità sempre più vicina ai giorni nostri, sarà chiara una cosa: la serie sta facendo di tutto per farci capire quanto le sue non sia supposizioni, non sempre almeno. Quando ci viene mostrata una conversazione particolarmente spinosa, infatti, essa avviene in presenza di un autista, di un paggio, di una cameriera, di un assistente. I segreti che lo show mette sullo schermo sono romanzati, certo, ma quasi sempre basati sui racconti di coloro che, per motivi diversi, si sono trovati a testimoniarli.
The Crown: un cast incredibile anche nella quarta stagione
Attendiamo, quindi, di scoprire come si risolveranno tutte le prese di posizione di The Crown, consapevoli che – qualunque strada sceglieranno di seguire -, il lavoro portato avanti da Peter Morgan rimane un sogno per gli appassionati di serie TV grazie a una narrazione che non perde colpi e, anche e soprattutto, grazie a un cast che si riconferma clamoroso.
Forse non serve soffermarsi troppo sulla bravura di Olivia Colman (miglior attrice ai Golden Globe grazie alla sua Elisabetta), di Helena Bonham Carter e Tobias Menzies, interpreti di enorme spessore, carismatici e riuscitissimi. È invece necessaria una parentesi dedicata alla Thatcher di Gillian Anderson che delinea perfettamente la parlata e i modi dell’ex Primo Ministro, ma paga il pegno di avere una voce naturalmente più roca di quella dell’Iron Lady (nota per avere un timbro parecchio stridulo).
Il focus, però, si posiziona sulle “new entry” Josh O’Connor ed Emma Corrin (Carlo e Diana): nonostante O’Connor fosse stato già introdotto nella stagione 3, è da quest’anno che mostra per davvero le sue doti attoriali dando vita a un Principe alla deriva, acido e indeciso, contrapposto alla Diana della Corrin, dolce e carismatica. Entrambi azzeccano perfettamente le posture dei rispettivi riferimenti (ingobbito uno, con la testa sempre piegata l’altra) e si fanno carico dell’enorme responsabilità che accompagna il dover prestare volto a due vere e proprie icone.
Come icona, ormai, è The Crown stesso: un prodotto che non teme di osare, di soffermarsi sui dialoghi a discapito dell’azione, che non teme di distanziarsi da gran parte dei prodotti seriali che ci circondano. Dio salvi The Crown.