The English Game: recensione della serie Netflix sul calcio
La storia di un gioco nato per pochi e diventato, negli anni, lo sport di tutti.
Nel 1879 il calcio era ai suoi primordi. Uno sport da gentiluomini, così veniva visto, soprattutto da quella classe dirigente che non aveva obblighi o pensieri economici. Divertirsi senza, però, perdere, ambizione a cui solo la classe nobile poteva aspirare, in quel circolo ristretto che erano le squadre della nobiltà. Ma il calcio divenne, ben presto, gioco di tutti, due secchi e uno straccio arrotolato che potevano dare l’illusione anche all’ultimo degli operai di poter diventare un campione in terra. A volte c’era solo quello: una cittadina, pochi abitanti, un unico mestiere che mandava avanti la sopravvivenza dei suddetti e un solo momento di svago. Quello degli spalti gremiti, delle palpitazioni a ogni passaggio, del raggiungimento della meta che pare sempre così lontana e, invece, è più vicino di quanto si pensa. Una porta rettangolare in cui poter segnare, di fronte a cui non si è più aristocratici o proletari, ma si è, soltanto, giocatori.
Della trasformazione sociale e civile di uno sport che avrebbe rivoluzionato l’intrattenimento mondiale, unendola alle singolarità di personaggi di ogni ceto, posti davanti alle imprevedibilità di una palla, romanzano gli ideatori Julian Fellowes, Tony Charles e Oliver Cotton con la miniserie originale Netflix in sei puntate The English Game. Con a capo la mente di un successo televisivo come l’ormai finito Downton Abbey – rinato al momento, però, sotto forma cinematografica -, quelle atmosfere di una società in costume sospesa nel tempo, ma stavolta quanto mai correlata alle radici di uno sport che riguarda tutti, tornano a porre la garanzia di un prodotto che nella cura e coerenza dei propri luoghi, temporali e spaziali, trova la possibilità del dramma e della scommessa, portando a compimento le sorti della partita e vincendola con grande distacco.
The English Game – Non solo giocatori migliori, ma persone migliori
Nel concentrarsi sulle dinamiche relazionali e sportive dei giocatori realmente esistiti, traendo dalle loro peculiarità calcistiche e rendendole importanti connessioni con gli altri personaggi, The English Game non soltanto dona la prospettiva passata su di un gioco che doveva ancora delineare al meglio le proprie regole, che cominciava a concepire il tifo non più, solo, come passatempo, ma come parte integrante delle esistenze delle persone. Quello che la serie davvero permette è di concedere alla propria narrazione un respiro che possa riempire tutti gli angoli delle vite e delle storie dei protagonisti, in grado così di diventare non solamente giocatori migliori, ma anche persone che, da quello sport a cui hanno dedicato la vita, hanno preso gli insegnamenti per crescere e maturare.
Sotto al fango e all’erba che insozzano le divise delle squadre, il lavoro di Fellowes, Charles e Cotton esalta quello che di più puro era nascosto dietro a uno sport ancora ai suoi inizi, quell’integrità morale che ha compreso il passo fondamentale di un’apertura che, nella serie, viene veicolata tanto sui campi di calcio quanto nelle rivolte delle fabbriche, negli stipendi insensibilmente dimezzati, nella disparità tra imprenditori e salariati che riportano un pezzo di storia sociale. L’intrecciarsi di questione morale e sportiva che confluisce tutta nei palleggi tra le due macro fazioni, apprendendo, entrambe, lì dove c’è da apprendere e cercando, comunque, di giungere sempre alla conquista della coppa.
The English Game – Il principio del calcio come lo conosciamo oggi
Con una prima puntata di solidissima fattura, che farà da base all’intera struttura dei restanti episodi, in The English Game è un vero campo da combattimento quello su cui si scontrano borghesia e proletariato, uomini di cultura, ma attenti ai propri interessi e lavoratori instancabili eppur stufi di venir sfruttati. Sfondo per riscrivere i dettami di un gioco che si affacciava alla sua fase moderna, ma che gli autori rendono primariamente terreno di coscienza, dove è il dialogo l’unica forma accettabile di decenza, insegnando alla brutalità di rimanere – competitiva seppur controllata – nel perimetro designato.
Capitanata dai fuoriclasse dei team Kevin Guthrie e Edward Holcroft – sopra a cui, su tutti, va stagliandosi il personaggio di contorno, anche se di vitale rilevanza interpretato da un bravissimo Craig Parkinson -, The English Game ha il gusto della serie in costume, ma è pronta ad esplorare quella che sarebbe diventata l’attualità dei nostri tempi, per un gioco la cui vincita può essere ritrovata solo nell’assoluta correttezza.